Sono state trattate, e concluse, le arringhe delle difese dei due imputati.
«Nelle aziende di Giuseppe Grigoli non c'è stato alcun apporto esterno di denaro…». E' quanto ha sostenuto, in Tribunale, l'avvocato Paolo Tosoni, uno dei due difensori (l'altro è Antonello Denaro) dell'ex gestore dei supermercati Despar in Sicilia occidentale, imputato per associazione mafiosa assieme al boss latitante, suo compaesano, Matteo Messina Denaro. Tosoni è stato ingaggiato dalla moglie di Grigoli nel Luglio 2008. All'avvocato la signora Grigoli disse: "Guardi che le aziende sono tutte nostre, non è verlo quello che dicono" , e cioè che le imprese di Grigoli fossero in realtà di Messina Denaro.
A disposizione Matteo Messina Denaro, secondo l'accusa, Grigoli avrebbe messo la sua catena commerciale. E per questo, i pm della Dda Carlo Marzella e Sara Micucci hanno chiesto la condanna a 15 anni di carcere per Grigoli e ad 8 anni, in continuazione con una precedente sentenza, per Messina Denaro. Per l'avvocato Tosoni, però, le fortune economiche di Grigoli sono dovute della sua «grande capacità imprenditoriale» e la liquidità economica al fatto che «comprava la merce con un accordo che gli consentiva di pagare i fornitori a distanza di 40 giorni dalla consegna, mentre già 15 giorni dopo era già stata venduta nei suoi supermercati».
Il legale ha, poi, detto che «i consulenti della Dda non hanno esaminato i bilanci delle aziende di Grigoli, ma solo le carte contabili». Grigoli, inoltre, non ha mai concordato affari con Salvatore Messina Denaro, fratello di Matteo.
Poi, per Messina Denaro, è intervenuto l'avvocato Maurizio Rivilli, che ha parlato meno di un'ora. Rivilli ha chiesto l'assoluzione di Matteo Messina Denaro. Ha affermato che tra Grigoli e il boss non ci sarebbero stati rapporti così stretti e che la firma «Alessio» sui pizzini non è del suo cliente: "Non vi è assoluta certezza che Messina Denaro sia coinvolto in questi fatti, e non ci sono comunque gli estremi dell'associazione a delinquere di stampo mafioso". Sui pizzini Rivilli ha detto che "sono di Messina Denaro, ma la firma non appartiene a lui". Il pentito Di Gatì - secondo la difesa - non solo non conosceva lo pseudonimo Alessio di Messina Denaro ma ha detto che in una circostanza ha visto i pizzini ma non erano firmati. "Anche Linares - ha detto Rivilli - ha sostenuto che non è Alessio il soprannome di Messina Denaro, ma "U Sicco". Parlando poi dei postini di Messina Denaro, Rivilli ha utilizzato il neologismo "pizzinari". Su queste persone che veicolano i pizzini Rivilli ha evidenziato alcune contraddizioni - secondo lui - dell'impianto dell'accusa.
Prossima udienza il 15 gennaio. Per le conclusioni e la sentenza.