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28/11/2010 21:00:00

Mafia fascista e antifascista


I padroni delle terre trovarono nuovi alleati nell’esordiente schiera dei deputati fascisti e la Legge Micheli dell’estate 1922 di attuazione dei decreti Falcioni e Visocchi rimase lettera morta. Mussolini conquistò il potere il 28 ottobre del 1922 e la Sicilia divenne fascista: tutti i parlamentari siciliani tranne il deputato di Agrigento, Cigna, gli votarono la fiducia. L’11 gennaio 1923, furono revocate le concessioni dei latifondi alle cooperative contadine, decapitati i movimenti non fascisti con arresti ed invii al confino, incamerati beni e strutture.
Sembrò ricostituirsi il patto che era intercorso tra mafia e Giolitti (mano libera in Sicilia per i padroni delle terre in cambio del sostegno politico e parlamentare), ma a Mussolini non andavano proprio giù né Carlo Vizzini, né Ciccio Cuccia, né nessuno di quei rozzi, violenti ed invadenti mafiosi e mandò in Sicilia il Prefetto Cesare Mori per affermare l’autorità dello Stato, solo dello Stato, quello fascista. Di gabelloti mafiosi, di campieri e sovrastanti mafiosi oltre che di ladri, briganti e malavitosi d’ogni specie Mori ne arrestò a migliaia e a migliaia ne fece inviare al confino.
Mentre Mori eseguiva a puntino il progetto di liberare la Sicilia dalla mafia, proprio la mafia nella sua espressione più raffinata, non necessariamente violenta, ma sicuramente abile, furba e certo rapace riusciva ad occupare i gangli dell’amministrazione dello Stato sì da renderlo oltre che fascista, anche mafioso.
Mussolini fermò Mori che voleva colpire anche questa di mafia, tentò di assoggettarla lui con l’“assalto al latifondo” e allora la mafia tutta divenne antifascista, alleata degli alleati americani e poi amica degli amici democristiani.