D’Alì, nella sua qualità di Presidente della Commissione Ambiente e componente dell’Ufficio di Presidenza allargato dell’APEM, ha
sottolineato la necessità di una politica comune euro mediterranea di tutela delle acque del Mediterraneo. Una scelta, ha affermato d’Alì, che dovrebbe giungere anche dalla maturata “consapevolezza dei gravissimi pericoli connessi alle attività di estrazione offshore nel Mediterraneo” e “delle spaventose conseguenze ambientali che ricadrebbero nel Mediterraneo laddove dovesse accadere un incidente simile a quello avvenuto nel Golfo del Messico”.
Per d’Alì è necessario dunque che ci si doti di “un sistema di regole, limitazioni e divieti che nasca dalla condivisione e dalla collaborazione tra i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e diventi loro comune patrimonio quale parte integrante di quel Codice del Mediterraneo della cui elaborazione abbiamo già condiviso la necessità”.
“Del resto – ha ricordato d’Alì all’assemblea – la stessa Commissione europea, ha enunciato, quale irrinunciabile momento strategico per la realizzazione di più elevati livelli di tutela e sicurezza in rapporto alle attività offshore lo sviluppo di relazioni e iniziative congiunte con i Paesi terzi”.
D’Alì ha proposto di affrontare questi temi in occasione della prossima Assemblea dell'APEM: gestione dei giacimenti di idrocarburi, corretta disciplina dei traffici, degli scarichi dei grandi centri urbani e degli agglomerati industriali, dell'impatto di ogni altra attività antropica.
“Potrebbe anche essere l'occasione utile – ha concluso d’Alì – per fare il punto sulla dinamica delle ratifiche nazionali della Convenzione di Barcellona per la tutela del Mediterraneo la cui applicazione sappiamo essere subordinata alla ufficiale ratifica di un numero minimo di Stati sottoscrittori”.
D’Alì ha chiesto che ciascuno dei rappresentanti dei Parlamenti dell'APEM solleciti il proprio Governo a provvedere a sottoporre, agli organi nazionali titolari del potere di ratifica, i conseguenti disegni di legge.