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14/11/2010 20:12:21

Il professore che disse "no" al fascimo


In cattedra il prof. Giuseppe Antonio Borgese, siciliano di Polizzi Generosa, tentò di rimanere concentrato e di sollecitare l’attenzione degli altri studenti, ma ai rumori seguirono gli schiamazzi, gli scherni, le minacce e la conseguente fine della lezione.
L’increscioso episodio si ripeté altre volte perché quei giovani fascisti non accettavano che uno dei più quotati intellettuali italiani, un illustre critico letterario, saggista e romanziere non esprimesse lodi ed ammirazione per il Duce e consenso esplicito per il fascismo.
Borgese, infatti, colpito profondamente dal macello della prima guerra mondiale, si adoperò, anche concretamente, a costruire la pace con uno spirito completamente diverso da quello adottato a Versailles ed estraneo al mito della “vittoria mutilata” di matrice dannunziana.
Nel maggio del 1931 alle intimidazioni seguì un pesante pestaggio e Borgese, a 48 anni, avvertì sulla pelle l’infinita violenza fascista che pretendeva di stringere il pensiero come in una gabbia.
Accolse l’invito della California University a tenere un ciclo di conferenze e nel luglio dello stesso anno s’imbarcò per Los Angeles. Appena un mese dopo
“Il rifiuto di prestare giuramento al regime in quanto professore universitario concluse in modo definitivo i contrasti con il fascismo, e lo trovò ormai in esilio negli Stati Uniti d’America”. (G. A. Borgese. Peccato della ragione. A cura di Dario Consoli. Catania. Prova d’Autore. 2010)
Dimostrò, infine, sia all’inizio che al termine del secondo conflitto mondiale, la sua viva ed immutata aspirazione per la pace, lavorando per la istituzione di un “governo democratico globale”, che gli procurò, nel 1951, la proposta per il Nobel per la pace.