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03/11/2010 00:30:44

Inutilizzati più della metà dei beni confiscati alla mafia

La criminalità organizzata, segnala la relazione della Corte dei conti, investe soprattutto in attività economiche che vanno da quelle edilizie a quelle immobiliari, dalle commerciali alla grande distribuzione. Il più aggredito, spiegano i giudici contabili, è il settore edilizio «perché permette di investire e riciclare somme ingenti con una certa facilità»: in pratica si abbatte il costo del personale, ricorrendo a caporalato e lavoro nero. In particolare la criminalità agisce alterando le normali dinamiche competitive «indirizzando in maniera forzosa le scelte dei committenti».
Le tecniche di occultamento dei beni sono sempre più raffinate: vengono create reti fittissime di prestanone, si investono proventi illeciti in noti franchising, rendendo le somme di denaro "sporco" difficilmente rintracciabili. Sul fronte i proventi derivanti dalla gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, che per legge sono versati per il 10% in entrata al bilancio dello Stato (nel capitolo 2440), la Corte rileva che l'ammontare complessivo delle somme utilizzate per il finanziamento agli enti locali nei cui confronti è stato disposto lo scioglimento anticipato dei Consigli comunali e provinciali, a causa di infiltrazioni di tipo mafioso per l'anno 2008 è pari a 1.278.372,80 euro, mentre per l'anno 2009 scende a 773.262 euro. In calo anche il capitolo di entrata 3319 (proventi derivanti dai beni confiscati al netto del 10% da destinare alla copertura degli oneri) è sceso dai 5.258.950,22 euro del 2008 ai 4.582.859,82 euro del 2009.

L'indagine ha anche «messo in luce la necessità improcrastinabile che il ministero per i Beni e le Attività culturali si doti di un archivio informatico nazionale, dove raccogliere i dati dei beni storico-artistici dei quali si perdono le tracce tra i vari musei, sovrintendenze e gallerie d'arte».