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14/10/2010 16:00:00

“Voce” dei deboli, responsabili della rinascita di una Italia giusta

e non può nemmeno essere una sola analisi dettagliata delle problematiche e delle sfide che quotidianamente affrontano i cittadini dell’Italia. Le nostre comunità cristiane con i loro Pastori devono decidersi ad essere la “voce” di coloro che non hanno alcun “peso” nella società (circa 12 milioni di italiani sono “fortemente impoveriti”), e che purtroppo non mettono in seria discussione coloro che governano la nostra Nazione. Non si può più non ascoltare – per dirla con le parole profetiche del 1967 di Paolo VI - la “collera dei poveri” che va crescendo da ogni parte ed in particolare nel Sud. Nell’ultimo numero di Civiltà Cattolica, il quindicinale della Compagnia di Gesù, il gesuita padre Giovanni Cucci scrive: “la collera non è di per sé negativa: se il fine e i mezzi perseguiti sono buoni, essa può diventare un sostegno prezioso”. E’ davvero giunta l’ora in cui i cattolici italiani - e non in maniera sparpagliata come sovente avviene - ascoltino il grido forte, finora non violento, di tanti uomini e donne che aspirano ad una vita dignitosa senza essere schiavi di nessuno, né del politicante di turno né di coloro che sfruttano la disoccupazione crescente per fare i loro affari con il lavoro nero e non retribuito adeguatamente. Alla Chiesa sono ancora tanti a rivolgersi per chiedere di essere dalla loro parte. Migliaia di famiglie sono in attesa di autentiche riforme che eliminino tanti sprechi (province da abolire, consulenze inutili, enormi rimborsi elettorali, privilegi ad ex parlamentari, troppi consiglieri regionali con le loro cospicue indennità, ecc.) e che servano a dare “respiro” e fiducia a tanti che hanno perso il loro posto di lavoro. I laici cristiani, “illuminati” dai Vescovi, devono farsi promotori di una reale presenza propositiva e critica nei confronti delle fondamentali Istituzioni statali. L’articolo 49 della nostra Costituzione stabilisce che “tutti i cittadini hanno il diritto di associarsi nei partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”, si deve riaffermare questo diritto e richiamare tutti i cattolici a “ricominciare” a partecipare responsabilmente alla vita sociale e pubblica a cominciare dai nostri comuni. Si deve ribadire che l’attività politica – anche di quelli che sistematicamente si rifanno “a parole” alla fede cristiana - non può ridursi alla conservazione di “una poltrona del potere” e tanto meno a interventi episodici ed a pioggia - senza alcuna seria programmazione a favore dei destinatari - per aumentare dei “clienti elettorali”. Anche i cattolici che operano nel cosiddetto “Terzo Settore” (cooperative, associazioni di promozione sociale e di volontariato, onlus) devono dimostrare nei fatti che al centro del loro agire vi sono le persone con le proprie necessità e non i “profitti” da realizzare. I cattolici italiani devono dunque agire con maggiore coerenza ed unità. La testimonianza cristiana nel nostro Paese – contrassegnato da splendidi modelli di cristiani sociali e per il bene comune – deve continuare ad avere una configurazione che aiuti a far crescere le persone come membri di una comunità più grande e pronti a dare il proprio apporto positivo. Una idea - che nell’occasione ci permettiamo con semplicità di offrire - potrebbe essere quella di far incontrare in ogni zona (due per ogni regione) della nostra penisola, i “cattolici per gli italiani” per donare un contributo serio, condiviso e effettivo allo sviluppo armonico dei nostri territori e per presentare - per esempio ogni semestre - una sostanziosa elaborazione di proposte per i rispettivi rappresentanti nelle sedi parlamentari. La Settimana sociale potrebbe così diventare una assise periodica di riferimento, coinvolgendo meglio e con un cammino più articolato le varie rappresentanze regionali e delle Chiese locali. Ci auguriamo - vivendo la fedeltà a Cristo e all’uomo – che i cattolici italiani siano davvero una luce per quanti cercano giustizia e libertà in ogni contrada del nostro Bel Paese.

Don Francesco Fiorino



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