L'udienza del 1° Ottobre è saltata per una indisposizione del Presidente della corte, Renato Zichittella. Ma molto interessante è stata l'udienza di venerdì scorso, 8 ottobre, perchè è cominciata la requisitoria del Pubblico Ministero della Direzione Distrettuale Antimafia Sara Micucci, che ha definito Grigoli "A disposizione di Matteo Messina Denaro, ma anche capace di contrattare con lui, come dimostra il contenuto di uno dei pizzini a firma Alessio inviati a Bernardo Provenzano". L''altro pm, Carlo Marzella, ha parlato di «imprenditore colluso». Grigoli, dunque, non sarebbe vittima della mafia, come ha sostenuto in aula, ma un aggregato a Cosa Nostra. Per questo, i due Pm ne hanno chiesto la condanna a 15 anni di carcere. Otto anni, invece, sono stati invocati per Messina Denaro.
Potete ascoltare qui l'udienza:
Nei confronti di Messina Denaro la richiesta di pena è inferiore perché in continuazione con una precedente condanna per mafia.
A Grigoli, ritenuto il braccio economico del boss latitante Matteo Messina Denaro, viene contestato di aver usato i soldi di Cosa Nostra nella grande distribuzione. Un affare che avrebbe riguardato anche l’assunzione, in alcuni punti vendita Despar della provincia di Trapani e Agrigento, di uomini vicini all’organizzazione mafiosa più o meno noti.
Oggetto del processo è la «mafia imprenditrice». Quella che, secondo l'accusa, ha scelto la grande distribuzione commerciale per investire e moltiplicare il fiume di denaro accumulato con le estorsioni ed altre attività illegali. E Grigoli è accusato di avere messo a disposizione del boss mafioso del suo paese, al fine di consentirne l'ulteriore espansione economica, la sua catena di supermercati. E la prova, evidenzia la Dda, è nei «pizzini» sequestrati nel covo di Bernardo Provenzano a Montagna dei Cavalli. In un biglietto Messina Denaro chiedeva a «Binnu» di intervenire a tutela di Grigoli in provincia di Agrigento perché si trattava di un uomo a lui vicino. «Ciò - ha detto la Micucci - è confermato dai collaboratori Maurizio Di Gati, che ha dichiarato che chiedere il pizzo a Grigoli era come chiederlo a Messina Denaro, e Calogero Rizzuto». Il pm ha sottolineato che «Messina Denaro era in possesso della contabilità di Grigoli, nei pizzini c'è corrispondenza esatta di cifre». Pizzini con cui Messina Denaro chiedeva a Provenzano di decidere sulla querelle tra Grigoli e il boss di Ribera (Capizzi).
Che l’affare “Despar” fosse un grande investimento su cui tutti i capimafia volevano allungare le mani lo conferma lo stesso Provenzano in uno degli ultimi pizzini che gli viene recapitato prima che venisse catturato. Messina Denaro rispondendo alla volontà manifestata dal grande vecchio di aprire un punto vendita con l’insegna Despar anche a Corleone scrive a Provenzano la sua intenzione a farsi carico di ogni aspetto economico dell’iniziativa.
Alle richieste dell'accusa (chiesta anche la confisca dei beni sequestrati) si è associato l'unico avvocato di parte civile, Giuseppe Novara, legale dell'Associazione antiracket di Trapani. Prossime udienze il 5 e il 19 novembre, quando interverranno gli avvocati difensori Antonello Denaro, Paolo Tosoni e Maurizio Rivilli.
La caccia al tesoro dell’imprenditore di Castelvetrano inizia con il suo arresto, il 19 dicembre 2007, quando gli inquirenti sequestrano decine di supermercati e le quote societarie delle due principali società: la Gruppo 6 G.D.O. srl e la Grigoli Distribuzione srl. A gennaio del 2008 una tranche dei beni, circa 300 milioni di euro, viene sottoposta a sequestro cautelativo. L’ultima misura di prevenzione patrimoniale che congela i beni avviene a novembre dello stesso anno ed è quella più rilevante che sequestra 12 società, oltre 200 fabbricati e 133 appezzamenti di terreno e conti correnti milionari.
La sentenza è attesa per il prossimo 3 dicembre.