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09/10/2010 04:55:23

"Un patto tra mafia e casalesi per uccidere toghe e giornalisti"

probabilmente il 10 settembre scorso. In quell’occasione sarebbe stato deciso di mettere a punto la strategia concordata in una precedente riunione, e cioé l’uccisione del procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone (due giorni fa la polizia aveva trovato un bazooka a trecento metri dal suo ufficio) e del suo vice Michele Prestipino. Ma nel corso del summit i partecipanti avrebbero fatto riferimento anche ad altri obiettivi dei clan. E’ quanto rivela un documento anonimo (non si sa se l’estratto di un rapporto autentico o un falso), con l’intestazione cancellata e il timbro “Riservato”, arrivato per posta alla Dia di Caltanissetta un paio di settimane fa.
Il testo, come scrivono oggi alcuni giornali, sembra l’estratto di un rapporto di polizia o di un servizio segreto e riporta le presunte confidenze di un informatore. Tra gli obiettivi, si legge nell’anonimo, ci sono anche il capo della procura di Caltanissetta Sergio Lari, il suo vice Domenico Gozzo e il sostituto Nicolò Marino, “perché si occupano – si legge nel documento – delle indagini sull’attentato a Borsellino”.
Il documento indica altri due magistrati: Sebastiano Ardita, “perché si occupa delle carceri – si legge – e del 41 bis” e Raffaele Cantone, che prima di passare alla Cassazione si occupava a Napoli del clan dei casalesi. Infine, si parla anche della “richiesta fatta da un ‘amico’ che è avvocato siciliano con interessi a Locri, di uccidere un giornalista”.

 

“Faremo le opportune verifiche sul documento – ha annunciato il procuratore D’Agata – che, al di là della sua autenticità, resta comunque inquietante perché mostra la possibile ripresa di una strategia stragista da parte della criminalità organizzata. Comunque – ha aggiunto il magistrato – c’é un clima da strategia della tensione, un volere creare paura e apprensione per tentare di condizionare l’azione della giustizia”.

“Chiederò subito al Presidente Pisanu di acquisire il documento anonimo inviato alla DIA di Caltanissetta”. Lo chiede Laura Garavini, capogruppo Pd nella commissione Antimafia, dopo che la Procura della Repubblica di Catania ha aperto un fascicolo sul documento inviato alla Dia nissena che riferisce di un presunto summit di mafia tra rappresentanti dei clan palermitani, locride e un napoletano, che si sarebbe svolto a Messina per una comune strategia della tensione. “Ci sono molte assonanze – spiega Garavini – tra quello che sta succedendo in questi giorni e quello che accadeva prima delle stragi del 1992-93: anche oggi, come allora, si susseguono segnali e messaggi che è importante capire cosa vogliono dire realmente ed a cosa puntano. Nel documento fatto pervenire alla DIA ci sono certo cose credibili ed altre meno probabili, si mischiano in un unico progetto magistrati e giornalisti, persone da eliminare per la loro attività attuale ed altre per quello che hanno fatto in passato. Il tutto con un continuo apparire di personaggi, sia nelle vicende calabresi che in quelle siciliane, legati o interni ai servizi di sicurezza. Adesso è il momento di essere solidali al massimo con la magistratura che è impegnata in un lavoro delicatissimo e spero che a nessuno venga ancora in mente di chiedere ridicole commisioni d’inchiesta sui magistrati. Al contrario, il Governo si impegni a dargli tutte le risorse necessarie.”