deserto, disseminati dei cadaveri di quelli che non ce l'hanno fatta. E' l'impressionante sequenza di "Wanted but not Welcome", montaggio di spezzoni di filmati realizzati con i telefonini da migranti africani durante il loro viaggio verso l'Europa.
Le immagini che compongono questo breve film, raccolte e curate da Gabriele Del Grande, costituiscono un documento di importanza capitale. In primo luogo perché sono una testimonianza diretta e in prima persona. Per pochi minuti, ci ritroviamo sui pianali dei camion che solcano le sabbie del deserto libico; a bordo dei barconi stipati di passeggeri e taniche di acqua e di nafta; nei sordidi interni dei Cie, dove le nostre autorità di pubblica sicurezza proibiscono l'ingresso ai media; infine davanti allo spettacolo della morte solitaria dei migranti, monito a quanti continuano a tentare quella via di salvezza.
Soprattutto, Wanted but not Welcome documenta un crimine contro l'umanità. Seppure non è un crimine penalmente perseguibile, è un crimine morale incancellabile. Tra l'esplosione di gioia dei migranti, che nell'imminenza dello sbarco si radono l'uno con l'altro, si fanno belli per l'Italia, e le successive immagini della reclusione, della cacciata e della morte, c'è un abisso morale che non si può colmare. Wanted but not Welcome è un silenzioso devastante atto d'accusa. Gli imputati siamo noi.
Il video è stato presentato al teatro Studio di via Rivoli, a Milano, dalla ong Naga, che si occupa di fornire assistenza agli immigrati nel nostro Paese. Nei giorni successivi gli organizzatori della proiezione hanno postato "Wanted but not Welcome" su YouTube. Eccolo: