Dai giornali Nicastri è presentato come "il prestanome di Matteo Messina Denaro", "l'imprenditore vicino al boss", o addirittura "colui che per conto del boss di Castelvetrano ha messo mano nel business dell'eolico". In realtà non è così. E su questo la Dia è stato molto chiara. "Nicastri si è sicuramente avvantaggiato della vicinanza a Cosa Nostra" è stato detto in conferenza stampa. Da qui, nelle 1600 pagine di ordinanza di sequestro, le motivazioni della maxi operazione con cui lo Stato ha messo i sigilli sui suoi beni. Ma non c'è nessun legame certo e provato tra Messina Denaro e Nicastri, anche perchè quest'ultimo è tutt'ora in libertà.
Il 54enne Vito Nicastri è titolare di diverse società nel settore delle energie alternative. . "Ci sono una serie di attività in corso - dice il direttore centrale della Dia Antonio Girone - che potranno confermare ciò che per noi emerge: una contiguità, cioè, con elementi che sono vicini o attori per conto del noto latitante. E gli ulteriori accertamenti porteranno a confermare l'ipotesi che in via preventiva io ho configurato, dimostrando il ruolo dell'imprenditore quale prestanome del boss". Per Girone "ci sono diverse attività sul piano giudiziario che stanno accertando come in molti settori dell'energia alternativa ci siano chiari inserimenti della criminalità organizzata".
Il 10 novembre del 2009 Nicastri fu tra i destinatari di un'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Avellino che portò al sequestro, fra l'altro, di sette parchi eolici e dodici società nell'ambito di un'indagine per truffa organizzata per percepire contributi pubblici per la realizzazione di parchi eolici. Nove delle società sequestrate avevano sede ad Avellino, le altre tre in Sicilia.
L'organizzazione, secondo gli inquirenti, avrebbe beneficiato di fondi pubblici producendo false attestazioni sulla titolarità dei terreni utilizzati per impiantare turbine e sulle disponibilità economiche presso istituti di credito. Il sistema messo a punto dall'organizzazione era basato su una rete di società, tutte riconducibili alle stesse persone, che detenevano la titolarità dei terreni e la disponibilità fittizia di capitali provenienti dall'estero, in particolare dall'Inghilterra, che corrispondevano all'importo del contributo già ottenuto dall'impresa. L'attività investigativa, attraverso rogatorie internazionali, si è estesa anche in Olanda, Spagna e Inghilterra. I sigilli giudiziari erano scattati per alcuni parchi eolici realizzati dalle società indagate, in Sicilia, a Catania, Siracusa e Palermo e in Sardegna, a Sassari, per un valore di 153 milioni di euro