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15/09/2010 06:01:44

Il maxi sequestro a Nicastri reso possibile dalle nuove norme di contrasto alla mafia

proposta della Dia. E' una cifra altissima, la più alta di sempre forse. Nulla a che vedere con il maxi sequestro all'imprenditore castelvetranese Giuseppe Grigoli (700 milioni di euro) o con i sequestri ai costruttori palermitani negli anni '90. Ma la vera notizia è un'altra: è il primo sequestro che viene attuato grazie alle nuove norme sull'aggressione dei beni ai mafiosi che permettono di attivare la procedura di sequestro anche su impulsonicastri.jpg della Dia, anche senza uno specifico collegamento tra il soggetto che subisce la misura e Cosa Nostra (Nicastri è attualmente a piede libero) e, soprattutto, viene davvero applicata la tecnica del "doppio binario": il procedimento di confisca segue un suo iter a parte, che nulla a che vedere con altri procedimenti, e che mira solo a costruire la natura e l'origine di beni immobili e mobili per stabilire o no se ci sono collegamenti tra queste "fortune" e Cosa Nostra.

"Il sequestro disposto dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani, su richiesta della Dda di Palermo, per oltre 1,5 miliardi di euro in beni immobili e società di proprietà dell'imprenditore trapanese Vito Nicastri, riconducibili a Matteo Messina Denaro, segna l'ennesimo straordinario successo nel contrasto alla criminalità organizzata mafiosa". Lo sottolinea, in una nota, il ministro della Giustizia Angelino Alfano.

"L'ingente sequestro di beni a Vito Nicastri, definito il 'signore del vento', ha un'importanza strategica - aggiunge - poiché restringe il cerchio sulla latitanza di Matteo Messina Denaro, nei confronti del quale l'azione dello Stato sarà incessante fino al suo arresto".

"Anche questo sequestro di beni - spiega il Guardasigilli - è stato possibile grazie all'inasprimento del meccanismo delle misure di prevenzione adottate da questo Governo e applicato dalla magistratura. Misure necessarie per sottrarre risorse finanziarie alla criminalità organizzata".

La misura di prevenzione patrimoniale scaturisce dalla proposta d’iniziativa del Direttore della D.I.A., Generale dei Carabinieri Antonio GIRONE, che attraverso articolate indagini economico patrimoniali nei confronti dell’imprenditore alcamese ha consentito di ricostruire il fitto reticolo patrimoniale degli ultimi trent’anni e di rilevare, altresì, l’esistenza di una sperequazione tra i beni posseduti ed i redditi dichiarati.
L’attività imprenditoriale del NICASTRI è quella dello sviluppatore, figura professionale tipicamente italiana che consiste nella realizzazione e nella successiva vendita, chiavi in mano, di parchi eolici, con ricavi milionari, considerato che ogni megawatt (MW) prodotto è venduto a circa 2.000.000,00 di euro.
Le indagini si sono sviluppate anche attraverso una approfondita ricognizione dei procedimenti penali e dei numerosi eventi ritenuti rilevanti che hanno interessato il NICASTRI, i quali confermano relazioni con numerosi e qualificati esponenti mafiosi, con elementi legati a cosa nostra, ovvero con personaggi che a loro volta sono entrati in contatto con pregiudicati, anche della criminalità organizzata.
E’ stata rilevata, infatti, in tutte le vicende nelle quali è stato coinvolto, una "vicinanza" del NICASTRI a noti esponenti mafiosi, che qualifica la condotta dello stesso, anche alla luce di numerosi pronunciamenti giurisprudenziali della Corte Suprema, sintomatica di una contiguità consapevole e costante agli interessi della associazione mafiosa, o di una disponibilità a rendersi all'occorrenza partecipe di condotte agevolatrici della predetta organizzazione.
Il NICASTRI, nei cui confronti sono stati riscontrati interessi anche all’estero, è stato pure coinvolto in alcune operazioni di polizia fra cui quella più recente denominata “Eolo”, che ha svelato il coinvolgimento di cosa nostra nel lucroso affare della realizzazione delle centrali eoliche nella provincia di Trapani.
Nel corso delle indagini sono state rilevate, altresì, relazioni con le consorterie criminali operanti nel messinese, nel catanese ed anche con la ‘ndrangheta calabrese, in particolare con le ‘ndrine di Platì, San Luca ed Africo del reggino, aspetti questi che caratterizzano in modo significativo il contesto in cui l’aggressione patrimoniale odierna si inserisce.
Il provvedimento di sequestro prevenzionale segue l’aggressione ad altri milionari patrimoni, sequestrati a noti imprenditori nel campo della grande distribuzione, del ciclo del cemento e della sanità e, di fatto, sottrae smisurati capitali e credibilità a cosa nostra, incidendo in modo significativo anche nella gestione economica del noto latitante Matteo Messina DENARO, che di quel territorio è considerato il dominus.
Nel complesso sono stati sottoposti a sequestro antimafia:
- 43 società di capitali, anche con partecipazioni estere, operanti prevalentemente nel settore eolico e fotovoltaico, intestatarie, tra l’altro di centinaia di appezzamenti di terreno ubicati nelle province di Trapani, Palermo, Reggio Calabria, di numerosi beni mobili, immobili e conti correnti;
- un centinaio di beni immobili (terreni, palazzine, ville con piscina, magazzini), ubicati nelle province di Trapani e Catanzaro;
- diverse autovetture di grossa cilindrata nonché un lussuoso catamarano di circa 14 mt. (costruito nel 2009);
- oltre 60 rapporti finanziari (conti correnti, depositi a risparmio, depositi titoli, polizze assicurative).

 

 



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