Sono queste le previsioni della Cia per l'imminente vendemmia. «In contrasto con i dati nazionali diffusi in questi ultimi giorni - si afferma in una nota dell'associazione di categoria - la Confederazione Italiana Agricoltori prevede che in Sicilia la vendemmia 2010 sarà caratterizzata da una consistente diminuzione della produzione stimata intorno al 25-30%. Ottima invece la qualità delle uve, grazie alle condizioni climatiche favorevoli degli ultimi due mesi».
Stefano Chioccioli, fiorentino, agronomo ed enologo, cura la prima vendemmia per Firriato, cantina tra le più importanti della regione. Proprio per Salvatore e Vinzia Di Gaetano ha curato l’impianto di Favignana, l’unico nelle Egadi, da cui i titolari della cantina di Paceco si attendono moltissimo.Dichiara: «Ancora non siamo arrivati al fondo della crisi. Purtroppo c'è una produzione in eccesso rispetto ai consumi e alle reali prosettive del vino italiano nel mondo. Con la fine della distillzione obbligatoria e lo stoccaggio a lungo termine cambia tutto. C'è il consumo reale quello vero che costringerà a riequilibrare l'offerta e la domanda. In Sicilia ho visto molti vigneti abbandonati".
In Sicilia, il calo di produzione si prevede non omogeneo. Secondo la Cia, «Il dato previsionale è variabile sia per le diverse aree viticole dell'Isola, sia per tipologia di vitigno. Si stima che la produzione sia minore per alcuni vitigni come il Nero D'Avola il Syrah e lo Chardonnay che in alcune aree potrà fare registrare cali anche superiori al 30 per cento; un po' meglio andrà per il Catarratto e il Merlot».
A proposito di crisi. Nel mese di marzo di quest’anno il Consiglio Provinciale ha approvato un atto d’indirizzo volto a salvare la viticoltura. C'è l’esigenza di una urgente ristrutturazione e riorganizzazione del settore vitivinicolo attraverso: la fusione delle cantine sociali e la creazione in Sicilia di un efficiente sistema cooperativistico; eliminazione di almeno un milione di ettolitri di vino, non mediante la vendemmia verde, ma inviando alla distillazione i sottoprodotti e i vini di minore pregio per la produzione di alcol da immettere nei carburanti.
Secondo gli esperti, sono questi gli otto punti per salvare il vino siciliano dalla crisi:
1°) L’unificazione e la capitalizzazione delle cantine sociali;
2°) La riduzione dei costi di produzione del vigneto e delle cantine sociali;
3°) Lo sfruttamento dei sottoprodotti della coltivazione e della vinificazione;
4°) La qualificazione e la verticalizzazione della produzione;
5°) La conquista di nuovi mercati con prodotti confezionati;
6°) L’immissione di alcole nei carburanti;
7°) Il controllo sui prodotti importati;
8°) L’accordo di filiera per fare rispettare prezzi e qualità delle uve;
Dichiara il consigliere Edoardo Alagna (Pd): " Malgrado il Consiglio Provinciale abbia votato ed approvato e, pertanto, impegnato il Presidente della Provincia a tutta una serie di azioni politico-amministrative mirate a salvare il più importante settore dell’economia provinciale, a tutt’oggi i cittadini di questa Provincia non hanno avuto alcuna notizia. Vorrei sapere se il Presidente della Provincia On. Turano ha programmato una qualsiasi attività consequenziale all’atto d’indirizzoa e se in caso contrario ha elaborato o sta elaborando soluzioni programmatiche alternative ..."
Un dato in controtendenza sulla produzione sembra essere, invece, in alcune zone del Marsalese quello relativo alle uve ''grillo'', con le quali si produce un vino ad alta concentrazione zuccherina, quasi di ''nicchia'', le cui piante sono piegate dal notevole numero e peso dei grappoli. «I motivi del calo produttivo sono molteplici - dichiara Maurizio Lunetta, vicepresidente della Cia siciliana - Ci si aspettava che il ricorso alla pratica della vendemmia verde e alle estirpazioni - che insieme quest'anno hanno tolto dalla produzione circa 13 mila ettari che avrebbero prodotto circa un 1,5 milioni di quintali su un totale regionale di 10 milioni - avrebbe inciso negativamente sulla produzione, ma a questo deve aggiungersi l'effetto delle condizioni climatiche e lo sviluppo di alcune malattie fungine che, come nel caso dello Chardonnay, hanno fatto lievitare le perdite fino al 40%».
Sulla stessa lunghezza d'onda anche il presidente della Cantina sociale Birgi, Giuseppe Saladino, che comunque, precisa che «i dati previsionali non possono essere considerati ancora certi», spiegando che il calo di produzione (''intorno al 25%'') ''si deve soprattutto alla vendemmia verde e alla prolungata siccità''. Sul calo dello Chardonnay ha, invece, influito «il clima troppo freddo in fase di fioritura». «Lo scorso anno - conclude Saladino - la Cantina Birgi (circa mille soci e 50 anni di attività, ndr) ha ammassato 280 mila quintali di uva, quest'anno invece si prevede intorno a 240 mila…».