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12/08/2010 13:18:18

Il boss agrigentino Falsone è stato estradato in Italia

stato arrestato dalla polizia a Marsiglia dopo 11 anni di latitanza, ripete di essere il signor Giuseppe Sanfilippo Frittola, di Catania, "vittima di un clamoroso errore di persona". Ma i giudici francesi non gli hanno creduto. Questa mattina, Falsone è stato estradato in Italia: da Aix en Provence il capomafia agrigentino è arrivato sotto scorta al carcere di Ventimiglia, in Liguria. Deve scontare l'ergastolo. E i magistrati di Palermo hanno già chiesto per lui l'applicazione del 41 bis. Gli stessi giudici sicuri del fatto che Falsone avesse l'intenzione di sottoporsi ad un intervento di plastica facciale.

Falsone era a Marsiglia da un anno e mezzo. Attraverso un computer connesso a Skype continuava a mantenere i contatti con i suoi uomini in Sicilia e soprattutto con i prestanome. Il capomafia di Agrigento è da sempre un fedelissimo di Bernardo Provenzano, ha il suo stesso soprannome, il "ragioniere": nei pizzini che si scambiavano discutevano di appalti, grande distribuzione e di tanti altri affari milionari, quelli che adesso i poliziotti delle squadre mobili di Palermo e Agrigento stanno cercando di ricostruire esaminando le memorie di due computer portatili trovati nell'elegante covo di boulevard Notre Dame. "Al momento dell'arresto Falsone era un capo in piena attività", dice il sostituto procuratore della Dda di Palermo Fernando Asaro.

"Le nuove tecnologie hanno ormai cambiato il rapporto dei capimafia con il loro territorio - spiega Nino De Santis, il capo della sezione Criminalità organizzata della squadra mobile di Palermo - non è più solo un territorio fisico quello da marcare, ma un territorio virtuale fatto di affari, opportunità e relazioni, che possono essere gestiti anche a distanza, attraverso i moderni mezzi di comunicazione".

Falsone aveva pure sette telefoni cellulari, che potranno dire molto sulla rete dei complici, in Italia e in Francia. La sua carta di credito ha già svelato la bella vita che faceva a Marsiglia: aveva cambiato otto appartamenti, andava spesso in spiaggia e in qualche locale. E soprattutto corteggiava un'impiegata della banca doveva aveva aperto il conto: le diceva di essere un ricco imprenditore siciliano che aveva deciso di aprire un'azienda edile in Francia. Ma la messinscena non è durata a lungo. I servizi segreti italiani hanno avuto una soffiata su un latitante a Marsiglia, che si è incrociata con alcune indagini della polizia che da tempo portavano da Agrigento in Francia.

Resta il giallo della partenza di Falsone dalla Sicilia. Dai pizzini trovati nel covo di Bernardo Provenzano erano emerse pesanti divergenze con un altro padrino latitante, il trapanese Matteo Messina Denaro, oggi signore incontrastato di Cosa nostra siciliana. Era il 2006, Messina Denaro scriveva al capo di Cosa nostra per accusare Falsone di essersi appropriato di molti soldi, nell'ambito di un affare riguardante alcuni supermercati Despar. All'epoca, solo la mediazione di Provenzano era riuscita ad evitare una faida fra le cosche di Agrigento e Trapani.