Il cui destino, lungo tutto ieri, è stato quanto mai alterno, con la certezza sempre più fondata che il voto previsto per la prossima settimana sia destinato a saltare. Per paura dell'ostruzionismo del Pd, il rischio che cadano
un paio di decreti, ma soprattutto per possibile franchi tiratori berlusconiani. Cui il Cavaliere ha regalato un motivo in più per mandare sotto la legge sin dalle pregiudiziali di costituzionalità da votare oggi dopo la discussione generale. Era alla Farnesina il premier, davanti agli ambasciatori, quando ha detto: "La legge è stata massacrata e sono addirittura tentato di ritirarla". E poi preso dalla foga: "Abbiamo mandato fuori un bel cavallo e ci va bene se esce un ippopotamo... questa legge non ridà al cittadino l'inviolabilità della comunicazione scritta e orale, garantita dalla Costituzione come diritto alla libertà".
Affondata dunque. Come Berlusconi aveva già fatto una settimana fa subito dopo gli emendamenti migliorativi. Un atteggiamento che molti berlusconiani hanno interpretato come un segnale a impallinare la legge nel segreto del voto sulle pregiudiziali, magari addebitandone la responsabilità ai finiani. I quali, subito, si sono smarcati. Ecco Carmelo Briguglio e Fabio Granata: "Noi eravamo pronti a votarla. Ma se lui vuole ritirarla questa è una nostra vittoria". I finiani leggono l'uscita del Cavaliere in un solo modo: un gesto di stizza contro chi, come Giulia Bongiorno, si è battuta per migliorare il testo, ma anche l'ammissione che Fini ha "vinto" nel rivoluzionare il testo. Non solo: il premier contesta l'altolà del Quirinale che ha insistito sui punti critici. Per
Berlusconi né compromessi, né mediazioni, come quelle imposte a più riprese da Fini.
Ma i suoi non mollano, e del resto il loro giudizio critico sulla legge viene confermato a ogni piè sospinto. Come ieri quando, dalla commissione Trasporti, presieduta dal berlusconiano Mauro Valducci, arriva lo stop all'obbligo di rettifiche entro 48 ore per i blog. Un "bavaglio alla rete" criticato dal capogruppo Pd alla Camera Dario Franceschini che ne chiede lo stralcio. Ma il parere della Trasporti è dirimente. Ne prendono atto la presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno che, con il sottosegretario Giacomo Caliendo, si riserva di valutare l'opportunità di modifiche in aula. Il centrista Roberto Rao lo dà per scontato perché "è necessario salvaguardare la libertà della rete e dei blogger". Il Pd vota contro il mandato al relatore per il passaggio in aula, ma "benedice" il parere della Trasporti.
Sorprese a catena, mentre in Transatlantico i pronostici sugli "ascolti" s'intrecciano con quelli sugli otto laici da mandare al Csm. Su cui spinge il capo dello Stato. Anche questo un voto da fare oggi. Su cui arriva una nuova "vedetta" di Berlusconi contro Fini. Al suo candidato, deputato Nino Lo Presti, l'unico che pareva certo fino a ieri mattina, viene dato il benservito da Niccolò Ghedini: "Tu sei fuori". Regge l'intesa sul centrista Michele Vietti. Il Pd candida Guido Calvi e Glauco Giostra, ma i franceschiniani insistono su Pietro Carotti, e sale la fronda che sfocerà oggi nella riunione dei gruppi. Come quella di Donatella Ferranti che dice "dovevamo candidare una personalità come Valerio Onida". Per la Lega entra Mariella Ventura Sarno. Per il Pdl Annibale Marini, Vincenzo Scordamaglia, e poi due a scelta tra Giuseppe Gargani, Nino Marotta, Lorenzo D'Avack. Marini per alcune ore è parso incerto, ma resta in competizione perché, come dice il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri, "senza veti preventivi" sarà il Csm a votare. Ma, giusto nelle stesse ore, il collega della Camera Fabrizio Cicchitto confermava il via libera a Casini per Vietti. Un segnale ai centristi per aprire una porta verso una possibile dialogo di governo.