assunta dagli organi competenti dopo l'arrivo di una nota del Viminale che mette in allarme rispetto a presunti progetti di attentati da parte di Cosa nostra. Nel mirino della mafia ci sarebbero alcuni edifici istituzionali, tra cui il palazzo di giustizia e la sede della squadra mobile. L'allarme è scattato in seguito a voci raccolte in alcune carceri italiane: i clan mafiosi starebbero cercando alleanze per rispondere in maniera cruenta ai successi ottenuti negli ultimi tempi dal fronte antimafia che ha decapitato, dall'inchiesta Gotha in poi, i capi dei mandamenti, rivelando anche gli intrecci tra politica, mafia e personaggio dell'alta borghesia palermitana. A questo scopo si sarebbero svolti dei summit in città, ai quali, secondo radio-carcere, potrebbe avere partecipato persino il superboss latitante Matteo Messina Denaro, comunque contrario, sempre secondo radio-carcere, all'apertura di una nuova stagione di attentati. L'allarme trova conferme negli ambienti della Procura di Palermo che sta valutando gli elementi finora raccolti dagli investigatori, in particolare dal Ros dei carabinieri.
"Il leone ferito puo' essere piu' pericoloso perche' capace di dare zampate o colpi di coda pesanti. La delicatezza della situazione esige il silenzio piu' assoluto. E' ovvio, comunque, che quando parliamo di obiettivi sensibili indichiamo sia strutture che persone". A dirlo ai microfoni del Tg Sicilia della Rai e' il questore di Palermo, Alessandro Marangoni. Il riferimento e' all'informativa inviata dal Viminale ai vertici della sicurezza del capoluogo siciliano in cui si parla di un nuovo allarme attentati in citta.
Messina Denaro, il quarantottenne padrino condannato all´ergastolo per le stragi del ´93, latitante ormai da 17 anni, resta il detentore dei segreti del passato: dicono i pentiti che conservi l´archivio di Riina, quello che fu portato via dalla villa del capo di Cosa nostra prima della perquisizione dei carabinieri. In quell´archivio ci potrebbero essere i segreti della trattativa fra la mafia e pezzi delle istituzioni, durante la stagione delle stragi. Quei segreti sono probabilmente la chiave della strategia della sommersione avviata da Provenzano e proseguita da Messina Denaro. Ma, adesso, il popolo di Cosa nostra in carcere e le nuove leve sarebbero tornati a chiedere contromisure eclatanti, per far fronte ai continui arresti e ai sequestri di beni.
Di certo, fino al novembre 2009, Messina Denaro sembrava disinteressarsi ai progetti di riorganizzazione dei clan palermitani. Questo dicevano le intercettazioni: all´epoca, i carabinieri seguivano in diretta le mosse di un vecchio padrino appena uscito dal carcere, Benedetto Capizzi, che cercava di coalizzare attorno a sé consensi per ricostituire la Cupola. Durante una di quelle riunioni, arrivò la risposta di Messina Denaro ai palermitani: «Noi non riconosciamo nessuno, siamo in rapporti con tutti».
Ma dal novembre 2009 a oggi, molte cose sono cambiate nella galassia della mafia siciliana. Uno degli ultimi pentiti ha rivelato che i fedelissimi di Riina, i Biondino, hanno costituito un asse con Trapani: «Ho visto personalmente - ha detto Manuel Pasta - alcune missive che Messina Denaro inviava a Giuseppe Biondino».