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19/07/2010 04:35:51

18 anni fa la strage di Via D'Amelio.Tante iniziative, pochi partecipanti. Nostra diretta speciale

Alle 16,58 del 19 luglio 1992 un'auto imbottita con cento chili tritolo, posteggiata in via D'Amelio, fece tremare ancora una volta Palermo, dopo appena 57 giorni dalla strage di Capaci. Una vera e propria carneficina che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e ai suoi cinque agenti di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Le immagini trasmesse dai tg quel giorno mostrarono i palazzi sventrati da un'esplosione che in una frazione di secondo, tra le alte colonne di fumo, aveva trasformato Palermo in una città come Beirut. Dietro quella strage, che rappresenta una delle pagine più nere della storia recente del Paese, i contorni nebulosi e sfumati di una realtà capace di celare ancora oggi i nomi di quelli che furono i reali mandanti ed esecutori di un attentato destinato a segnare per sempre le coscienze della società civile italiana. A differenza della strage di Capaci in cui morì Giovanni Falcone, infatti, riguardo le responsabilità sull'eccidio via D'Amelio si è sempre sospettato un maggior coinvolgimento di un'entità che andasse oltre la sola Cosa nostra, arrivando piuttosto a lambire ambienti attigui a quelli istituzionali: in particolare il sistema deviato del Sisde. Un episodio ancora lontano dall'essere chiarito e in cui l'ingorgo di verità ha inesorabilmente impantanato il delicato lavoro dei magistrati della Procura di Caltanissetta che indagano ancora oggi sulla strage. Su via D'Amelio ci sono le verità dei politici di allora come l'ex ministro degli Interni Nicola Mancino che non ricorda d'aver incontrato il giudice Borsellino pochi giorni prima della strage; e le verità dei collaboratori di giustizia, e di un capomafia storico come Totò Riina che dalla sua cella ha rimarcato l'estraneità di Cosa nostra rispetto a questo episodio. Ci sono poi le parole di Massimo Ciancimino, che negli ultimi anni ha deciso di raccontare agli inquirenti quelle verità rivelategli dal padre Vito, e relative alla presunta trattativa fra Stato e mafia avviata già all'indomani dell'attentato. Ci sono infine le verità scritte dallo stesso giudice Borsellino sulla sua agenda rossa, sparita misteriosamente da via D'Amelio pochi minuti dopo l'agguato e mai più recuperata.

IL PROGRAMMA A PALERMO.


h 09:00 – Via D’Amelio
Animazione per Bambini

h 16:00 – Via D’Amelio
Letture per non dimenticare

h 16:58 – Via D’Amelio
Silenzio

h 17:30 – Via D’Amelio
Concentramento Corteo verso l’Albero Falcone

h 21:00 – Biblioteca Comunale, Palermo
Legami di Memoria ( a cura di ARCI SICILIA)

LE INIZIATIVE A MARSALA. La radio di Marsala, Rmc 101, manderà in onda tutto il giorno, a ridosso dei notiziari, contributi e contenuti speciali. Alle ore 21.00 nel Complesso San Pietro, si svolgerà una manifestazione con gli interventi di Maurizio De Lucia, Sostituto Procuratore della Direzione Nazionale Antimafia autore del libro “Il Cappio”, di Roberto Piscitello (Magistrato e Componente della Fondazione Progetto-legalita”) e di Salvatore Inguì, coordinatore del presidio Libera di Marsala. A coordinare i lavori sarà il giornalista Vincenzo Figlioli.

POCHI ALLA MARCIA DELLE AGENDE ROSSE. Meno di un centinaio di persone ha partecipato al corteo organizzato, alla vigilia dell'anniversario della strage di via D'Amelio, dal "Popolo delle Agende Rosse", il Movimento che fa capo a Salvatore Borsellino, fratello del giudice assassinato insieme alla scorta 18 anni fa.

La manifestazione è partita da via D'Amelio per raggiungere il castello Utveggio, luogo che, secondo una tesi investigativa, avrebbe ospitato la sede del Sisde e da cui sarebbe partito l'ordine di far esplodere l'autobomba usata nella strage. E' uno degli appuntamenti organizzati per commemorare la figura del giudice ucciso. I partecipanti hanno marciato sventolando un'agenda rossa, per ricordare il diario del giudice Borsellino, sparito dopo l'eccidio, diventato simbolo della verità negata sulla strage di via D'Amelio.

Nell'agenda il giudice potrebbe avere appuntato, secondo gli inquirenti, idee e riflessioni importanti sulla strage di Capaci, in cui venne ucciso il giudice Giovanni Falcone, e sulla cosiddetta trattativa tra lo Stato e la mafia. E proprio per questo il diario, dopo l'esplosione di via D'Amelio, sarebbe stato fatto sparire. I manifestanti hanno raggiunto Castel Utveggio intonando "Bella ciao".

Strage di Stato. "Quella di via D'Amelio fu una strage di Stato, alcuni esponenti delle istituzioni hanno ritenuto di potere trattare con la criminalità organizzata. Una trattativa che è poi la madre del baratro in cui continuiamo a precipitare, in un momento in cui c'è qualcuno che vuole realizzare leggi che sovvertono la Costituzione. E mio fratello è stato ucciso perché si è opposto in maniera totale a quella trattativa". Ad affermarlo è Salvatore Borsellino, fratello di Paolo.

Animatore dei movimenti delle Agende rosse e del comitato di scorta civica, Salvatore Borsellino ieri è stato tra i promotori della manifestazione di solidarietà ai magistrati delle procure impegnate in indagini di mafia, che si è tenuta davanti al Palazzo di giustizia di Palermo. "In questo momento - ha detto - ho una grande paura, mi sembra di vivere in un clima simile a quello che precedette le stragi del '92. Stiamo andando sempre più vicino alla verità su via D'Amelio e sulla morte di mio fratello Paolo, e più i magistrati si avvicinano a questa verità più sono in pericolo. Per questo, chiedo la 'scorta civicà di quei giovani che hanno deciso di stare accanto ai magistrati che vogliono togliere il velo sulla strage di via D'Amelio". Poi, in riferimento alla legge sulle intercettazione, ha detto: "Deve essere chiaro che questa legge va respinta in toto, non si può assolutamente pensare di trattare sui singoli articoli. La magistratura rimane oggi l'unico baluardo per continuare a vivere in un paese civile".

DI MATTEO. "Oggi non percepiamo più indifferenza o sarcasmo. Ma temo che stia iniziando ad emergere una nuova azione volta a bloccare possibili sviluppi di indagini". Lo ha detto il sostituto procuratore e presidente dell'Anm di Palermo Antonino Di Matteo, durante il convegno alla facoltà di Giurisprudenza per il 18esimo anniversario della strage di via D'Amelio. "Mi sembra di assistere - ha aggiunto - a una serie di eventi che temo siano collegati gli uni agli altri: i tentativi di screditare pregiudizialmente i contenuti delle dichiarazioni di Spatuzza e di Ciancimino. Il problema sembra che sia capire perché hanno parlato e perché proprio ora. Le polemiche sui collaboratori di giustizia si verificano solo quando parlano di qualcosa di diverso rispetto alla manovalanza dell'attack, alla manovalanza di Cosa nostra".

SCARPINATO. "Sono tantissimi quelli che sanno, in tutto o in parte, cosa si cela dietro le stragi. Un esercito di persone che non parlano". Lo ha dichiarato il neoprocuratore generale di Caltanissetta Roberto Scarpinato al convegno di Giurisprudenza. "C'è un sigillo che cuce le bocche di tutti, le bocche restano cucite perché la lezione della storia dimostra che non c'è salvezza fisica fino a quando il potere che ha ordinato e coperto le stragi resta in sella. Un potere talmente forte da raggiungerti in qualsiasi carcere, tanto forte da poter condizionare la polizia che indaga o taluni magistrati". Infatti "basta ricordare che tutti i conoscitori dei mandanti esterni della strage di Portella della Ginestra sono stati assassinati" ha aggiunto il procuratore generale.

INGROIA. "Molti di noi percepirono, subito dopo le stragi del ‘92, che quello scenario non era firmato solo dalla mafia, ma che c’era un’altra mano. Ora, finalmente, dopo 20 anni sono venuti fuori contesti importanti”. Lo ha detto il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia intervenuto a un dibattito organizzato in occasione delle commemorazioni della strage di via D’Amelio in cui fu ucciso il giudice Paolo Borsellino, a Villa Filippina. ”Si stanno concretizzando delle novità – ha aggiunto – e probabilmente si arriverà a un risultato investigativo che darà vita a dei processi”.

”Dalle indagini viene fuori che la verità non era quella che era apparsa e che ci furono assassini garantiti da uomini della mafia e delle istituzioni”, ha aggiunto Ingroia. ”Quello di cui oggi parliamo – ha proseguito – ce lo stanno raccontando personaggi come Massimo Ciancimino, testimone privilegiato perché vicino al padre, ma anche uomini delle istituzioni”.
”Quello che è agghiacciante – ha proseguito Ingroia - è che mentre c’era la mattanza mafiosa, gli uomini dello Stato trattavano con gli assassini e non a titolo personale”.

 STATUE RIPARATE. Sono tornate al loro posto le statue in gesso dei giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone danneggiate venerdì mattina. Lo scultore che le aveva realizzate, Tommaso Domina, le ha aggiustate e reinstallate. Il danneggiamento, commentato con sdegno anche dal Capo dello Stato, ha suscitato l'indignazione di politici e società civile. Sulla vicenda sono in corso indagini dei carabinieri che stanno cercando di risalire ai responsabili del gesto. Le statue erano state posizionate in via Libertà, su una panchina del marciapiede, a pochi passi da Piazza Politeama. Sotto la scritta "Giovanni e Paolo, due uomini liberi con le loro idee, nel sole, nell'allegria, nell'amicizia, fra la loro gente".

TRAPANI. Lunedì 19 luglio, alle ore 11.00, in piazza Falcone e Borsellino, a Trapani, sarà osservato un minuto di raccoglimento in memoria del magistrato ucciso e di tutte le vittime della mafia. L’iniziativa è stata organizzata da Nicola Lentini, presidente provinciale di Giovane Italia, il movimento giovanile del Pdl. “E’ importante, per noi – spiega – dare segno del ricordo di un uomo che ha segnato la storia della nostra regione lasciando lezioni di forza e di grande coraggio e fare in modo che il suo sacrificio non sia stato vano”. “È nostro dovere di cittadini ed abitanti di questa terra – dichiara l’onorevole Livio Marrocco, vice presidente della commissione regionale antimafia - mantenere vivo il ricordo di uomini valorosi e soldati della giustizia che, dopo aver dato corpo ed anima per la lotta a tutto ciò che di male ci può essere nella società, hanno persino sacrificato la loro vita per amore della giustizia e per lasciare ai posteri una strada sulla quale percorrere la via della legalità”. “Anche a distanza di tanti anni - commenta il presidente del consiglio provinciale Peppe Poma - non è possibile cancellare il sentimento di dolore, che colpisce profondamente la nostra anima, per l’ignobile e gravissimo atto di assurda e ingiustificabile ferocia criminale che ha così crudelmente spezzato la vita di un esemplare uomo e magistrato ma anche di cinque giovani ed eroici esponenti delle Forze di Polizia nonché delle loro famiglie”. “Il consiglio provinciale - conclude Poma - sente altresì il dovere di esprimere tutto il possibile calore umano, la più totale solidarietà ed il pieno sostegno istituzionale a tutte le Forze dell’Ordine ed a tutti i magistrati che difendono, pur tra mille difficoltà e sacrifici, i più importanti valori della nostra società”.