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11/07/2010 04:00:00

Marsala, arrestati i fiancheggiatori del boss Francesco De Vita

Il provvedimento prevede :


La custodia cautelare in carcere per :
1.Vincenzo Apelle , nato e residente a Marsala il 26.06.1978, autista comunale scuolabus;
2.Davide La Mantia , nato e residente a Marsala il 29.06.1980;
3.Vincenzo Fabio Licari , nato a Marsala il 21.10.1975, gestore bar.


La sottoposizione all’obbligo di dimora per :

Tiziana Parrinello , nata e residente a Marsala l’11.07.1975, assistente comunale scuolabus.


Contestualmente i Militari della Compagnia Carabinieri di Castelvetrano hanno eseguito il medesimo provvedimento restrittivo nei confronti di altri 2 soggetti:
La custodia cautelare presso il domicilio per:
Domenico Francesco Accardi , nato e residente a Marsala il 16.07.1969.


La sottoposizione al divieto di soggiorno per:
Angelo Aiello, nato e residente a Marsala il 26.07.1973, commerciante all’ingrosso di pesce.


Tutti i sopracitati soggetti sono ritenuti responsabili per avere, in concorso tra loro e con altri soggetti sia noti (quali Tommaso Platano, Nicola Toro,  Lucia e Matteo Ventimiglia, e Carmela Impiccichè), che allo stato ignoti, al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa,  aiutato Francesco De Vita -nato a Marsala l’8 aprile 1954, latitante da 9 anni, e condannato con sentenza definitiva alla pena dell’ergastolo (ordine di esecuzione n. 305/2000 R.E.S. e n. 269/2000 R.O.E. del 15.6.2000 emesso dalla Procura Generale di Palermo) per i reati di omicidio e di partecipazione all’associazione mafiosa, a sottrarsi all’esecuzione della pena.


In particolare :
Tiziana Parrinello, ha accolto, presso la propria abitazione di Marsala in contrada Ciancio nr. 504/b, Francesco De Vita che è rimasto ospite dall’aprile al 16 giugno 2009; facendo fronte alle sue primarie necessità; assicurandogli i collegamenti con i suoi fiancheggiatori (come Tommaso Platano);


Vincenzo Fabio Licari e Davide La Mantia, ha messo a disposizione di Francesco De Vita un’abitazione sita a Marsala in c.da Cardilla nr. 345, per svolgere riservati incontri con i suoi fiancheggiatori; ha predisposto quanto necessario per la realizzazione e l’organizzazione di tali stessi incontri; ha assicurato i collegamenti fra il ricercato, i suoi uomini;


Vincenzo Apelli, ha svolto le mansioni sia di staffetta che di autista del latitante, durante i suoi spostamenti per gli incontri con i suoi fiancheggiatori;


Angelo Aniello, ha accompagnato reiteratamente e riservatamente Caterina Titone, moglie Francesco De Vita, agli incontri con il coniuge latitante; ha assicurato i collegamenti fra il ricercato, i suoi familiari e i suoi fiancheggiatori;

Domenico Accardi, ha accompagnato assiduamente la coniuge e altri parenti di De Vita, agli incontri con il latitante, e ha assicurato i collegamenti fra il ricercato, i suoi familiari e i suoi fiancheggiatori (quali Angelo Aiello, Nicola Toro, Lucia e Matteo Ventimiglia e Carmela Impiccichè).

Le indagini hanno riguardato l’individuazione dei favoreggiatori del “capo decina” della famiglia mafiosa di Marsala Francesco De Vita, già latitante da circa 9 anni, condannato definitivamente all’ergastolo per i gravi delitti di omicidio e di partecipazione all’associazione mafiosa (cioè la famiglia di Marsala delmandamento di Mazara del Vallo), tratto in arresto il 2 dicembre 2009, dai Carabinieri della Compagnia di Castelvetrano.
All’atto dell’arresto quello stesso 2 dicembre venivano tratti in arresto in flagranza di reato i coniugi Nicola Toro e Lucia Ventimiglia e i coniugi Matteo Ventimiglia e Carmela Impiccichè, cioè coloro che, proprietari della villa di contrada Ventrischi, avevano offerto ospitalità al ricercato.
Ma queste famiglie non esauriscono la schiera dei protettori del latitante.
Parallelamente all’arresto di De Vita era stata avviata una meticolosa attività di indagine con il coordinamento della DDA, da un lato, dai Carabinieri (il Comando provinciale di Trapani e  la Compagnia di Castelvetrano) e dall’altro, dalla Polizia di Stato (la Squadra Mobile di Trapani e il Commissariato PS di Marsala), che ha consentito di delineare l’esistenza di una organizzata rete di fiancheggiatori posta a sostegno della latitanza di De Vita ben più ampia rispetto alle due coppie di coniugi già arrestati in flagranza di reato in contrada Ventrischi.
Il complesso delle intercettazioni svolte sulla catena di favoreggiatori durante le indagini finalizzate alla cattura del latitante è stato successivamente riscontrato dalle dichiarazioni rese da PLATANO Tommaso Platano, tratto in arresto dalla Polizia il 27 agosto 2009 a Marsala, insieme ad altre persone in flagranza del reato in merito ad una coltivazione di cannabis indica. Platano, interrogato dopo l’arresto, ammetteva di essersi occupato unitamente ad altri soggetti della latitanza di De Vita.
Si è così accertato che De Vita, per un periodo di circa 45 giorni, e cioè dalla fine del mese di aprile alla metà di quello di giugno del 2009, era stato ospitato da Platano presso l’abitazione di una coppia di suoi amici e cioè Martino Gandolfo e Tiziana Parrinello (con la quale il Platano intratteneva una relazione sentimentale extraconiugale, motivo per il quale ha omesso il coinvilgimento).
Per tutta la durata di tale soggiorno il latitante i vari sostenitori della latitanza lo indicavano convenzionalmente nel corso delle loro conversazioni come “il coniglio” o “zu ciccio”. 
Il soggiorno era avvenuto in seguito ad una precisa sollecitazione da parte di Vincenzo De Vita, figlio del ricercato, il quale aveva ottenuto la disponibilità dal Platano con la promessa di una ricompensa in denaro.
Nel periodo in cui il latitante era stato suo ospite, Platano lo aveva accompagnato a taluni appuntamenti. In particolare, in due occasioni si era limitato a lasciarlo, per poi riprenderlo, nei pressi di c.da Fiumara Sant’Onofrio.
Invece, in una diversa circostanza, il PLATANO, coadiuvato dal proprio consapevole cognato Vincenzo Apelle lo aveva condotto presso un’immobile, ubicato nelle vicinanze della sua abitazione, ove vi erano ad attenderli FabioLicari (che aveva la disponibilità dell’edificio) e Davide La Mantia.
Di converso, durante la permanenza nell’abitazione del Platano, Francesco De Vita aveva ricevuto una sola visita, quella della propria moglie.
La donna, infatti era stata accompagnata, per una parte del tragitto,  da Angelo Aiello, per poi proseguire il percorso a bordo dell’autovettura del Platano.
Anzi, allo stesso Aiello, il Platano, in un’altra circostanza, aveva consegnato un pizzino del latitante.
Vincenzo Fabio Licari era già stato indicato, dal collaboratore di giustizia Mariano Concetto, come uomo di fiducia di Andrea Mangiaracina(ex capo del mandamento di Mazara del Vallo, già latitante) dal quale ultimo era stato incaricato di curare i rapporti fra quest’ultima cosca e quella di Marsala, provvedendo altresì alla gestione della latitanza sia dello stesso Mangiaracina che di altri capi mafia, tra cui Giovanni Indelicato, Davide Riserbato, Natale Bonafede ed i fratelli Amato.
In effetti, proprio per il suo coinvolgimento nella latitanza di boss del calibro di Mangiaracina Andrea e Bonafede (arrestati il 31.01.2003), l’odierno indagato veniva tratto in arresto in esecuzione dell’ordinanza custodiale nr. 2479/02 RGNR DDA/ 5686/05 RG GIP emessa dal Tribunale di Palermo il 03.05.2007 (c.d. Operazione Blackout) 
Elementi emblematici circa il coinvolgimento del Licari, del La Mantia e dell’Apelle promanano dalle acquisizioni investigative relative alla domenica 24.05.2009, non solo pienamente corrispondenti, in ogni minimo particolare, al racconto del Platano circa l’incontro dei tre indagati con De Vita in c.da Cardilla, ma addirittura  maggiormente illuminanti circa l’esatto significato degli accadimenti. 
Invero, la lettura congiunta delle diverse fonti di prova -le dichiarazioni del Platano da un lato, e le intercettazioni corroborate da servizi di osservazione dall’altro-, consentono di affermare che in quell’occasione gli odierni indagati si erano prodigati  per fare incontrare il latitante De Vita con altri esponenti della cosca mafiosa .
Va ora detto che grazie all’attenta analisi delle conversazioni è stato possibile stabilire con esattezza il luogo in cui si è realizzato il suddetto incontro, che si identifica in  una vecchia abitazione sita nella c.da Cardilla nr. 345, ove   risulta anagraficamente residente Giuseppe  Capizzo, nato a Marsala il 27.01.1946, nonno del Licari.
In effetti, tale edificio è nella disponibilità del Licari, così come detto dal Platano
Invero, nella conversazione sopra analizzata (progressivo nr. 48), gli interlocutori, osservando il luogo in cui si erano soffermati per lasciare il Coniglio in vista dell’appuntamento, ricordavano che quella proprietà apparteneva al nonno di Vincenzo Fabio Licari. 
Quanto ad Angelo Aiello, è certamente un altro fiancheggiatore di Francesco De Vita. Anzi, deve ritenersi che sia uno degli stabili favoreggiatori posto che tale suo ruolo è emerso, non solo per il periodo di tempo di cui ha riferito Platano ( e cioè aprile- giugno 2009),  ma anche nelle fasi immediatamente antecedenti alla cattura del De Vita del 2 dicembre 2009, così come documentato, stavolta, dalle parallele indagini svolte dai Carabinieri.
Le indagini tecniche svolte dalla Squadra Mobile di Trapani, invece e a loro volta,  comprovavano l’inserimento dell’Aiello nell’entourage addetto alla tutela del latitante. 
Ancora più significative, in sé e quali riscontri alle dichiarazioni del Platano, appaiono le risultanze acquisite dai Carabinieri  in occasione della cattura del latitante (cfr. nota della Compagnia di Castelvetrano del 16 dicembre 2009) da cui si comprende che, anche in quei frangenti, l’Aiello, esattamente come riferito dal Platano,  svolgeva le mansioni di autista della moglie di De Vita.
E, proprio in tali delicati momenti, emergeva altresì, come ultimo anello di collegamento tra il latitante e il mondo esterno,  la figura di Domenico Accardi, (zio paterno di SaraAccardi, a sua volta fidanzata con Emanuele De Vita, figlio del latitante).