Proprio ieri, Pignatone ha ricevuto una lettera di minacce corredata da un proiettile calibro 7,65, ma sono mesi che la sua scorta è in massima allerta. Il Procuratore ironizza su questo ennesimo segnale di sfida – non per niente è siciliano – ma vive con amarezza il trauma che ogni episodio del genere rappresenta per la sua famiglia (che, infatti, non ha voluto con sé a Reggio Calabria).
Processi ordinari e processi di mafia. Corsie differenziate dalle procedure, ma in qualche modo collegate...
Solo una parola sull'"ordinario": il legislatore ha scelto di privilegiare la privacy rendendo molto difficili le intercettazioni per tanti reati comuni. Non discuto la scelta, pienamente legittima. Però ha almeno due conseguenze: tantissimi reati resteranno senza colpevoli perché viene depotenziato uno strumento d'indagine efficacissimo, quando non indispensabile; inoltre, si perderanno alcune possibilità di indagare sulle cosche, perché un reato può solo sembrare comune: un'estorsione o una rapina possono essere l'iniziativa di balordi o espressione di un racket. Sarebbe bene poterlo appurare.
E sui processi di mafia?
Il testo è stato migliorato, per esempio si è tornati al presupposto dei «gravi indizi di reato» abbandonando quello degli «evidenti indizi di colpevolezza». Ma ci sono ancora ostacoli da rimuovere, pena l'inefficacia della nostra azione. Innanzitutto il meccanismo farraginoso e in prospettiva paralizzante dell'autorizzazione da richiedere al Tribunale del Distretto in composizione collegiale. Per certi versi è incomprensibile, per altri inutile e dannoso.
Perché?
La legge vuole che a corredo di una richiesta di intercettazione vengano inviati al collegio «tutti gli atti di indagine» fino ad allora compiuti. Provi a immaginare: se a Milano o a Reggio tutto accade in un Palazzo, decine di Procure medie e piccole dovranno collazionare migliaia di fogli e spostarli per centinaia di chilometri. Con che conseguenze? Quintali di carte, che non riguarderanno solo le posizioni del soggetto da intercettare ma l'intera inchiesta, andranno a intasare uffici già poco presidiati e poco efficienti; enormi rischi di fuga di notizie, di confusione, di errori che causeranno successive nullità. E se questa iperproduzione cartacea non è fine a se stessa, il collegio dovrà leggere decine di faldoni per autorizzare o meno la richiesta. Settimane e settimane perse.
E non è tutto, perché l'inchiesta su una 'ndrina con decine di indagati può comportare centinaia di richieste di autorizzazioni. Il che creerà problemi gravissimi a valle, perché nei piccoli e medi uffici sempre a corto di magistrati, dove già oggi si fatica a comporre un collegio, l'intreccio delle incompatibilità diventerà esiziale: chi formerà il Tribunale che dovrebbe poi emettere la sentenza? E cosa succederà nei periodi feriali, quando ci sono pochissimi colleghi? Mi chiedo, infine, perché nel rito abbreviato un singolo giudice può comminare un ergastolo e per autorizzare una cimice ci vogliono tre colleghi...
Altri punti critici della legge?
Ci sono alcune parti, forse solo mal scritte, che potrebbero avere conseguenze negative: la prima è quella che permetterebbe a un imputato di liberarsi di un Pm sgradito solo denunciandolo per rivelazioni sull'inchiesta: magari la denuncia finisce in nulla, ma basta per rimuoverlo; questo varrebbe anche per il Procuratore capo che - pur essendo il solo delegato a comunicare sulle inchieste - viene "punito" rimuovendo il sostituto. Ho molti dubbi sul fatto che ciò sia legittimo. Infine (art. 34), sembrerebbe che in tutti i processi in corso «le attività già autorizzate non possano ulteriormente proseguire» oltre quel termine dei 75 giorni previsto dalla legge. Nessun processo escluso, nemmeno quelli di mafia. Ma deve trattarsi di una svista...
Lionello Mancini