L'impianto custodiva la “cassa” della «famiglia» mafiosa, gli uffici sono stati usati per riunioni segrete della cosca. E’ stato il Tribunale delle misure di prevenzione di Trapani a sequestrare dai fratelli Agate, Mariano e Giovan Battista, le quote dell'impresa (5 mila per ciascuno, complessivamente 206 mila euro il valore delle 10 mila quote) affidandole ad un amministratore giudiziario. A questo punto la totalità dell'impresa di produzione di calcestruzzo è gestita dallo Stato, che già aveva le quote (mille, per circa 51 mila euro) appartenute all'altro socio, Nino Cuttone. La Calcestruzzi Mazara si avvia verso la confisca. Il provvedimento del Tribunale di Trapani è dello scorso 2 marzo, ad eseguirlo sono stati gli agenti della sezione trapanese della Dia, la direzione investigativa antimafia.
I destinatari del provvedimento sono i fratelli Mariano e Giovan Battista Agate, 71 e 68 anni, tutti e due, annotano i giudici delle misure di prevenzione, «sono pienamente inseriti nella cosca mafiosa mazarese, ricoprendo un ruolo di vertice».
Prima dell'odierna richiesta di sequestro ce ne erano state altre, una risalente al 1984 (proposta dalla Procura di Marsala), ma allora i giudici del Tribunale quasi sostennero che su Mariano Agate non c'erano prove certe sulla sua pericolosità. Nel 1995 fu avanzata nuova richiesta di sequestro della Calcestruzzi Mazara, ma allora non andò avanti, osservano gli odierni giudici, per una anomala conduzione della relativa perizia. L'ultimo provvedimento è stato accolto invece sulla base di prove ritenuti schiaccianti sull'uso di capitali e sulla relativa provenienza di questi soldi («capitali illeciti») nonché per avere accertato che la società, come bilancio e come sede logistica, è stata usata «per il perseguimento di fini delittuosi».