Il giudice deve valutare la richiesta presentata dagli operatori di Novara, Ivrea, Gaglianico (Biella), Trino Vercellese e Monza, ma il verdetto sarà importante per tutti i settemila dipendenti del gruppo (12 call center in undici città italiane, tra cui Trapani, più due sedi estere), senza stipendio da cinque mesi, senza alcun ammortizzatore sociale e soprattutto senza alcuna notizia sul proprio futuro. L'assurdo della vicenda Phonemedia è che la proprietà non ha chiesto lo stato di crisi, non ha attivato procedure di mobilità o licenziamenti, ha respinto - contestandone la giusta causa - le lettere di chi si dimetteva per poter ottenere l'indennità di disoccupazione, lasciando i lavoratori anche nell'impossibilità di chiedere alle banche il rinvio delle rate del mutuo, in quanto formalmente "occupati".
Il verdetto di oggi è atteso da tutti come un segnale importante anche in vista dell'incontro in programma a Palazzo Chigi domani martedì 23.
La sentenza di Novara è molto attesa anche dagli operatori delle controllate meridionali di Phonemedia, aziende che hanno beneficiato di decine di milioni di incentivi pubblici per stabilizzare i lavoratori e per la loro formazione. E qui la fretta ha anche altre ragioni. Sia a Bari che a Trapani, nel periodo in cui i call center si sono fermati, ne sono stati attivati poco lontano di nuovi che puntano ad acquisire la clientela ex Phonemedia. Chi c'è dietro queste nuove aziende? "Non si sa - spiegano i lavoratori in lotta - , quello che è certo è che in entrambi i casi gli amministratori unici sono gli ex manager dei nostri call center".
E' così che riparte il meccanismo diabolico della precarietà. Entri in un call center con contratto a progetto, poi passi a tempo determinato e dopo due anni a tempo indeterminato. Quando l'azienda chiude, anche in casi misteriosi come la vicenda Phonemedia, o sali sulle barricate o vai in un nuovo call center, che magari ha chiesto a sua volta fondi pubblici, dove ricominci dal contratto a progetto. "E' anche di questo che si dovrebbero occupare il governo - dice Concetta, operatrice del call center di Trapani -, ma intanto aspettiamo un commissario straordinario per salvare i posti di lavoro, perché qui c'è gente che muore di fame".
Le altre domande i settemila fantasmi di Phonemedia-Omega vorrebbero farle alla magistratura. Vorrebbero sapere dove sono i soldi fatturati negli ultimi mesi dalla clientela illustre dei call center (da Telecom a Enel, da H3g ad Avon, da Fastweb a Sky eccetera), visto che non sono andati agli stipendi; che fine hanno fatto le quote di Tfr destinate ai fondi privati e le somme trattenute dall'azienda per il sindacato e fino a quando sono stati versati i contributi all'Inps. Soprattutto, vorrebbero sapere una cosa: a chi appartiene veramente il gruppo Omega? A loro servirebbe per avviare magari una class action, ma a chiederselo per primo - dicono le "cuffie in agitazione" - dovrebbe essere il governo, visto che nell'operazione Phonemedia alla fine sarà probabilmente lo stato ad accollarsi i costi della rovina.