A distanza di nove mesi ieri mattina per Cosimo Giuseppe Scalabrino, muratore di 53 anni originario di Erice (Trapani) arrestato subito dopo ai fatti, è arrivata per rito abbreviato una condanna a cinque anni di carcere. Del resto lui stesso all’indomani dei fatti aveva confessato ogni cosa (e che altro poteva fare?). Ma aveva detto che era stato il suo rivale ad averlo affrontato per primo. E che comunque la sua intenzione non era quella di uccidere. La magistratura non l’ha evidentemente intesa allo stesso modo. Del resto giusto un paio di metri appena separavano la canna della pistola di Scalabrino dal corpo di Kairi Kadrawy - 22enne tunisino irregolare - quando verso le 19.50 di quel venerdì il muratore trapanese stava facendo fuoco. Il tunisino se l’era cavata con un’operazione chirurgica che gli aveva evitato il peggio.
L’arma - una Browning 7.65 con la matricola abrasa - era stata ritrovata la mattina dopo nei pressi dello stadio di Lido Adriano, in un fossato di viale Manzoni, non lontano dal domicilio del siciliano. I carabinieri, dopo averla cercata tutta la notte, l’avevano recuperata tra l’erba alta. Scalabrino aveva poi detto al pm titolare del fascicolo Gianluca Chiapponi di averla comperata clandestinamente da un albanese, senza però fornire il nome dell’uomo.
Il trapanese - con precedenti per detenzione di armi, droga, lesioni e ricettazione - aveva agito, come da lui stesso ammesso, in seguito a un diverbio innescatosi per gelosia nei confronti di una sua ex amante, una ragazza napoletana di 23 anni che negli ultimi tempi stava con il tunisino.
Una prima volta il 53enne aveva incrociato il rivale nel bar. Dopo una breve discussione, era andato via, forse a casa, per tornare poco dopo armato. L’extracomunitario non si era tirato indietro: anzi, con coraggio e incoscienza aveva affrontato l’altro a mani nude beccandosi i colpi all’altezza del ventre. Alla scena avevano assistito un paio di testimoni. Tutto era stato registrato dalle telecamere del locale. L’uomo era quindi fuggito su un furgone ed era stato rintracciato un paio d’ore dopo in centro a Ravenna nell’abitazione della sorella.
Elementi sciaccianti quelli raccolti dall’Arma in una notte, elementi di fronte ai quali il pm Chiapponi aveva chiesto un giudizio immediato, rito speciale caratterizzato dalla mancanza dell’udienza preliminare che viene disposto quando la prova è evidente. In seguito la difesa (avvocato Alessandro Cristofori) aveva chiesto l’abbreviato, giudizio che come tale consente lo sconto di un terzo della pena.