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Il piano casa rischia di trasformarsi nello “ennesimo bluff politico che, gattopardescamente, lascerà immobile l’economia siciliana”. Sul banco degli imputati, secondo la Cisl intervenuta con una dura presa di posizione, l’articolo sei del disegno di legge regionale, “neppure sfiorato – scrive il sindacato – dalla pletora di emendamenti fioccati in questi giorni, da ogni parte”. Ne viene fuori, rimarca la Cisl, “l’immagine
medievale di una politica autoreferenziale, che usa per sé stessa uno strumento normativo che abbiamo insistentemente chiesto – spiega Maurizio Bernava, segretario generale - perché capace, rapidamente, di alimentare sviluppo e creare lavoro grazie, esclusivamente, ai soldi dei privati”.
L’articolo al centro della denuncia della Cisl, subordina il via ai lavori, anche nel caso di meri ampliamenti, al rilascio della concessione edilizia. Diversamente, nota il sindacato, da quanto fatto in tutte le altre regioni che il piano casa ce l’hanno già: “dal Lazio alla Lombardia alla Toscana all’Abruzzo, all’Umbria e alla Basilicata, per citarne alcune”.
Qui, scrive la Cisl, la soluzione scelta per l’ok ai lavori, “mettendo assieme rispetto del territorio e celerità dell’intervento”, è stata la cosiddetta Dia, la dichiarazione di inizio attività, che affida al direttore tecnico la responsabilità iniziale; consente al privato di partire con l’investimento. E lascia al comune l’esercizio dei controlli. Per contro, rileva la Cisl, “la strada del rilascio della concessione edilizia, imboccata dal ddl e non rimessa in discussione da alcuno in questi giorni, innesca una procedura complessa e burocratica che abbisogna di anni per l’espletamento”.
Apre un iter farraginoso che, “per un verso annuncia già il fallimento dell’operazione piano-casa alla luce dell’urgenza necessaria alle politiche anticrisi. Per altro verso si giustifica solo con quanto si legge più avanti nello stesso articolo sei”: cioè, che per l’espletamento di tutti gli adempimenti, “i comuni possono procedere alla stipula di contratti di lavoro autonomo”.
Insomma, sorge il sospetto, punta il dito la Cisl, che si voglia solo montare una “manovra clientelare ed elettorale” in una regione in cui il tasso di occupazione è al 43%, quello di disoccupazione supera il 13%; l’economia è ferma e l’edilizia al palo anche sul versante delle opere pubbliche che hanno visto il crollo degli importi per bandi di gara. Ma il piano-casa, afferma Bernava, ha senso solo per la spinta immediata che può dare all’economia, riaccendendone il motore. Se invece si preferisce l’ipotesi gattopardesca della concessione, che campeggia nell’articolo sei del ddl, “il piano si svuota di senso e nei fatti diventa uno strumento inutile”.
Estensione del piano casa al patrimonio edilizio pubblico: scuole, case popolari o uffici pubblici; tutela della fascia costiera escludendo interventi entro i 1000 metri dalla costa; recupero di ambiti degradati urbani anche attraverso l'intervento diretto dei comuni. Sono alcune delle principali proposte del Pd contenute nel pacchetto di emendamenti al piano casa presentato all'Ars.
In particolare si prevedono interventi sul patrimonio edilizio pubblico: riqualificazione di tutto il patrimonio edilizio di proprietà pubblica finalizzata al recupero di effettive carenze funzionali e strutturali, al miglioramento dell'efficienza energetica e all'utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili mediante anche l'adozione delle tecniche costruttive della bioedilizia, del miglioramento della qualità architettonica.
Per la tutela della fascia costiera il Pd propone l'esclusione degli interventi entro i 1.000 metri dalla costa e sulla responsabilità sociale del diritto di proprietà privata la riqualificazione di ambiti urbani degradati e/o fatiscenti con la possibilità per il comune, in caso di inerzia dei privati, di intervenire in via sostitutiva attraverso singoli progetti di recupero destinati a finalità pubblica e sociale nonché anche di residenzialità sociale.