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15/01/2010 11:59:48

La Cassazione mette la parola fine al processo Mannino

La quarta sezione penale della Corte di cassazione ha giudicato inammissibile il ricorso della procura generale di Palermo contro la sentenza d'appello che il 22 ottobre 2008 lo aveva assolto. "Hanno portato via un pezzo della mia vita - ha commentato a caldo Mannino - Non ho da recriminare ma da far constatare, affinché ingiustizia non si ripeta, e soprattutto perché, stabilita la verità, si rifletta su quanto accaduto e si guardi alla storia della Sicilia in modo diverso. Ne parleremo a tempo debito". Nelle motivazioni della sentenza di secondo grado, il politico era stato assolto perché "non erano state acquisite prove certe né concretamente apprezzabili sul presunto sostegno politico-elettorale che Cosa Nostra avrebbe assicurato all'imputato negli anni '80''. Nella sentenza di allora, inoltre, erano state considerate insussistenti anche le prove che riguardavano presunti rapporti dell'ex ministro - al tempo in cui era assessore regionale alle Finanze - nei confronti dei cugini Nino e Ignazio Salvo, gli esattori di Salemi condannati per mafia. Il primo fu ucciso dagli uomini di Totò Riina, l'altro morì a causa di una malattia. L'indagine su Mannino comincia nel '93, poco dopo l'arrivo di Giancarlo Caselli alla procura di Palermo. Il 24 febbraio '94 gli fu notificato un avviso di garanzia. L'arresto risale al 13 febbraio '95. Mannino rimarra' nel carcere di Rebibbia fino al 15 novembre, quando sarà scarcerato perché malato e dimagrito - aveva perso 33 chili - e posto ai domiciliari fino al 3 gennaio '97. Il processo di primo grado duro' sei anni - 300 le udienze, 25 i pentiti e 400 i testimoni citati (dei quali 250 dall'accusa) e il 5 luglio 2001 portò all'assoluzione di Mannino. In appello, nel maggio 2004, fu condannato a 5 anni e 4 mesi. Nel 2005 la Cassazione dispose un nuovo processo che lo mandò assolto. Questa mattina il sostituto procuratore della Cassazione, Mauro Iacoviello, si era pronunciato per il rigetto del ricorso della Procura sposando le tesi contenute nella sentenza d'appello. Mannino era stato già assolto nel processo su tangentopoli e nei suoi confronti resta solo un procedimento della procura di Marsala su una presunta sofisticazione vinicola operata nell'azienda agricola di Pantelleria di cui è titolare. La procura di Palermo accusava Mannino di aver stretto un patto elettorale, per garantirsi i voti, prima con la mafia di Agrigento - l'ex ministro è originario di Sciacca -, nell'81, e poi di Palermo. L'intesa sarebbe durata fino al '92. A veicolare questi rapporti, sempre secondo l'accusa, erano stati Tony Vella e Gioacchino Pennino, quest'ultimo diventato collaboratore di giustizia.

 

 

L'indagine per mafia nei confronti dell'ex ministro Calogero Mannino, che si è concluso oggi con l'assoluzione definitiva da parte della Cassazione, ha avuto una durata record: quasi 17 anni e cinque processi. La vicenda giudiziaria inizia il 24 febbraio del 1994, quando gli viene notificato dalla Procura di Palermo, retta da Giancarlo Caselli, un avviso di garanzia per concorso in associazione mafiosa. Il 13 febbraio del 1995 Mannino viene arrestato, su ordine del gip di Palermo, Alfredo Montalto. Rinchiuso nel carcere romano di Rebibbia, l'ex ministro resta in cella per dieci mesi. Sarà scarcerato il 15 novembre del '95 a causa del suo grave stato di salute, dopo avere perso oltre trenta chili, e posto agli arresti domiciliari per altri 14 mesi. Il processo di primo grado si apre il 28 novembre del 1995. Dopo un dibattimento lunghissimo, con 300 udienze, 25 pentiti e 400 testimoni citati (dei quali 250 dall'accusa) l'ex ministro viene assolto il 5 luglio del 2001. Una sentenza ribaltata in appello: l'11 maggio del 2004 Mannino viene condannato a cinque anni e quattro mesi. Il 12 luglio del 2005 la Cassazione a Sezioni unite annulla la decisione e ordina un nuovo processo, dal quale l'ex ministro Dc, eletto nuovamente in Parlamento nelle file dell'Udc, viene assolto per la seconda volta alla fine del 2008. Un verdetto divenuto oggi irrevocabile con la decisione della Cassazione.