È l'accusa mossa all'ex sindaco Eugenio Galfano da quattro pm della Dda (Alfredo Morvillo, Gaetano Paci, Massimo Russo, ora assessore regionale alla Sanità, e Roberto Piscitello, capo di gabinetto vicario del ministro della Giustizia) che hanno citato l'ex primo cittadino in giudizio civile chiedendo un milione a titolo di risarcimento danni. Oggi, al Tribunale di Caltanissetta, è in programma la prima udienza.
Secondo i quattro pm, Galfano avrebbe millantato quelle confidenze - che un'inchiesta della Procura nissena dimostrò non esserci mai state - al fine di apparire come «portatore di segreti giudiziari e longa manus della magistratura nell'ambito della comunità». Con lo scopo di sfruttare la situazione venutasi a creare dopo l'arresto dell'ex ingegnere capo del Comune Rosario Esposto per ribaltare gli equilibri politici in seno al Consiglio, provocando le dimissioni dell'assemblea cittadina, ma rimanendo in carica come sindaco. E ciò mettendo in giro voci su nuovi ed imminenti avvisi di garanzia diretti a politici del centrodestra. Una strategia che diede i suoi frutti il 16 novembre 2005, quando con le dimissioni di 16 consiglieri l'assemblea cittadina fu dichiarata decaduta. L'ex sindaco iniziò a diffondere la notizia delle presunte confidenze ricevute subito dopo l'incontro con i magistrati (2 novembre), chiesto per complimentarsi per l'esito dell'indagine. Galfano, però, in quel periodo era intercettato dalla Finanza della Procura di Marsala, che indagava sulla vicenda del maxi-centro commerciale che la società Ulisse intendeva realizzare ad Amabilina. Dopo l'incontro con i pm della Dda, la prima telefonata fu per l'on. Camillo Oddo. ''Loro (i magistrati, ndr) - afferma Galfano - dicono che l'optimum è che resti l'amministrazione e se ne vada a casa il Consiglio''. Poi, chiama il sen. Nino Papania e aggiunge: «Mi hanno lasciato capire che a breve partiranno altri avvisi di garanzia». A smentirlo, però, è stato, poi, il suo vice Leo Giacalone, presente all'incontro, che dichiarò: «Escludo assolutamente che i magistrati della Dda abbiano fatto alcun riferimento ad ulteriori sviluppi investigativi».
Antonio Pizzo - La Sicilia