«Al “Tarquinia-Cardarelli” – spiega De Vita – non si partecipa. La giuria, formata da nomi di alta professionalità, da veri critici, sceglie ogni anno il nome di un poeta e gli assegna il premio». De Vita riceve il riconoscimento «per la sua poesia, che preserva – recita la motivazione – i tesori di un dialetto nobile, quello d'un lembo della Sicilia occidentale, e mostra i segni di una passione intima e civile; per un'opera che, da decenni, si compone in un grande, ininterrotto poema “a puntate” che, da racconto, si va facendo ineluttabilmente grande romanzo». «La motivazione – precisa lo scrittore – si avvicina molto all'idea che io ho di costruire, nel tempo, una sorta di romanzo autobiografico in versi che comprenda tutta intera la mia vita con le sue vicissitudini».
Nato a Marsala nel 1950, De Vita ha esordito con una raccolta di poesie in lingua: «Fosse Chiti» (1984). Poi ha virato verso il vernacolo, pubblicando una serie di «plaquette» a tiratura limitata e fuori commercio che sono poi confluite in una trilogia edita dall'editrice messinese Mesogea: «Cutusìu» (2001 – con cui nel 2003 vinse la sezione dialettale del Premio Mondello), «Cùntura» (2003) e «Nnòmura» (2005). Sta completando il suo nuovo libro, «Òmini», una raccolta di 22 racconti che dovrebbe uscire l'anno prossimo. «Lavoro – dice – ad un'opera che dovrebbe comporsi di sei libri. I primi tre pubblicati, il quarto è quasi definito; per gli altri due mi occorre ancora tempo, tanto: anni, forse decenni».
Tra i premi vinti da De Vita ci sono anche il «Moravia», il «Napoli» e il «Cattafi». Due sue novelle, «Il cacciatore» e «Il racconto del lombrico», illustrate rispettivamente da Michele Ferri e da Francesca Ghermandi, sono state pubblicate in volume dall'editrice «Orecchio Acerbo» di Roma.