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24/11/2009 05:16:05

Il lavoro, la crisi, i licenziamenti: il caso Midial

 

Nel 2007 l'amministratore unico Filippo Mucaria decide di licenziare ben 117 dipendenti. Motivo: outsourcing, esternalizzazione degli impianti in Tunisia per risparmiare notevolmente sulla manodopera. Per i dipendenti dello stabilimento trapanese Mucaria prevedeva un futuro roseo in quanto, sono parole sue, “le norme prevedono che i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità abbiano la priorità di assunzione nell'ambito delle imprese pubbliche ...” Il 18 giugno 2007 sempre Mucaria chiude ogni ponte con i sindacati ed esclude il ricorso alla cassa integrazione inoltrando una Lettera Aperta nella quale scrive che “Per nostra cultura mentale non possiamo che subire e silenziosamente respingere ogni tentativo di lotta sindacale che passi attraverso la provocazione, la minaccia, l'intimidazione, la persecuzione e l'oltraggio”.

La teoria che vuole la Midial S.p.a. nel ruolo di vittima di dipendenti e sindacati non è stata accolta dal Giudice del Lavoro di Trapani, Dott. Cristiano Baldi, quando lo scorso 27 ottobre, a seguito del ricorso di una ex dipendente della Midial S.p.a., ha disposto il reintegro della stessa nel proprio posto di lavoro.
La Midial S.p.a. dovrà inoltre risarcirle il danno con un'indennità pari a tutte le retribuzioni maturate dalla data del licenziamento a quella della reintegra, maggiorate di interessi legali e rivalutazione monetaria, detratto l’aliunde perceptum (indennità di mobilità). Da notare che la sentenza è arrivata entro due anni dall'inizio del processo: se tutti i riti fossero come quello previsto per le cause del lavoro, in Italia non ci sarebbe bisogno di norme per il processo breve.

La dipendente, Antonina Bensorte, assistita dalla Cisl di Trapani nella fase prodromica nonché dagli avvocati Maria Grazia Passalaqua e Vito Buffa (specializzati in diritto del lavoro) nella fase giudiziaria, non aveva vissuto anni di serenità all'interno della Midial. Come accade spesso nel nostro tessuto industriale, al suo ingresso in azienda, aveva accettato un inquadramento contrattuale sfavorevole pur di accedere alla posizione lavorativa. La Bensorte viene assunta con contratto di apprendistato nel 1993 dalla società “S.p.a. Midial” (società diversa da quella attuale, che tramite diverse fusioni è diventata Midial S.p.a. ed ora Midial Europe s.r.l.). L'apprendistato dura fino al '97, tuttavia il Giudice del lavoro ha stabilito l'invalidità del contratto di apprendistato e la sua conversione in rapporto ordinario di lavoro subordinato. I motivi sono semplici. In primo luogo la Bensorte, nonostante la Midial sostenesse di aver effettuato un periodo di addestramento ad alta professionalità, svolgeva la mansione di ”assemblare in modo manuale i semilavorati e di attaccarli ad un tubo che usciva dal macchinario” . L'incaricato della presunta formazione, sentito come teste, “nulla ricorda della situazione specifica della Bensorte”.

“La verità - scrive il Giudice - è che le mansioni svolte erano talmente ripetitive che la formazione consisteva esclusivamente nel mostrare il lavoro da svolgere in poche ore e, successivamente nel controllare l'operato dell'apprendista, in realtà lavoratore ordinario”. Sempre nel '93 quasi la metà dei dipendenti della Midial era inquadrata con contratto di apprendistato....

Nel 2003 la dipendente si dimette di “sua spontanea volontà”. Il 28 Febbraio 2003 lascia la società Midial, che nel 2000 era diventata “Ofi Biomedia s.p.a” (per poi cambiare ancora nome in Midial s.p.a. ed oggi in Midial Europe s.r.l.). La signora, trova subito occupazione presso una nuova impresa, la Deflair. A farle compagnia trovò anche qualche vecchio collega perchè furono in tanti gli operai che passarono dalla Midial alla Deflair.

“La verità – si legge nella sentenza – è che il Mucaria, vero e proprio “padre padrone” delle diverse società, “suggeriva” ai propri dipendenti di rassegnare le dimissioni per poi essere riassunti presso altra società (anche se vi erano soci diversi  Mucaria era sempre amministratore delegato e/o presidente). Il “suggerire” diventa poi imposizione nel momento in cui il Mucaria prospetta il rischio di un licenziamento.”. In parole povere - secondo quanto leggiamo nella sentenza di primo grado - si è creato un sistema di fusioni aziendale tale da permettere al Mucaria di usufruire di finanziamenti pubblici, vantaggi contributivi, bloccare l'anzianità di servizio dei lavoratori, etc etc. In merito ai “suggerimenti” verso i dipendenti leggiamo nella sentenza che:

“il suggerire diventa imposizione nel momento in cui lo si cala nel contesto di una storico geografico della Sicilia, di una regione dove un posto di lavoro ha un valore inestimabile, di una realtà societaria in cui il Mucaria gestiva a piacimento più società e se diceva ad un dipendente di firmare un foglio, questi firmava”.

La frase riportata vale molto di più di tutti i tavoli tecnici apparecchiati per la crisi. In Sicilia non c'è lavoro, o meglio, non c'è lavoro che non sia seguito dalla parola nero, a termine, a progetto. Ma se trovi un lavoro, se devi mantenere la famiglia, risulta difficile non assecondare il datore di lavoro per tentare di sopravvivere. Se è vero che ogni uomo ha un prezzo, in tempi di crisi si fanno pure gli sconti sulla propria dignità.
 



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