Il convegno “Il futuro del giornalismo” tenutosi a Milano ha lanciato uno sguardo su ciò che concerne i nuovi media, in prima fila l’informazione online. Al convegno è stata presentata la ricerca condotta da AstraRicerche. Lo studio è stato fatto tramite 805 interviste somministrate col metodo CAWI ad un campione rappresentativo di italiani, di età compresa tra i 15 e i 55 anni, regolari accedenti a internet. Gli “internauti regolari”, così viene definito chi abitualmente accede a internet, sono per il 53% uomini, quindi si è pressoché annullato il gap che vedeva fino a qualche tempo fa le donne in netta minoranza per l’utilizzo della rete. Considerando le fasce d’età gli internauti regolari sono per il 53% tra i 35 e 55 anni (di essi il 29% tra 35 e 44 anni e il 24% tra 45 e 55 anni); il restante 47% è composto da giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni (distribuiti in: 20% tra 15 e 24, 27% tra 25 e 34 anni). Quindi viene capovolta anche la credenza che vuole la rete delle reti un mezzo prevalentemente giovanile. Un altro dato importante deriva dalla distribuzione geografica che sembra rispecchiare il consumo della TV degli esordi nella penisola: paradossalmente era più seguita nelle regioni meridionali, col consumo collettivo, rispetto al nord industrializzato. Lo studio condotto dall’AstraRicerche mostra un 27% di distribuzione nell’area nord-ovest; 18% nord-est; 19% centro; 36% al sud. Quanto al titolo di studio il popolo degli internauti è dominato dai diplomati, che rappresentano il 59%, e dai laureati (32%); è poi composto per quasi il 9% da chi ha solo la licenza media e dallo 0,3% da chi possiede solo la licenza elementare. Per concludere il quadro demoscopico degli internauti regolari, sono significativi i dati riguardanti l’occupazione del popolo di internet che vede la supremazia degli impiegati (45%), seguono poi gli studenti/inoccupati (20,4%), dirigenti (13,6%), salariati (10,6%), casalinghe (5,9%), lavoratori autonomi (3,7%) e chiudono i pensionati con lo 0,9%.
Questo è il quadro degli internauti, una popolazione virtuale di 16,2 milioni di adulti. Tra gli internauti occorre fare un’ulteriore distinzione: heavy-users, utilizzano il web dalle 3 alle 7 volte a settimana; light-users, meno di 2 volte a settimana; non-users, quasi mai/mai. Il web è sicuramente il mezzo principe del nuovo millennio e questo ruolo l’ha conquistato grazie alla possibilità di annoverare al suo interno i diversi tipi di comunicazione che, prima del suo avvento, interagivano in maniera marginale. Oggi in internet è possibile incontrare messaggi pubblicitari, ascoltare radio, guardare web-tv, e consultare giornali o blog. Ed è appunto l’informazione non pubblicitaria ad essere trattata con maggior rilievo dagli studiosi della AstraRicerche. I dati che riguardano i media utilizzati dagli internauti per informarsi sono chiari. In media un internauta utilizza il web per informarsi 6,2 volte a settimana mettendo in cima alla classifica la rete. Seguono poi TV nazionali (5,2); radio (4,4); telefono cellulare (3,7); TV locali (3,3); quotidiani locali/regionali (2,9); qutidiani nazionali (2,8); quotidiani specializzati (1,7). Viene da chiedersi: il reperimento di notizie da internet s’è aggiunto alla consultazione dei classici media (stampa e radio-TV) o li ha sostituiti? 5,9 milioni (il 37%) di internauti hanno diminuito la consultazione dei classici mezzi, di questi la maggior parte ha un’età compresa tra i 15 e i 34 anni e il mezzo più penalizzato è il quotidiano cartaceo.
Ma nell’informazione il tema cruciale è sicuramente la qualità, i diversi mezzi di comunicazione hanno caratteristiche diverse, e diversa formazione ha chi vi lavora. L’inchiesta ha trattato pure questo tema chiedendo agli intervistati quali siano per loro le caratteristiche più importanti per un mezzo di comunicazione di massa quando lo si usa per informarsi. Le notizie, per gli utenti dei mass media, devono essere soprattutto serie e affidabili, chiare e comprensibili, sempre aggiornate, indipendenti da qualunque potere. Alcune di queste caratteristiche sembrano essere maggiormente presenti nei medium tradizionali, altre li troviamo nell’informazione online. Questa infatti è molto richiesta per il suo pluralismo, per l’indipendenza e per l’assenza di censure. Mentre i mezzi classici puntano di più sulla qualità che sulla quantità. In base a ciò il 20,7% degli internauti è disposto a pagare su internet per avere quella qualità e quell’approfondimento presente nei mezzi tradizionali. Lo stesso presidente dell’AstraRicerche e relatore dello studio, Enrico Finzi, ha messo in gran risalto la forte domanda sociale di un giornalismo di qualità anche nel web che spesso si presenta con blog corrispondenti ad una sorta di “vox populi virtuale”.
Alla presentazione dello studio erano presenti anche alcuni autorevoli esponenti del giornalismo su carta. Uno di essi era il direttore de La Stampa Mario Calabresi che ha riflettuto soprattutto sul momento di cambiamento in qui vive oggi il giornalismo su carta: ‹‹qualche anno fa ci si chiedeva quale dovesse essere il rapporto tra i mezzi classici e internet, il nuovo mezzo sicuramente non uccide il vecchio anche se i quotidiani perdono lettori. D’altro canto sarebbe un suicidio rincorrere e cercare di emulare l’informazione online. La carta stampata svolge per sua natura alcune funzioni, il web altre. Ma sicuramente, soprattutto in Italia, l’informazione cartacea è talvolta troppo farraginosa, dovrebbe essere più snella››. Infatti il Financial Times ha ridotto il numero di pagine portandolo a 30, a differenza dei quotidiani italiani che arrivano anche a 60/65.
Il caporedattore del Corriere.it, Marco Pratellesi, nota come internet ha colmato il vuoto dell’editoria popolare: ‹‹riesce a coniugare l’alto e il basso››. E sulla possibilità di pagare la professionalità delle informazioni sul web si apre la diatriba. Pratellesi non è d’accordo, chi invece vede questa opzione positivamente è il presidente della FIEG (Federazione Italiana Editori Giornali) Carlo Malinconico: ‹‹è un danno per tutti che la qualità non sia pagata››. E sulla previsione di Philip Mayer, il presidente Malinconico non riesce ad immaginare l’ultimo lettore del New York Times che appallottolerà l’ultima copia. Questa teoria è anche confermata dalla storia dei media nella nostra società: storicamente ogni nuovo mezzo non ha cancellato il vecchio. Così come i quotidiani non hanno ucciso i libri, la radio non ha ucciso i quotidiani, la TV non ha ucciso la radio, il web non ucciderà i suoi, talvolta secolari, genitori.
Francesco Appari