"Il nuovo ddl - spiega il capo del pool antimafia - prevede che la norma non si debba applicare su inchieste di terrorismo e mafia. Pero'. e' bene che si sappia che spesso le notizie di reato le otteniamo da altre indagini, ordinarie, che invece sono incluse nel decreto. Sappiamo perfettamente che i reati di mafia sono stati estromessi dal decreto, ma non basta".
"Inoltre - conclude Messineo - c'e' anche un problema di budget. Noi cerchiamo di contenere i costi, ma se superiamo il budget sono problemi grossi".
14,50 - E' stata la 'via dei pizzini' a tradire il boss mafioso Domenico Raccuglia, arrestato ieri pomeriggio a Calatafimi Segesta dopo una latitanza di quasi 15 anni. Lo conferma ai giornalisti il pm della Dda di Palermo Francesco Del Bene che ha coordinato l'indagine. Da piu' di un anno gli investigatori della sezione Catturandi della Squadra Mobile di Palermo controllavano i 'postini' che portavano i pizzini, cioe' i bigliettini scritti a mano o a macchina, al capomafia. Erano complessivamente 8 le persone seguite dallo scorso inverno e che si muovevano soprattutto tra i Comuni di Altofonte e Camporeale per la consegna dei biglietti.
14,03 - Il boss mafioso Domenico Raccuglia si era appena messo comodamente sul letto a guardare 'Domenica Cinque' e a mangiare un pacco intero di noccioline e di mandorle al momento dell'irruzione degli uomini della Squadra Catturandi della Polizia di Palermo.
Il numero due di Cosa nostra indossava un paio di pantolini neri di cotone pesante, scarpe da ginnastica 'Puma' e un maglione di lana. Accanto al letto gli uomini della Squadra mobile hanno anche trovato un biglietto scritto a macchina con le date delle vacanze scolastiche natalizie, pasquali ed estive. Forse si stava organizzando, in vista del periodo natalizio, a incontrare la sua famiglia, la moglie Maria e due bambini, una femmina di dodici anni e un bambino di quattro anni.
Per due anni di seguito, la moglie, nel periodo estivo, e' riuscita a fare perdere le sue tracce per quasi due mesi, trascorsi, pensano gli investigatori, con il marito latitante. Ma gli inquirenti non hanno mai scoperto dove. Raccuglia, 45 anni, detto anche il 'veterinario', si trovava solo al quarto piano della palazzina di via Cabasino, nel centro storico. La coppia di giovani che lo ospitava, era uscita pochi minuti prima.
13,40 - Il Ministro Alfano ha assicurato che firmerà subito il carcere duro per il capomafia Raccuglia non appena gli arriverà il carteggio. Sono intanto in corso perquisizioni nella palazzina di Calatafimi dove è stato fermato: gli esperti della Polizia scientifica eseguiranno rilievi nelle stanze dell`edificio nel centro storico del piccolo comune di Calatafimi.
13,20 - "Con la cattura del boss Raccuglia è stato inferto un duro colpo alla mafia. Un grande plauso va alle forze dell’ordine, che nonostante le tante difficoltà legate alle carenze di mezzi e fondi, continuano con coraggio e alto senso di responsabilità la loro azione di contrasto a Cosa nostra". Lo ha detto Rita Borsellino, deputato al Parlamento Europeo, in merito all’arresto del boss Domenico Raccuglia.
12,20 - Il boss mafioso Domenico Raccuglia, 45 anni, arrestato ieri pomeriggio dalla Squadra mobile di Palermo dopo una latitanza durata quasi quindici anni, lascera' tra meno di un'ora gli uffici della Questura, dove ha trascorso la notte per essere trasferito al carcere Pagliarelli. Dovrebbe essere il gip del Tribunale di Trapani a convalidare il fermo del boss, bloccato ieri in un appartamento di Calatafimi Segesta, appunto nella provincia di Trapani.
È finita la lunga latitanza di Domenico Raccuglia, spietato boss mafioso di Altofonte (Palermo), a tutti gli effetti il numero due di Cosa Nostra dopo l'altro super latitante, Matteo Messina Denaro. Il boss, arrestato dalla polizia a Calatafimi , figurava nell'elenco dei latitanti più pericolosi. Era ricercato da 15 anni.
LA CATTURA - Quarantacinque anni, detto "il veterinario", è stato trovato dagli agenti della sezione catturandi della mobile di Palermo, al termine di un'operazione che il questore Alessandro Marangoni ha definito «chirurgica». Si nascondeva in un appartamento in periferia di Calatafimi.
La televisione ha tradito il boss che polizia e carabinieri cercavano dal 1996, da quando faceva da carceriere, per ordine di Giovanni Brusca, al figlio tredicenne del pentito Santino Di Matteo. Per giorni quella palazzina di Calatafimi era apparsa disabitata ai poliziotti della Catturandi della squadra mobile di Palermo e ai colleghi del Servizio centrale operativo. Eppure, le indagini portavano tutte lì, in via del Cabbasino 20.
Ieri pomeriggio, poco dopo le 17, i padroni di casa sono entrati e usciti velocemente. Poi, di nuovo tutto buio. Qualche attimo dopo, un televisore si è acceso al quarto piano. Ed è stata la conferma attesa da giorni. Il blitz è scattato mezz'ora dopo, quando da Palermo è arrivato il via libera del procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dei sostituti Roberta Buzzolani e Francesco Del Bene.Al momento dell'irruzione era solo: ha tentato di fuggire dal terrazzo, ma è stato bloccato dai poliziotti che avevano circondato l'edificio. Nell'appartamento, che aveva scelto come covo solo da pochi giorni, sono stati sequestrati due pistole, documenti, pizzini, denaro e materiale che gli inquirenti definiscono «molto importante». Prima di tentare la fuga, Raccuglia ha gettato dalla finestra un sacco pieno di documenti, subito recuperato. Intorno alle 22 il capomafia è arrivato nella questura di Palermo accompagnato da una decina di auto della polizia. Gli agenti che hanno partecipato al blitz sono stati accolti dagli applausi dei ragazzi del comitato antiracket Addiopizzo. Dalle finestre della squadra mobile, gli uomini della catturandi, col volto coperto dal passamontagna, hanno fatto il segno della vittoria.
Ecco l'arrivo a Palermo di Raccuglia, ripreso dalle videocamere del sito www.fascioemartello.it
DELFINO DI BRUSCA - Già "delfino" del boss di San Giuseppe Jato - oggi pentito - Giovanni Brusca, "il veterinario" è stato condannato a tre ergastoli (uno per l'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo), a 20 anni di reclusione per tentato omicidio e ad altre pene per associazione mafiosa. Durante la sua latitanza, nonostante il continuo controllo nei confronti della moglie, Raccuglia è riuscito a diventare padre per la seconda volta. Da tempo era considerato uno degli aspiranti al vertice della mafia palermitana come successore di Totò Riina, essendo il capo incontrastato delle cosche a Partinico, grosso centro fra il capoluogo e Trapani.
IL SUO "CURRICULUM" - Raccuglia era ricercato per una serie di omicidi, associazione mafiosa ed estorsione. Il suo potere ormai si estendeva da Altofonte fino a Partinico passando da San Giuseppe Jato, la cintura che cinge Palermo fra colline e montagne, i vecchi sentieri del bandito Salvatore Giuliano.
Da spietato sicario (ha partecipato all’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo) a manager, Domenico “Mimmo” Raccuglia era anche chiamato “u dutturi”, o il “veterinario”, si dice per la sua capacità di spremere gli imprenditori paragonata al mungere le mucche. Imprendibile. Perché riusciva a passare le vacanze estive della moglie, al ritorno delle quali la donna era spesso gravida. Una beffa ai “cacciatori” che però l’estate scorso non c’è stata. Un indizio che il latitante si sentiva già braccato. Al principio di questa estate, infatti, un blitz dei carabinieri in un monastero l’avrebbe mancato per poco. Vestito da monaco sarebbe sfuggito lungo dei cunicoli sotterranei.
Quarantaquattro anni, Raccuglia è andato a scuola dai Brusca ed era esecutore delle eliminazioni ordinate dalla famiglia: Girolamo Palazzolo (San Giuseppe Jato, ottobre 1994), Francesco Reda (San Giuseppe Jato, 13 agosto 1994), Antonino Cangelosi (Borgetto, 8 aprile 1994), Domenico D’Anna (San Giuseppe Jato, 16 ottobre 1993), Giuseppe Ilardi (Camporeale, 24 gennaio 1991), Vincenzo Miceli (Monreale, 23 gennaio 1990) e Fabio Mazzola (San Cipirello, 5 aprile 1994). Ha partecipato al sequestro e l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo. Ha fatto fuori Giovanni La Barbera, il padre del pentito Gioacchino che parlava della strage di Capaci. Ha conservato l’esplosivo per le stragi in “continente” del 1993. Aveva un rapporto preferenziale con Bernardo Provenzano e dopo la cattura del padrino è stato indicato nella triade dei boss in grado di coglierne l’eredità con Salvatore Lo Piccolo e Matteo Messina Denaro. Ma è uscito salvo dall’ultima grande retata antimafia, l’operazione Perseo del dicembre dell’anno scorso. Per questo, agli occhi degli inquirenti, sembrava irraggiungibile. Fino a oggi.
MARONI: ERA IL NUMERO DUE - «L'arresto di Raccuglia è uno dei colpi più duri inferti alle organizzazioni mafiose negli ultimi anni perché era di fatto il numero due di Cosa Nostra» ha commentato il ministro dell'interno Roberto Maroni, che ha telefonato al capo della Polizia Antonio Manganelli per congratularsi dell'operazione. A Maroni sono arrivate invece le congratulazioni del presidenti del Senato Schifani e della Camera Fini. «L'arresto del boss Raccuglia - si legge in una nota di Palazzo Madama - rappresenta un evento importantissimo e un'ulteriore vittoria dello Stato sulla criminalità organizzata». Fini parla di «un successo dello Stato e della democrazia che testimonia l'importanza di proseguire con determinazione nella lotta alla mafia e a ogni forma di criminalità organizzata».
GRASSO: SUCCESSO IMPORTANTE - Per il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso si tratta di un «successo investigativo importantissimo». «Ho fatto le mie congratulazioni al ministro Maroni, al questore di Palermo e ai ragazzi della sezione catturandi della mobile - ha detto -. Quando ho sentito il questore era insieme ad alcuni degli agenti della sezione catturandi, ragazzi che conosco bene e con cui ho lavorato quando ero procuratore a Palermo. Ho potuto complimentarmi anche con loro». «Raccuglia - spiega Grasso - è considerato il numero due, per peso criminale, nella lista dei ricercati di Cosa Nostra dopo Matteo Messina Denaro. In questi anni ha esteso il suo dominio da Altofonte fino al confine con la provincia di Trapani, come conferma il fatto che si nascondeva proprio nel Trapanese».
INGROIA: UN CAPO ASSOLUTO - Anche il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia parla di un arresto di straordinaria importanza. «Abbiamo preso uno dei capi assoluti di Cosa Nostra ancora in circolazione in un momento di ascesa all'interno delle gerarchie mafiose - spiega -. È stata un'indagine molto difficile perché Raccuglia si è dimostrato attento e accorto nella gestione della sua latitanza e lo dimostra il fatto che l’arresto è avvenuto fuori dalla sua zona, in un'area più tranquilla». Secondo Ingroia, all'interno di Cosa Nostra «si crea adesso un ulteriore vuoto dove i latitanti di spicco sono sempre meno. Adesso assumono maggiore importanza Nicchi a Palermo e Messina Denaro a Trapani. Raccuglia era l'uomo cuscinetto che controllava i territori fra Palermo città e la provincia di Trapani».
I MAGISTRATI, LUMIA. "Abbiamo fermato un capomafia in piena operatività", dicono il procuratore di Palermo Messineo e il sostituto Buzzolani. In quella borsa lanciata dalla finestra c'erano centomila euro in contanti, pistola e mitraglietta cinese. Ma soprattutto, tanti pizzini, che potrebbero contenere la chiave per decifrare gli affari di Cosa nostra. "Raccuglia era un soggetto chiave per la riorganizzazione mafiosa - spiega il pm Del Bene - il fatto che sia stato fermato nel Trapanese deve far riflettere". Non ha dubbi Giuseppe Lumia, l'ex presidente della Commissione antimafia: "C'era già un nuovo asse fra Palermo e Trapani, fra Raccuglia e Messina Denaro. Cosa nostra è tornata insidiosa e le risorse per combatterla non bastano".
ALFANO. E' stato lo "straordinario lavoro, portato avanti con grande professionalità e impegno dalla polizia e dai magistrati", a consentire l'arresto di Domenico Raccuglia, ha sottolineato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che si è congratulato con il capo della Polizia, Antonio Manganelli, per la "brillante operazione". "Il perseguimento di questi risultati - ha rilevato il Guardasigilli - è possibile grazie al lavoro di quella straordinaria squadra che si chiama Stato, per il funzionamento della quale ogni soggetto svolge un ruolo preciso, in equilibrata e armonica collaborazione. Mi congratulo, quindi, con tutti coloro che hanno dato un prezioso contributo per la cattura del numero due di Cosa nostra, ottenendo un successo investigativo di altissimo livello".
FINI. Anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha espresso grande soddisfazione per l'arresto di Raccuglia con un messaggio inviato al ministro degli Interni, Roberto Maroni. "Un successo dello Stato e della democrazia che testimonia l'importanza di proseguire con determinazione nella lotta alla mafia e a ogni forma di criminalità organizzata. Questa lotta è essenziale per affermare la forza del diritto e la cultura della legalità contro ogni nuova barbarie".
MANTOVANO. "L'arresto del pluriergastolano Domenico Raccuglia conferma dell'intensificazione della lotta alle mafie" ha dichiarato il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano. "L'operazione odierna sottolinea la linea di fermezza che lo Stato ha assunto e continuerà ad assumere", ha aggiunto Mantovano, e si tratta "dell'ennesima importante conferma della efficacia degli sforzi quotidiani che gli appartenenti alle forze di polizia pongono in essere per il ripristino della legalità in aree caratterizzate da storiche e agguerrite presenze criminali". "Esprimo gratitudine e compiacimento al Capo della Polizia, prefetto Manganelli - ha concluso Mantovano- e a tutti coloro che hanno permesso l'arresto di Raccuglia".
SONIA ALFANO. ''La Polizia di Stato ha assestato un ulteriore duro colpo a Cosa Nostra arrestando il pluriergastolano Raccuglia nel Trapanese, dopo ben 15 anni di latitanza. In tutti questi anni il boss mafioso aveva piu' volte beffato le forze dell'ordine, diventando addirittura padre. Oggi grazie a questo arresto molti cittadini onesti potranno continuare a credere nella vera lotta alla mafia, fatta soprattutto dai servitori dello Stato a cui questo Governo vorrebbe invece continuare a riservare umiliazioni togliendo loro risorse economiche e costringendoli a lavorare in condizioni disastrate''. Lo ha dichiarato il deputato europeo dell'IdV e presidente dell'Associazione nazionale familiari vittime di mafia, Sonia Alfano, commentando l'arresto, da parte degli uomini della Polizia di Stato, di Mimmo Raccuglia, noto anche come ''u veterinario'', uno dei piu' pericolosi latitanti ancora in circolazione e spesso indicato come uno dei possibili successori di Bernardo Provenzano. Negli scorsi giorni i Carabinieri erano andati vicini alla cattura effettuando un blitz in casa della moglie dello stesso Raccuglia.
''Noi - ha aggiunto - continueremo a stare dalla parte di chi serve questa Nazione e che, grazie alla propria azione quotidiana, raccoglie l'eredita' di chi nella lotta alla mafia ha creduto talmente tanto da sacrificare la propria vita. Un sentito ed affettuoso ringraziamento ai Carabinieri e alla Polizia di Stato per questo arresto''.
LIBERA CALATAFIMI. I giovani del Presidio “Peppino Impastato” dell’Associazione LIBERA di Calatafimi Segesta, presenti al momento dell’arresto del boss mafioso Domenico Raccuglia, hanno esultato di gioia assieme ai ragazzi della Sezione “Catturandi” della Squadra Mobile di Palermo per l’importante traguardo raggiunto a beneficio della comunità tutta. Le note difficoltà operative delle forze di polizia, che scaturiscono dagli scarsi fondi a loro disposizione, visti i risultati, sono sinonimi di senso del dovere e dello Stato. Ragione in più per questo Presidio per ringraziarli tutti, assieme al Capo della Polizia Antonio Manganelli e al Questore di Palermo Alessandro Marangoni. Nostro auspicio è che, al plauso da parte dello Stato per i risultati ottenuti e l’impegno profuso, siano fatte seguire adeguate risorse e strumenti, per consentire loro di operare al meglio della loro professionalità, già ampiamente dimostrata.