Ieri, in aula, è stato ascoltato l'ispettore di polizia Cesare Mannino, al quale, a suo tempo (i fatti sarebbero accaduti il 10 febbraio 2005), si rivolse, in qualità di amico, il prete. E ciò per cercare di risolvere la ''querelle'' con il suo accusatore (il 33enne P.L.C.), che poi fu contattato dal poliziotto. Il tentativo di riconciliazione, però, non andò a buon fine, tanto che, poi, fu presentata una denuncia ai carabinieri.
Il poliziotto, con un certo imbarazzo, rispondendo alle domande del pm, degli avvocati e del presidente Zichittella, ha cercato di ricostruire i contorni della scabrosa vicenda, che scuote la chiesa marsalese.
La violenza sessuale, secondo il racconto della presunta vittima, sarebbe avvenuta nella casa del prete, dove P.L.C. fu invitato «per prendere un caffè», nel quale, sempre secondo il racconto di chi ha sporto la denuncia, sarebbe stata versata qualche sostanza che lo avrebbe intontito. Sul punto, ieri, ha insistito l'avvocato di parte civile, che all'ispettore Mannino, apparso un po' titubante, forse per l'imbarazzo che la vicenda senz'altro crea, ha contestato quanto dichiarato, in fase d'indagine, al sostituto procuratore Cristina Pigozzo.
«Lei al pm Pigozzo - ha affermato l'avvocato Zarzana - ha detto che L.C. disse che fu invitato a casa da Caradonna, che gli offrì un caffè drogato e poi abusò di lui sessualmente».
Mannino, poco prima, aveva detto che il prete all'epoca gli era sembrato ''preoccupato''. «Caradonna - ha, inoltre, affermato l'ispettore - mi disse che L.C. aveva chiesto soldi per chiudere la questione. Altrimenti, si finiva in Tribunale».
Come, poi, è accaduto con la denuncia presentata alla caserma dei carabinieri. Finora il processo si era svolto a porte chiuse, ma il Tribunale ha deciso che erano venute meno le condizioni che imponevano la segretezza del dibattimento. E a porte aperte, il 10 novembre, dovrebbe essere ascoltato l'imputato.
Antonio Pizzo