Rispetto al problema dell'immigrazione cosi' come esso si presenta oggi nel nostro Paese "come educatori di umanita' e di umanesimo -afferma monsignor Schetti
no - dobbiamo essere propositivi, soprattutto nei confronti delle nuove generazioni, nel senso di una vera accoglienza verso i poveri. Davanti al povero bisogna inchinarsi. Il tema dell'accoglienza riguarda cristiani e non cristiani, l'umano e' sempre umano". "Dobbiamo superare le distinzioni di parte - ha aggiunto l'arcivescovo - e affrontare il problema nella sua globalita' il primato dell'uomo serve a costruire un'umanita' rinnovata. Io per esperienza personale mi prodigo molto in favore degli immigrati, non abbiamo bisogno di declamazioni di principi ma di esperienze concrete forti".
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"Questa ennesima tragedia in cui i deboli muoiono per l'indifferenza dei forti o a causa di leggi contrarie ai principi di umanità e carità devono farci riflettere, interrogare e soprattutto farci sentire colpevoli". Lo ha detto l'arcivescovo di Agrigento ed ex presidente della Caritas italiana Francesco Montenegro riferendosi alla tragedia nelle acque del canale di Sicilia dove sarebbero morti 73 eritrei. "E' contrario al principio della vita - aggiunge - non aiutare questi poveri fratelli mentre sono in mare, in balia di condizioni precarie. Davanti a questa nuova tragedia - conclude il presule - mi ripropongo una domanda: la legislazione e il sistema vigente sono in grado di coniugare accoglienza, rispetto dei diritti umani e legalità?".
"Stiamo valutando il racconto dei cinque naufraghi: se dovesse trovare conferma non escludiamo una possibile rogatoria internazionale con Malta per l'ipotesi di omissione di soccorso". Lo afferma il procuratore di Agrigento Renato Di Natale, che sta coordinando l'inchiesta condotta dal sostituto Santo Fornasier sull'ultima tragedia dell'immigrazione avvenuta nel Canale di Sicilia. Fino a questo momento sono stati ascoltati quattro dei cinque eritrei soccorsi giovedì scorso al largo di Lampedusa su un gommone alla deriva. I migranti hanno riferito di essere gli unici superstiti di un gruppo di 78 extracomunitari, partito il 28 luglio scorso dalla Libia. Durante la traversata i loro compagni sarebbero morti di stenti e i cadaveri abbandonati in mare. I superstiti hanno anche sostenuto che una motovedetta maltese avrebbe fornito loro il carburante per proseguire verso Lampedusa, rifiutandosi di soccorrerli. "Il codice di navigazione internazionale - osserva il procuratore - obbliga a prestare soccorso in mare a chiunque si trovi in difficoltà, a prescindere dalla nazionalità. Si tratta comunque di una vicenda complessa, visto che l'episodio é avvenuto in acque di competenza maltese. Teoricamente dovrebbe essere la magistratura di quel Paese a procedere".
Sono otto i cadaveri avvistati in mare dagli aerei della missione Frontex a Malta che con tutta probabilità appartengono a migranti che si trovavano con i cinque eritrei salvati ieri a sud di Lampedusa dall'equipaggio di una motovedetta della Guardia di Finanza e che hanno detto di far parte di un gruppo di 78 persone partite dalle coste africane verso l'Europa: 73 sarebbero morte durante il viaggio che sarebbe durato una ventina di giorni. Su
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questa nuova tragedia dell'immigrazione dai contorni ancora non ben delineati ma che appare sempre più in tutta la sua drammaticità la Procura di Agrigento ha aperto un'inchiesta. I magistrati vogliono capire cosa sia avvenuto su quel gommone di 12 metri, chi lo guidava e soprattutto se sul natante vi fossero veramente 78 eritrei, tra cui molte donne, come dicono i superstiti. L'inchiesta, coordinata dal procuratore Renato di Natale e dal pm Santo Fornasier, ipotizza per ora il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. L'inchiesta dovrà certamente anche tener conto del ruolo avuto da Malta nella tragedia considerato che gli eritrei hanno detto di aver avuto contatti con una motovedetta dell'isola-Stato che avrebbe dato loro carburante indicando la rotta verso le coste siciliane. Il prefetto di Agrigento, che ha inviato al ministro dell' Interno una prima relazione sulla vicenda, ha detto che "se il racconto dei 5 eritrei, che hanno riferito di decine di imbarcazioni che pur avendoli visti non si sono fermati per soccorrerli, verrà confermato, vuol dire che sono stati lesi i diritti umani". Su questo tema è duro il monito dell'arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro che dice: "Questa ennesima tragedia in cui i deboli muoiono per l'indifferenza dei forti o a causa di leggi contrarie ai principi di umanità e carità devono farci riflettere, interrogare e soprattutto farci sentire colpevoli". "E' contrario al principio della vita - aggiunge - non aiutare questi poveri fratelli mentre sono in mare, in balia di condizioni precarie. Davanti a questa nuova tragedia, mi ripropongo una domanda: la legislazione e il sistema vigente sono in grado di coniugare accoglienza, rispetto dei diritti umani e legalità?". E da Lampedusa, l'isola diventata crocevia di speranza e di morte per i migranti, Giacomo Sferlazzo, titolare di una panineria e promotore di un'associazione per i diritti degli immigrati, in una lettera aperta ai concittadini scrive: "Oggi abbiamo saputo della morte di molte persone, che io non conoscevo. Persone, non clandestini, persone non criminali. Ci diciamo cristiani, devoti della Madonna di Porto Salvo, ma non abbiamo neanche l'idea di cosa significhi essere cristiani, e il nostro porto lo vorremo pieno di barconi da cui scendono donne con collane di perle e uomini con occhiali da 300 euro e i poveracci a casa loro, quelli che non portano soldi a casa loro". Anche oggi, dopo ieri, sono giunti altri migranti in Italia. Un gruppo di 11 è stato bloccato dai carabinieri a Linosa, la più piccola delle Pelagie. Gli extracomunitari, tutti marocchini, sarebbero riusciti ad approdare direttamente sull'isola con un peschereccio che si è poi allontanato. Mentre a Porto Pino, sulla costa Sud della Sardegna sono stati fermati dai carabinieri altri 11 nordafricani che erano appena sbarcati.