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14/08/2009 09:00:36

La Sicilia occupa Roma ha il triplo dei dipendenti di Lombardia e Veneto

il pm lucano Henry John Woodcock e il colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio, il «Capitano Ultimo» che arrestò Totò Riina, li hanno beccati mentre, in orario di lavoro, alternavano lo shopping alle telefonate personali. Così adesso tutti stanno sulla difensiva. Tu domandi: quanti siete? E loro rispondono: «Non stiamo qui a girarci i pollici». Quando rispondono, certo, perché a volte la diffidenza diventa omertà, alla faccia della trasparenza.
Le mosche bianche ci sono. C’è chi per dimostrarti che qui si sta attenti all’euro ti manda pure il costo delle penne, la Liguria per esempio ci tiene a far sapere che almeno in questo caso la fama di tirchieria risponde al vero: la Regione non si sa bene con quale miracolo riesce a pagare 340 metri quadri in piazza Madama solo 67mila euro di affitto all’anno da vent’anni (le Marche, per dire, ne spendono 150mila in via Fontanella Borghese), e i suoi cinque dipendenti nella Capitale guadagnano una media di 21mila euro a testa. Lordi. Tanto per dire, gli undici della Calabria portano a casa il doppio: una media di 40mila euro l’anno.
In generale le Regioni piccole vanno al risparmio: l’Umbria è in subaffitto dall’Emilia, la Valle D’Aosta dal Friuli Venezia Giulia. Il panorama generale però è poco rassicurante. Perché qui, al fronte romano, autonomia significa che ognuno si attrezza un po’ come gli pare. Così. Sarà un caso, ma in tempi di scontro Nord-Sud i più presenti in quel di Roma sono quelli che «il federalismo no grazie». Il paragone fra grandi enti rende l’idea. Veneto e Lombardia negli uffici romani tengono rispettivamente sette e otto persone fra dirigenti e impiegati. La Campania ne ha mandate 18 e per «mantenerle» spende qualcosa come 650mila euro lordi all’anno di stipendi e 84mila euro all’anno più Iva per gli uffici, perché la Regione di Antonio Bassolino di sedi a Roma ne ha due, una di cui è proprietaria, l’altra in affitto. La Sicilia ha la maglia nera: schiera ben 27 persone, cioè quelle di Valle D’Aosta, Friuli, province autonome di Trento e Bolzano messe assieme. Quanto alla sede, trattasi di un palazzo intero in zona Termini: la Regione lo acquistò agli inizi degli anni Novanta per la modica cifra di 6 miliardi di vecchie lire, tanto che la magistratura aprì un’inchiesta.
Ma che fanno i dipendenti romani? In generale hanno ruoli di supporto ad assessori e governatori per la partecipazione alle Conferenze Stato-Regioni, Unificata e dei Presidenti, notificano gli atti a Corte Costituzionale, Consiglio di Stato e Tar del Lazio, tengono i rapporti con i ministeri, organizzano iniziative di promozione turistica. Solo che non ci sono regole. Così, a giustificare l’esercito partenopeo c’è la suddivisione del lavoro in quattro comparti: il Sistema delle Conferenze conta sei persone, tante quante ne schiera il Piemonte per tutti i servizi; altre sette stanno ai Rapporti con le amministrazioni centrali e al Coordinamento interregionale infrastrutture e mobilità di cui la Regione è capofila; e poi ci sono quattro addetti al «Monitoraggio dei lavori parlamentari». In sostanza seguono l’iter delle leggi che riguardano la Campania, e vai a sapere che ci stanno a fare allora deputati, senatori e l’esercito dei loro collaboratori. Liberi tutti anche sulle spese. Spiega con candore il veneto Paolo Bellieni che «noi siamo fra le direzioni più economiche d’Italia: fra spese di rappresentanza e funzionamento della sede, stipendi esclusi, spendiamo al massimo 100mila euro l’anno». Peccato che la Lombardia ne spenda 30mila così come la Liguria, e la Calabria 35mila. Fa caso a sé il Piemonte. La giunta di Mercedes Bresso mette a disposizione un fondo spese di 7.500 euro, ma tende a far pagare ad altri, consorzi o imprese, eventuali iniziative «extra». Il portafogli si apre solo per gli eventi di promozione turistica e culturale. Nel 2008 ne sono stati organizzati due per un totale di 60mila, quest’anno se ne prevedono altri per 25-30mila euro. A Torino, se mai, nel mirino dell’opposizione di centrodestra c’è la sede: nel 2006 infatti la Bresso decise di lasciare quella in cui l’allora giunta Ghigo pagava 70mila euro l’anno per affittare quella attuale di piazza Castello, che solo il primo anno ne costò 300mila.



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