Eppure tra le aree d’intervento proposte dalla 328 del 2000 "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali" e il Decreto d’attuazione regionale del 18 gennaio 2009, accolto in prima istanza dal Comitato dei Sindaci del distretto socio-sanitario 50, il fenomeno immigratorio era fatto proprio come un disagio mirante alla promozione del nuovo sistema di welfare siciliano.
Tra i 28 progetti, presentati entro il 15 giugno ai Servizi sociali del comune capofila, alcuni erano stati finalizzati al sostegno e integrazione degli immigrati, ma, alla fine, tra i 18 elaborati dal Gruppo piano non è apparso alcuno avente come soggetto gli “immigrati”, anzi il solo termine non esiste in tutto il Piano. Si sarebbe potuto modificare qualche progetto e adattarlo alle indicazioni emerse, ma si è preferito, piuttosto che arrivare a una soluzione definitiva, far finta della loro inesistenza e come se gli immigrati non fossero una presenza viva sul territorio. Si è detto che gli immigrati sono presenti, in modo trasversale, nei progetti, ma non basta, oggi si ha bisogno d’interventi mirati se si vuole costruire la società del domani, pluriculturale e multireligiosa.
Non si è tenuto conto che il distretto D50 è toccato dal fenomeno dell’immigrazione a diversi livelli. Trapani, in particolare, è testa di ponte per l’intero contesto nazionale ed europeo che vede le diverse tipologie d’immigrati (clandestini, regolari residenti, regolari stagionali, richiedenti asilo e detenuti). In provincia si trovano, in particolare, n. 10 C.A.R.A. per richiedenti asilo politico e rifugiati e n. 1 C.I.E. “Serraino Vulpitta”. In base ai dati emanati dal Ministero dell’Interno, al 1° gennaio 2008, nella provincia di Trapani sono stati rilasciati 4.851 permessi di soggiorno; il totale degli extracomunitari residenti nel distretto, alla stessa data, era di 1720 unità (Trapani 1058, Buseto 28, Custonaci 100, Erice 175, Favignana 39, Paceco 88, S. Vito 96, Valderice 136), a questi vanno aggiunti gli attuali 175 detenuti a S. Giuliano e i 50 nel Carcere di Favignana.
Si sono chiesti in questi giorni i rappresentanti delle Istituzioni e delle Associazioni, operanti quotidianamente con i soggetti interessati dal fenomeno della mobilità, se la risposta data dal Comitato dei sindaci e dal Gruppo piano, è confacente con le aspettative degli immigrati, delle loro famiglie e dei minori? La risposta è, di fatto, che gli immigrati non sono considerati soggetto politico-culturale e lavorativo con interventi mirati; solo in alcune circostanze, quando si tratta di sicurezza e di ordine pubblico, la loro presenza richiede risoluzioni, spesso traumatiche e insufficienti. Una lacuna grave per una società che si professa aperta alle nuove problematiche sull’immigrazione.
Salvatore Agueci