Ma se Lombardo fa il pompiere e incassa, il segno che i postumi del mal di pancia meridionale si fanno ancora sentire salta fuori con le parole di Gianfranco Miccichè. Individuato come obiettivo delle dure parole del premier, che aveva detto di non preoccuparsi di «uscite e comportamenti riconducibili a recriminazioni e a richieste di potere di tipo personale», il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega
al Cipe ieri ha commentato il piano Sud di Berlusconi con una lunga nota. Dicendosi innanzitutto «stupito» per le accuse a lui rivolte, «se non ho capito male», ma aprendo apparentemente una strada per la chiusura del «conflitto»: «Se come dice Berlusconi non serve un’operazione del genere perché il Sud da ora sarà priorità del governo, ne prendo e ne prendiamo atto e saremo al fianco del presidente, dandogli la nostra fiducia».
Quello che sembra un segno di pace viene però ridimensionato subito dallo stesso Miccichè, che reclama a ruota «gesti concreti», invocando in particolare tre punti: lo sblocco immediato dei fondi Fas, per cominciare, quindi il coinvolgimento dei «parlamentari meridionali» come protagonisti «nel momento della scelta e della elaborazione delle strategie». Infine, un riferimento alla polemica Prestigiacomo-Calderoli: «Rinforzare dentro l’esecutivo la posizione dei ministri autorevoli, come Stefania Prestigiacomo, che devono difendersi dall’ingerenza e dalla voglia di potere di quanti vogliono accaparrarsi tutto e non rispondere di niente». Insomma, per scongiurare il «partito del Sud» bisogna «prima vedere i fatti», chiude ultimativo Miccichè: «Il tempo delle deleghe in bianco è finito».
Dal fronte del Pdl, si tende a non rinfocolare le polemiche. Se Renato Brunetta si limita a osservare che «c’è un grande partito, il Pdl, che basta per Nord e Sud», la Lega è un po’ più caustica: «Una Lega del Sud? Ben venga. Se deve nascere il Partito del Sud per l’antico meridionalismo piagnone, non ci siamo proprio», taglia corto Castelli. E anche il governatore lombardo, Roberto Formigoni, non sembra vedere l’utilità di una formazione politica nuova. «Non è un partito del Sud la risposta ai problemi del Mezzogiorno, ma un piano di sviluppo dell’intero Paese», commenta.