Il blitz e' stato operato contemporaneamente in varie frazioni del territorio marsalese, da un centinaio tra poliziotti e carabinieri, con il supporto del Commissariato di Marsala. In contrada Ciavolotto, e' stato individuato e arrestato il nuovo reggente della cosca di Marsala. Si tratta del pluripregiudicato mafioso Vito Vincenzo Rallo, di 49 anni, fratello di Antonino Rallo (boss ergastolano arrestato l'11 ottobre del 2007 dopo una lunga latitanza). Un altro ordine di arresto ha riguardato Francesco Giuseppe Raia, pluripregiudicato di 42 anni, indicato come capodecina della stessa famiglia mafiosa e figlio di Gaspare Raia (altro uomo d'onore condannato all'ergastolo). Gli altri arrestati, tutti marsalesi, sono il podologo Giuseppe Gaspare De Vita, di 37 anni, l'imprenditore edile Francesco Messina, di 44 anni, e i pregiudicati Maurizio Bilardello (fratellastro di Francesco Giuseppe Raia) e Dario Cascio, rispettivamente di 40 e 18 anni.
Sono tutti ritenuti appartenenti alla cosca di Marsala. Vito Vincenzo Rallo, evidenziano gli investigatori, ha svolto la funzione di reggente della famiglia mafiosa di Marsala, pianificando, ma anche realizzando direttamente, le attivita' estorsive, sovrintendendo alla gestione della cassa comune della cosca, e rappresentando la stessa famiglia nei rapporti con le altre articolazioni territoriali di Cosa nostra.
Francesco Giuseppe Raia, con l'ausilio del fratellastro Maurizio Bilardello, avrebbe gestito invece il sistema delle estorsioni, custodendo la cassa comune e suddividendo gli introiti. Tra i reati contestati, quello di estorsione plurima aggravata, per avere, in concorso tra loro, mediante minaccia posta in essere da Vito Vincenzo Rallo, costretto un imprenditore operante nel settore ittico a pagare il pizzo, in periodiche somme di denaro da 5 mila euro tra il 2003 e il 2008; per le riscossioni, Rallo avrebbe inviato anche un proprio emissario, l'imprenditore edile Francesco Messina.
Inoltre, nell'organico della cosca e' stato individuato anche il podologo Giuseppe Gaspare De Vita, particolarmente attivo sul fronte delle estorsioni.
La retata è stata compiuta questa mattina, 3 luglio 2009, dai Militari del Comando Provinciale Carabinieri e Agenti di Polizia della Squadra Mobile di Trapani e del Commissariato di PS di Marsala. Le 6 ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal G.I.P. di Palermo (dr. Petrucci) su richiesta della Procura antimafia (Proc. Aggiunto D.ssa Maria Teresa Principato – P.M. dr. ssa Marzia Sabella, dr. Carlo Marzella). Il blitz è scattato all’alba ed ha visto impegnati cento tra Agenti di Polizia e Carabinieri che hanno operato contemporaneamente nelle varie frazioni di Marsala.
Gli arrestati, tra cui l’attuale capo ed il cassiere della famiglia mafiosa marsalese, sono a vario titolo ritenuti responsabili di appartenere alla “famiglia” mafiosa di Marsala nonché di una serie di attività estorsive e detenzione di armi da fuoco.
Dall’analisi di alcuni lettere ritrovate nel covo di Montagna dei Cavalli a Corleone (Palermo), dove l’11 aprile del 2006 venne arrestato il superlatitante Bernardo Provenzano, è emerso che nel 2004 l’associazione mafiosa a Marsala si trovava in difficoltà a causa dei numerosi arresti. In particolare, in un pizzino datato 1 febbraio 2004, il boss latitante di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro, spiegava a Provenzano di non potere esaudire una sua richiesta relativa al territorio di Marsala, poichè la gran parte degli uomini era stata arrestata, «pure i rimpiazzi e i rimpiazzi dei rimpiazzi», e pertanto auspicava la prossima scarcerazione di coloro che erano stati condannati a pene più lievi.
Gli stessi concetti sono ribaditi in un altro pizzino datato 25 aprile 2004 e indirizzato sempre al boss corleonese, dove Matteo Messina Denaro sottolinea che «la zona è ancora scoperta».
In effetti da un monitoraggio effettuato dagli investigatori, è emerso che tra il 1999 e il 2005 diversi esponenti della cosca marsalese furono arrestati nel corso di numerose operazioni antimafia, ma già dai primi mesi del 2007, numerosi affiliati cominciarono a riacquistare la libertà e tra questi, ad esempio, Vito Vincenzo Rallo (fratello del boss ergastolano Antonino Rallo) e Francesco Giuseppe Raia (figlio di Gaspare Raia, altro importante uomo d’onore, condannato all’ergastolo e detenuto presso il carcere di Spoleto).
L'indagine, condotta dai carabinieri del comando provinciale e dagli agenti della Mobile di Trapani, ha svelato la capillare pressione estorsiva esercitata dalla cosca: grazie alle intercettazioni gli inquirenti hanno scoperto, ad esempio, i taglieggiamenti subiti da un imprenditore del settore ittico della zona, costretto, dal 2003 al 2008, a versare tangenti da cinquemila euro. I boss, poi, si erano costituiti un arsenale di armi e munizioni ed esercitavano "attività " tipiche degli uomini d'onore come l'intermediazione in affari immobiliari: la cosca era intervenuta nell'acquisto di un terreno da adibire a parcheggio. Dall'inchiesta, infine, è emerso che la designazione di Rallo al vertice della "famiglia", caldeggiata da Messina Denaro, non era particolarmente gradita al vecchio boss detenuto Gaspare Raia, che aveva messo in guardia il figlio a stare attento al boss in passato sospettato di avere fatto la cresta sui soldi della cassa della cosca.
E ci sarebbe stato anche il pm della Dda di Palermo ed ora capo di gabinetto vicario del ministero della Giustizia Roberto Piscitello nel mirino dei boss marsalesi.I boss di Marsala si erano infatti procurati un fucile di precisione che, secondo gli inquirenti, sarebbe servito per eliminare il magistrato da anni impegnato nelle indagini sulla mafia trapanese.
Da una intercettazione ambientale effettuata nell'auto di uno degli arrestati, Maurizio Bilardello, fratello naturale di Giuseppe Raia, esattore del pizzo della famiglia, è venuto fuori che i boss si erano procurati un fucile di precisione che avrebbero dovuto utilizzare in un attentato contro il magistrato.
LA FAMIGLIA. “Mi chiede un favore su Marsala per la Vetro Sud, purtroppo non posso aiutarla perché al momento non abbiamo più a nessuno, sono tutti dentro, pure i rimpiazzi e i rimpiazzi dei rimpiazzi, non c’è più a chi metterci”. A scrivere queste parole in un ‘pizzino’ indirizzato al padrino corleonese Bernardo Provenzano, è Matteo Messina Denaro nel febbraio del 2004. Diverse operazione di polizia giudiziaria avevano di fatto azzerato la cosca marsalese. E Messina Denaro, latitante dal 1993, comunicava che s’era “solo di aspettare nella speranza che esca qualcuno che ha cose più leggere e per potere riprendere tutti i discorsi”. E proprio come il superlatitante auspicava, la famiglia comincia a riformarsi man mano che i suoi componenti cominciano a lasciare le patrie galere. Già nei primi mesi del 2007 esce Vito Vincenzo Rallo e Francesco Giuseppe Raia. Così, alla cattura del latitante Antonino Rallo, l’11 ottobre 2007, gli succede il fratello Antonino (scarcerato il 23 luglio 2007) che avrebbe assunto la carica di ‘reggente’ della famiglia di Marsala con la ‘benedizione’ di Matteo Messina Denaro. Nello stesso tempo, l’1 giugno 2007, veniva scarcerato Francesco Giuseppe Raia che si sarebbe posto alle dipendenze di Rallo, coadiuvato dal fratellastro Maurizio Bilardello. Il loro compito sarebbe stato di riprende in mano il settore delle estorsioni dopo un periodo di ‘vacatio’ in cui gli operatori commerciali non sapevano a chi pagare e, di contro, non avevano più ricevuto richieste di pizzo.
I contrasti
Appena risorta la famiglia comincia ad avere conflitti al suo interno. Gaspare Raia, padre di Francesco Giuseppe Raia e Maurizio Bilardello, non gradiva la posizione di vertice attribuita a Rallo. Secondo l’ergastolano, infatti, i fratelli Rallo avevano sottratto ‘fondi’ alla cassa di famiglia, sottraendoli, così, al mantenimento delle famiglie dei carcerati. Per questa ragione consigliò ai suoi figli di prestare attenzione affinché non si verificasse più. Così la gestione e la cassa delle estorsioni passa in mano ai due fratelli figli di Gaspare Raia che si sarebbero dati da fare per recuperare i crediti vantati dalla famiglia.
L’estorsione all’Eurofish
Sono diverse le vicende estorsive ricostruite dagli inquirenti, in particolare quella ai danni della Eurofish di Andrea Piccione. La ditta è citata in un pizzino sequestrato ai Lo Piccolo al momento del loro arresto. Le intercettazioni all’interno dell’azienda hanno svelato come il titolare aveva continuato a versare il pizzo a Vincenzo Rallo ma che questi aveva arbitrariamente trattenuto le somme di denaro. Francesco Giuseppe Raia lo avrebbe allora assicurato che le cose erano cambiate e che lui stesso aveva istituito una cassa comune per evitare la dispersione di denaro. L’imprenditore avrebbe pagato il pizzo in due tranche da 5 mila euro ciascuno nelle mani di Francesco Messina e in quelle dello stesso Raia.
Il controllo del territorio
Sono diversi gli episodi che hanno portato all’emissione delle ordinanze di custodia cautalere per i presunti appartenenti alla famiglia di Marsala. Giuseppe De Vita avrebbe fatto recuperare due scooter rubati al nipote dei boss Bonafede e al figlio di Francesco Gerardi. Allo stesso modo avrebbe ritrovato le armi sottratte a casa di Giuseppe Baldino. Ancora De Vita sarebbe intervenuto per bloccare un tentativo di estorsione ‘non autorizzata’.Raia e Bilardello si erano interessati per l’affitto di un fondo da destinare al parcheggio. Il titolare, probabilmente non conoscendo la caratura criminale dei soggetti, pretendeva un affitto molto oneroso, pregiudicando l’esito dell’affare. Così Francesco Raia diceva al fratellastro che avrebbe fatto incendiare le proprietà del titolare del fondo. Infine, a disposizione di Raia e Bilardello ci sarebbero state delle armi: un fucile e una pistola. Affidate a persona fidata, Raia avrebbe dovuto attendere un paio di giorni in caso gli fossero servite. Giusto il tempo di consentire alla persona di recuperarle.agistrato.
L'intercettazione risale all'estate del 2008. Dopo qualche mese a Piscitello vennero rafforzare le misure di sicurezza. L'arma, che sarebbe stata spostata dal luogo in cui veniva tenuta, a pochi metri da casa del pm, non è mai stata ritrovata.
"Con gli arresti di oggi viene colpita la riorganizzazione della cosca di Marsala, asservita all'attuale capo di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro". Lo dichiara il senatore Giuseppe Lumia (PD), componente della Commissione parlamentare antimafia, commentando l'operazione condotta dalle forze dell'ordine di Trapani e Marsala che ha portato all'arresto di sei persone: Vito Vincenzo Rallo, Francesco Giuseppe Raia, Maurizio Bilardello, Giuseppe Gaspare De Vita, Francesco Messina, Dario Cascio.
"Una cosca potente - aggiunge Lumia - perché capace di tenere in piedi rapporti col mondo dell'impresa e della politica. Questo risultato crea le condizioni per raggiungere l'obiettivo principale: la cattura di Matteo Messina Denaro. Ciò sarà possibile solo se lo Stato darà il meglio di sé, mettendo a disposizione risorse, mezzi e uomini".
"La politica - continua il senatore del PD - deve fare di più. Innanzitutto deve liberarsi dal sistema delle collusioni. Nella provincia di Trapani i partiti in coro dovrebbero isolare chi, al di là delle responsabilità penali, ha mantenuto relazioni con Cosa nostra. Lo stesso dovrebbero fare le imprese nel settore dell'economia.
Infine il più grande isolamento potrebbe arrivare se il Parlamento approvasse tre norme: aumento delle pene per i reati di mafia, denuncia obbligatoria per gli operatori economici che subiscono il racket delle estorsioni, conto dedicato per le imprese che si aggiudicano gli appalti.
Risultato: Matteo Messina Denaro comanda i mafiosi che entrano ed escono dalle carceri? Aumentiamo la durata delle pene; Matteo Messina Denaro gestisce il pizzo? Introduciamo la denuncia obbligatoria; Matteo Messina Denaro controlla gli appalti pubblici? Istituiamo il conto dedicato".
Ecco i nomi degli arrestati:
RALLO VITO VINCENZO
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RAIA FRANCESCO GIUSEPPE
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MESSINA FRANCESCO
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DE VITA GIUSEPPE GASPARE
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BILARDELLO MAURIZIO
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CASCIO DARIO
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