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01/07/2009 14:00:34

Ricostruzione in Abruzzo Sgarbi: “No alle new town"

tradizione e innovazione. Come si può, per esempio, immaginare di affidare alle mani rapaci Zaha Hadid San Bernardino ? O la Basilica di Santa Maria di Collemaggio a Fuksas, che magari la farebbe di cemento armato,come la Chiesa di Foligno ridotta a un magazzino ? Il Sindaco di Salemi Vittorio Sgarbi è stato il relatore finale di un convegno nazionale sulla ricostruzione in Abruzzo svoltosi martedì 23 maggio a L'Aquila, promosso dalla Regione Abruzzo e dall'Ance, l'associazione nazionale dei costruttori edili sul tema “Un Patto per la rinascita”.
Come ricostruire dunque l'Aquila e i piccoli paesi distrutti dal sisma dello scorso aprile ?
Oltre a Sgarbi ne hanno parlato Ennio Chiodi, Presidente della Regione Abruzzo, Gennaro Strever, Presidente dell'Ance Abruzzo, Francesco Sabatini, Presidente onorario dell'Accademia della Crusca, Ferdinando Di Orio, Rettore Università di L’Aquila, Antonio Golini, Professore ordinario di Demografia presso la Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, Giuseppe Molinari Arcivescovo di L’Aquila, Eide Spedicato, Professore di sociologia generale, Università di Chieti, Francesco Prosperetti, Direttore Generale PARC Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Stefania Pezzopane Presidente della Provincia dell’Aqui
Particolarmente seguito l'intervento di Vittorio Sgarbi:
“Nell'opera di ricostruzione i poteri locali – ha detto il critico d'arte e Sindaco della Città di Salemi nella Valle del Belice - debbono avere l'ultima parola. Non ci sono e non possono esserci “new town”.
Però la minaccia c'è. Ho sempre pensato che, se si ha senso della storia,non si può non ricostruire L'Aquila con assoluto rigore. Finché non ho sentito il sindaco della città Cilente che ha annunciato: chiamiamo Zaha Hadid e Fuksas, i quali minacciano dunque di venire a L'Aquila per ripetere le bizzarre costruzioni per le quali sono conosciuti. Si tratta di architetti volti al crimine architettonico”
Sgarbi ha indicato un modello da seguire:
“L'ho detto a Berlusconi e a Bertolaso. Santo Stefano di Sessanio è la chiave più tranquilla di un'unica e possibile proposta verso il futuro che tenga insieme passato e futuro, tradizione e innovazione.
L'innovazione comunque - spiega Sgarbi - non esiste a danno della tradizione; esiste semmai al servizio della tradizione. Innovazione significa far continuare a vivere ciò che esiste.
Quando uno trova un modo per conservare meglio una mummia o un monumento del '200, non chiama Guttuso o Pollok a fare una integrazione, chiama qualcuno per conservarli per un tempo più lungo. Ed è quello che è avvenuto in un paese, abbandonato e diruto che era Santo Stefano di Sessanio. Anche la stampa internazionale l'ha riconosciuto. Non vedo alternativa per i piccoli paesi.
Lo stesso, subito dopo il terremoto dello scorso aprile in Abruzzo, ho dormito nelle case di Santo Stefano di Sessanio, le quali, sebbene da poco restaurate, hanno resistito benissimo alle scosse. Inventare altre ipotesi mi sembra una cosa insensata. E' un modello da seguire.
C'è un grande architetto di questo tipo di metodo, che è Lelio Di Zio, allievo di Paolo Marconi, seguitelo. Come si può, per esempio, immaginare di affidare alle mani rapaci Zaha Hadid di San Bernardino ? O Santa Maria di Collemaggio a Fuksas, che magari la farebbe di cemento armato,come la Chiesa di Foligno ridotta a un magazzino ?
Nel corso del convegno Sgarbi ha anche osservato:
“Ogni ricostruzione dev'essere tale nelle forme, nei materiali. E quanto più la tecnologia avanza, tanto più occorre avere garantite ricostruzioni che non siano quelle delle volte di Assisi crollate proprio nelle parte in cui erano state rinforzate con il cemento armato. L'Aquila avrà un futuro migliore del passato se riuscirà a consacrare quel suo passato innanzi al mondo”
Vittorio Sgarbi ha inoltre indicato, come modello da non seguire, la ricostruzione nei Comuni della Valle del Belice distrutti dal terremoto del 1968.
“Il terremoto a Salemi e nel Belice c'è ancora oggi nonostante siano trascorsi 41 anni. Il problema è il rapporto tra il contributo dello Stato e l'inevitabile voracità del privato. Il quale deve compensare il danno che ha patito e, non avendo più una casa e avendo soltanto lo Stato come sostegno, comunque quei danari li vuole.
E così succede che quel contributo dello Stato venga dato oggi per edifici perfettamente integri, abbattuti per costruirne dei nuovi in cemento armato attraverso la logica di adeguarli alle necessità antisismiche.
Il centro storico di Salemi era stato sufficientemente risparmiato dal terremoto del Belice del 1968. Ha però avuto la sventura di entrare nel sistema dei finanziamenti come luogo terremotato; in questo modo si distrugge però la memoria, come del resto è già successo in Irpinia
Sgarbi ha citato, come modelli indubbiamente negativi, le ricostruzioni dei Comuni di Santa Margherita,Poggioreale e Gibellina nella Valle del Belice.
“A Santa Margherita Belice – ha osservato il critico d'arte - la ricostruzione ha sfigurato gli edifici storici.
Poggioreale è stata colpita, ma è anche vero che il suo centro storico è rimasto in piedi. Qui hanno chiamato Paolo Portoghesi, il quale ha pensato bene di fare nel centro del paese una sorta di Portico di San Pietro con un'architettura del Palazzo Municipale enorme, gigantesca e già in rovina. Talmente mortificante nei suoi materiali e nei suoi orrori che i cittadini del paese vi portano a visitare il vecchio centro perchè più vivo di quello nuovo. Uno scenario di disperazione che è derivato dal fatto che non si è ricostruito o integrato il vecchio paese, ma se n'è costruito uno nuovo.
La stessa cosa – ha aggiunto Sgarbi - vale per Gibellina, dove molti edifici,subito dopo il terremoto, con il pretesto del rischio dei crolli, sono stati abbattuti con le bombe.
Sul vecchio paese, come simbolo della morte, c'è oggi il maestoso Cretto di Burri. Poi c'è il paese nuovo che è come l'EUR, dando tutto lo sfogo possibile alla violenza selvaggia degli architetti, con spazi enormi evidentemente disabitati e desolati perchè estranei alla tradizione delle popolazioni che lì vi abitano.
Gibellina come tipologia ricostruttiva è una fascistata invereconda. Architetti come Thermes, Purini e Gregotti hanno fatto anche qui i loro orrori
Tutti questi esempi – ha concluso Vittorio Sgarbi – debbono indurre tutti ad una grande riflessione. Io mi auguro che il problema per L'Aquila non si ponga, essendo un luogo la cui importanza nella storia è pari a quella di Firenze, Napoli o Venezia. Le esperienze di Gibellina, Poggioreale, Santa Margherita e Salemi debbono essere da monito”