lavorano 1.400 tra operai e impiegati e altre 600 persone fanno parte dell’indotto. «L’ipotesi di cambiamento della missione produttiva per Termini Imerese — osserva Giovanna Marano, segretaria generale della Fiom Cgil in Sicilia — equivarrebbe a un declassamento e a una lunga e lenta agonia dello stabilimento siciliano. Viene confermato il copione di una Fiat che pensa di punire sempre Termini Imerese e Pomigliano, ovvero il Sud. Questa ipotesi richiama fortemente alla responsabilità il governo regionale che insieme alle forze sindacali dovrà battersi per respingere questa scelta negativa».
Un appello al quale risponde l’assessore regionale all’Industria, Marco Venturi, assieme al sindaco di Termini Imerese, Salvatore Burrafato: «Siamo pronti con tutti gli strumenti e le risorse finanziarie disponibili a trasformare lo stabilimento siciliano in una piena realtà produttiva che superi le attuali operazioni di solo assemblaggio. Chiediamo al governo nazionale di fare di più e in tempi brevi. Di fare ciò che già altri governi in Europa e negli Usa hanno fatto pur di salvare le rispettive produzioni di auto. Noi non resteremo a guardare, non aspetteremo passivamente le decisioni. Anzi, siamo pronti ad avviare uno specifico tavolo tra Regione, Comune di Termini Imerese, Fiat, Confindustria Sicilia e organizzazioni sindacali. La Fiat deve ascoltarci e avrà modo di cogliere significative novità di metodo, di serietà e di coerenza negli impegni assunti». Il presidente Raffaele Lombardo — afferma una nota del governo regionale — prenderà contatti immediati con il governo nazionale e con Fiat.
Preouccupazione esprimono le voci della politica locale. Il capogruppo Udc all'Assemblea Regionale, Rudy Maira, avverte che "la paventata riconversione dello stabilimento Fiat di Termini Imerese è un fatto di inusitata gravità, alla luce di un accordo di programma quadro ancora vigente. Se il gruppo del Lingotto dismettesse la produzione delle auto in Sicilia, ci troveremmo a gestire una crisi occupazionale di dimensioni rilevanti".
Rita Borsellino, europarlamentare Pd, mette in rilievo proprio le responsabilità della regione, facendo notare come "fino a un anno e mezzo fa Marchionne era pronto a firmare un piano di rilancio per lo stabilimento siciliano. Se l'azienda ha cambiato indirizzo, le colpe sono prima di tutto di una Regione che avrebbe dovuto provvedere a un potenziamento delle infrastrutture. Cosa che non è stata fatta".
Antonello Cracolici, presidente del gruppo parlamentare del Partito democratico all'Assemblea regionale siciliana, chiede invece che il presidente della Regione convochi immediatamente un tavolo con i vertici dell'azienda e i sindacati", e avverte inoltre che è necessario "ribellarsi ad un piano che soffocherebbe le più significative realtà industriali del Sud". E Pier Luigi Bersani, responsabile economico del PD, commentando l'esito della riunione di oggi a Palazzo Chigi sulla Fiat richiama il governo alle sue responsabilità: "Se c'è nel mondo e in Europa un necessario ridimensionamento della capacità produttiva del settore auto, noi non possiamo fare gli spettatori. Chieda il governo a quali condizioni si possano garantire le prospettive degli stabilimenti e dell'indotto, a cominciare da Termini Imerese. Preservare capacità produttive avanzate nel Mezzogiorno è un interesse nazionale che deve essere sostenuto e tutelato".