L'operazione è stata denominata GOLEM e ha impegnato 300 agenti.
Secondo quanto ricostruito dagli iinvestigatori, la fitta rete di favoreggiatori favoriva i contatti tra il boss e gli altri membri della cosca palermitana, coprendolo e fornendogli anche dei documenti falsi. I provvedimenti sono stati richiesti dal procuratore aggiunto Teresa Principato e dai sostituti della Dda, Paolo Guido, Roberto Scarpinato e Sara Micucci, e sono stati eseguiti nelle province di Trapani, Palermo, Roma e Piacenza.
I boss trapanesi detenuti, molti dei quali sottoposti al carcere duro previsto dal 41 bis, riuscivano a far arrivare all'esterno del carcere messaggi che erano anche diretti al latitante Matteo Messina Denaro. Proprio per questo collegamento fra dentro e fuori il carcere, sono in atto perquisizioni in 15 istituti di pena, con la collaborazione del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, nei confronti di 37 detenuti trapanesi, che risultano in contatto con gli indagati dell'inchiesta.
Nella rete di favoreggiatori che avrebbe coperto la latitanza di Matteo Messina Denaro c'è anche un cugino del boss trapanese ricercato da 16 anni. L'uomo, secondo gli inquirenti, avrebbe anche imposto il pagamento di tangenti ad imprenditori. Dall'inchiesta è emerso inoltre la scoperta di un traffico di droga tra Roma e il territorio trapanese organizzato dalle famiglie mafiose, i cui componenti agivano in nome e per conto di Messina Denaro. Oltre all'esecuzione dei 13 ordini di custodia cautelare, gli investigatori della polizia di Stato stanno provvedendo anche al sequestro di beni riconducibili all'organizzazione.
I provvedimenti cautelari riguardano: Vito Angelo, di 45 anni, arrestato a Piacenza; Leonardo Bonafede, di 77 anni, di Campobello di Mazara; Giuseppe Bonetto, di 54, imprenditore di Castelvetrano; Lea Cataldo, di 46, di Campobello di Mazara; Salvatore Dell'Aquila, di 48; Leonardo Ferrante, 54 anni; Franco e Giuseppe Indelicato, di 40 e 36; Aldo e Francesco Luppino, di 62 e 53; Giovanni Salvatore Madonia, di 44; Mario Messina Denaro, di 57, imprenditore caseario, cugino del boss latitante Matteo, e Domenico Nardo, di 50, residente a Roma.
In contemporanea, sono state effettuate una sessantina di perquisizioni, alla ricerca di tracce del padrino su cui pendono ormai cinque ergastoli. Una ventina sono gli avvisi di garanzia notificati: la polizia ha perquisito le abitazioni di un funzionario dell’assessorato regionale Agricoltura e di un maresciallo della Guardia di finanza collaboratore di un politico. Controlli anche a casa di una ex terrorista sarda già moglie di un mafioso vicino a Messina Denaro. I poliziotti hanno perquisito pure le celle di alcune carceri dove sono reclusi boss storici di Cosa nostra, che potrebbero non aver interrotto i rapporti con l’organizzazione criminale.
L’inchiesta, condotta dal Servizio centrale operativo della polizia e dalle squadre mobili di Trapani e Palermo, è coordinata da un pool di magistrati di Palermo, composto dai sostituti Paolo Guido, Roberto Scarpinato e Sara Micucci nonché dal procuratore aggiunto Teresa Principato. Per mesi gli inquirenti hanno intercettato un gruppo di mafiosi ritenuti vicini a Messina Denaro. Determinante è stato il ritrovamento di alcuni pizzini del padrino trapanese nel covo di Salvatore e Sandro Lo Piccolo, i capimafia palermitani arrestati il 5 novembre 2007 dopo anni di latitanza: alcuni dei loro uomini hanno poi deciso di collaborare con la giustizia, svelando molti dei segreti della riorganizzazione di Cosa nostra.
L’arresto dei Lo Piccolo fu seguito in diretta da un emissario di Matteo Messina Denaro, che stava per arrivare al loro covo, dove era programmato un summit fra le cosche palermitane e quelle trapanesi. Francesco Luppino riuscì ad allontanarsi per tempo. Ma è finito in carcere stanotte. Ha spiegato il pentito Antonino Nuccio: “Il suo compito era quello di ricostituire un canale di comunicazione sicuro con Lo Piccolo e con Palermo, perché con l’a rresto di Provenzano erano sorti dei problemi”. Assieme a Luppino sono stati arrestati il fratello Aldo e la moglie, Lea Cataldo, poi altri esponenti della famiglia di Campobello di Mazara, ritenuta dagli investigatori al centro del sistema Messina Denaro. Manette per Leonardo Bonafede, Salvatore Dell’Aquila e per i fratelli Franco e Giuseppe Indelicato, a cui è stato sequestrato l’oleificio “Fontane d’oro” (valore, 2 milioni di euro). In manette è finito il cugino del latitante, Mario Messina Denaro, accusato di estorsione assieme a Giuseppe Bonetto, Leonardo Ferrante e Giovanni Salvatore Madonna: pretendevano da un imprenditore di Alcamo il pagamento di 100 mila euro per dare il via libera alla realizzazione di due palazzine a Castelvetrano. A Piacenza è stato arrestato Vito Angelo Barruzza, cugino di Luppino. A Roma, Domenico Nardo, che avrebbe fornito documenti falsi a Messina Denaro.
L’inchiesta prosegue, anche all’estero. Tracce di Messina Denaro sono emerse persino in Venezuela, dove operano alcuni boss trapanesi. Lo strumento fondamentale per le indagini resta quello delle intercettazioni. Per i mafiosi, le microspie sono una vera ossessione: "Al sessantesimo giorno la mettono in un’altra macchina", Franco Indelicato cercava di trovare un escamotage fra le pieghe della legge. Poi, scelse la via più facile: “Prendi il Pongo – spiegava a un amico – lo metti in questa maniera, hanno poco da sentire”.
Traffici di sostanze stupefacenti, ai quali era interessata la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara perche' destinataria di singole partite di droga, sarebbero stati avviati da Domenico Nardo con Franco Indelicato, dopo l'avallo del capo famiglia Leonardo Bonafede.
E' stato inoltre accertato il trasferimento fraudolento di valori, pianificato e perpetrato da Francesco Luppino, con il concorso della moglie Lea Cataldo, del fratello Aldo Luppino, nonche' dei fratelli Giuseppe e Franco Indelicato, finalizzato alla costruzione e alla successiva gestione dell'oleificio "Fontane D'Oro" a Campobello di Mazara. Le quote sociali sarebbero state fittiziamente intestate ai fratelli Indelicato, al fine di garantirne il controllo a Francesco Luppino eludendo le misure patrimoniali derivanti dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale. L'autorita' giudiziaria ha quindi richiesto e ottenuto il sequestro preventivo della societa', dei relativi beni aziendali e delle quote societarie, per un valore complessivo di circa due milioni di euro.
Nel corso dell'operazione 'Golem' che all'alba di oggi ha portato all'esecuzione di tredici arresti tra Trapani, Roma, Palermo e Piacenza, gli inquirenti hanno contestualmente eseguito delle perquisizioni in quindici istituti penitenziari nei confronti di trentasette detenuti. I detenuti , secondo quanto accertato dagli inquirenti, avrebbero comunicato con gli indagati. Sono affiliati detenuti nelle carceri della Lombardia, del Piemonte, del Friuli Venezia Giulia, del Lazio, dell'Umbria, dell'Abruzzo, della Campania, della Calabria e della Sicilia.
Tra i detenuti figurano "boss" di primissimo piano nel panorama di "cosa nostra", tra cui Mariano Agate, capo indiscusso del "mandamento" mafioso di Mazara del Vallo, detenuto ininterrottamente da oltre 15 anni e condannato a piu' ergastoli per associazione mafiosa, omicidi e traffico di sostanze stupefacenti. Storicamente legato all'ala "corleonese" di "cosa nostra", e' da sempre considerato vicinissimo alla famiglia Messina Denaro. Ma anche Filippo Guattaduro, cognato del latitante Messina Denaro Matteo, per averne sposato la sorella.
"Le perquisizioni hanno, finora, consentito - si apprende da ambienti giudiziari - di acquisire numerosa documentazione, gia' al vaglio degli inquirenti che stanno valutando la possibilita' di disporre l'immediato trasferimento di alcuni dei soggetti perquisiti in Istituti Penitenziari diversi".
Con una nota indirizzata al Questore di Trapani, Dott. Giuseppe Gualtieri, il Presidente Giuseppe Poma, a nome dell’intero Consiglio Provinciale, ha espresso il plauso per l’operazione antimafia denominata “Golem” che ha consentito l’individuazione e l’arresto di diversi soggetti responsabili di intrecci malavitosi a diversi livelli finalizzati, tra l’altro, a favorire anche i contatti fra il boss latitante di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro, con altri esponenti di “Cosa Nostra”.
Questo il contenuto della nota del Presidente Poma al Questore Gualtieri:
“A nome mio personale e dell’intero Consiglio Provinciale che mi onoro presiedere, avverto l’esigenza, sia da semplice cittadino che da rappresentante delle Istituzioni, di esprimere alla S.V. vivo apprezzamento per il positivo esito della brillantissima operazione antimafia “Golem”, condotta dalla Squadra Mobile di Trapani, diretta dal Dott. Giuseppe Linares, in collaborazione con i colleghi della Questura di Palermo e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e coordinata dai magistrati della Procura di Palermo: Paolo Guido, Roberto Scarpinato, Sara Micucci e Teresa Principato.
La suddetta operazione, che ha fatto ulteriore terreno bruciato attorno al boss latitante Matteo Messina Denaro ormai indicato quale numero uno della mafia siciliana, ha confermato, se ce ne fosse stato ancora bisogno, la grande capacità operativa e l’estrema professionalità ormai raggiunta dalla Polizia di Stato nonché da tutte le altre Forze dell’Ordine e dalla Magistratura inquirente, capacità e professionalità che garantiscono il rispetto delle regole della civile e democratica convivenza.
La prego pertanto, Sig. Questore, di farsi latore presso “i suoi uomini” della nostra più sentita gratitudine per l’importantissimo ed efficacissimo lavoro instancabilmente svolto non solo in questa occasione ma quotidianamente, giorno dopo giorno, tanto che nel muro della cosiddetta omertà si è ormai aperta una breccia che la criminalità organizzata e mafiosa difficilmente riuscirà a richiudere in quanto non detiene più, come invece avveniva in passato, il controllo del territorio d’azione”.
“L'operazione 'Golem' è importantissima perché la polizia e la magistratura stanno stringendo il cerchio". Lo dichiara il senatore del Partito Democratico Giuseppe Lumia, commentando l'arresto di tredici persone vicine al boss Matteo Messina Denaro.
"I fiancheggiatori - aggiunge Lumia - sono la linfa vitale del sistema di relazioni e collusioni che danno prestigio e forza ad un capo, ad un boss che guida Cosa nostra. Matteo Messina Denaro è il primo obiettivo su cui lo Stato deve intervenire con tutte le sue forze. Non può diventare il nuovo Provenzano. Non possiamo attendere quaranta anni per catturalo".
"Come al solito - continua - sono coinvolti anche settori dell'economia e della politica su cui bisogna intervenire a monte".
"Oggi le risorse a disposizione degli inquirenti sono state diminuite e il Ddl sulle intercettazioni non fa altro che indebolire l'efficacia delle indagini. Su questi due aspetti bisogna correggere il tiro se si vuole sconfiggere la mafia".
"Esprimo compiacimento e soddisfazione per la brillante operazione 'Golem'che ha permesso lo smantellamento di una fitta rete di favoreggiatori che da anni copre il capomafia di Trapani, Matteo Messina Denaro, accusato di omicidi e stragi, ricercato da 16 anni. Questo ancora una volta dimostra la reale e massiccia attenzione e la presenza dello stato sul territorio per garantire il rispetto della legge e la sicurezza dei cittadini". Lo ha detto Giuseppe Marinello, deputato del Pdl e componente della Commissione antimafia in riferimento all'operazione del Servizio centrale operativo e delle squadre mobili di Trapani e Palermo che ha portato a tredici ordinanze di custodia cautelare in carcere tra le province di Trapani, Palermo, Roma e Piacenza, nei confronti di altrettanti indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, trasferimento fraudolento di società e valori. "Plauso particolare - ha concluso Marinello - va alla magistratura e alle forze dell'ordine che sempre con spirito di servizio e di sacrificio mantengono alto il livello di attenzione, di prevenzione e di lotta al fenomeno mafioso, una vera piaga per la nostra Sicilia".
Dichiarazione del Presidente di Confindustria Davide Durante:
“Ogni giorno il nostro territorio sempre più libero. Libero dai condizionamenti e dalle prevaricazioni di un sistema criminale e mafioso che fino ad oggi ne ostacola il pieno sviluppo”.
Questo il primo pensiero manifestato da Davide Durante, presidente di Confindustria Trapani, che esprime il proprio plauso per l’odierna operazione denominata “Golem” anche a nome di tutta la classe imprenditoriale che si riconosce nei valori di Confindustria.
“Un grazie – continua Durante – alle Forze dell’Ordine, in particolare al Questore Giuseppe Gualtieri e al Capo della Squadra Mobile Giuseppe Linares, per l’impegno e la determinazione con la quale ogni giorno combattono per affrancare la nostra Provincia dalla mafia. Ma un grazie soprattutto ai loro uomini che contribuiscono tutti al raggiungimento di questi risultati.
Puntare ad indebolire il sistema economico/mafioso colpendo i beni e il giro d’affari che ruota attorno alla criminalità organizzata è certamente l’arma migliore che abbiamo per sconfiggerli. Oltre a ciò sarà necessario rimboccarsi le maniche e far partire l’economia della provincia, assicurando lavoro ai giovani e togliendo, quindi, manodopera facile alla delinquenza".
“Esprimo tutto il mio compiacimento e la mia soddisfazione, per la brillante operazione, denominata Golem, messa a segno dalla squadra mobile di Trapani di concerto con la Dda di Palermo, che ha permesso lo smantellamento di una fitta rete di fiancheggiatori, legati al superlatitante Matteo Messina Denaro”. E’ il commento del deputato regionale Baldo Gucciardi in merito all’arresto di tredici persone affiliate a Cosa Nostra e ritenute vicine al boss Matteo Messina Denaro. “Ancora una volta – ha sottolineato Gucciardi, lo Stato a dimostrato di essere presente sul territorio per garantire il rispetto delle regole e la sicurezza ai cittadini”. “Un plauso particolare – conclude il deputato regionale - va a tutti i magistrati e alle forze dell’ordine impegnate costantemente nella lotta alla mafia che rappresenta ancora oggi una delle piaghe della nostra Sicilia”.
Il sindaco della città di Castelvetrano, dr. Gianni Pompeo, ha voluto indirizzare una nota di compiacimento per l’operazione “Golem”, condotta dalla Squadra Mobile di Trapani, diretta dal Dott. Giuseppe Linares, in collaborazione con i colleghi della Questura di Palermo e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e coordinata dai magistrati della Procura di Palermo: Paolo Guido, Roberto Scarpinato, Sara Micucci e Teresa Principato, che ha consentito l’individuazione e l’arresto di diversi soggetti, che favorivano anche i contatti fra il boss latitante di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro, con altri malavitosi. “Come cittadino e come rappresentante delle istituzioni, manifesto il mio compiacimento alle forze di polizia che hanno brillantemente condotto l’operazione antimafia- afferma il sindaco- poiché la collettività ha sempre bisogno di sentirsi rassicurata e sapere che quotidianamente i tutori dell’ordine vigilano sulla nostra sicurezza, è motivo di serenità- continua Pompeo- nell’auspicare che ancora una volta gli organi di informazione non facciano l’errore di identificare la mia città come patria del malaffare, visto che la mia comunità è piena di imprenditori sani e che nulla hanno a che vedere con la criminalità organizzata- conclude il sindaco- mi rassicura sapere che attorno al boss latitante Matteo Messina Denaro continui una scientifica operazione di terra bruciata, che possa presto condurre alla sua cattura.”
Il senatore Antonio d'Alì nel corso di una telefonata al Questore di Trapani, Giuseppe Gualtieri, ha espresso “soddisfazione” per l'operazione antimafia delle Squadre Mobili di Trapani e Palermo. Tramite il Questore Gualtieri ha rivolto i “complimenti a tutti coloro, investigatori trapanesi e palermitani, che hanno partecipato alle indagini che si sono concluse con l'operazione Golem”.
Dichiarazione di Camillo Oddo: "
L’operazione “GOLEM” mette un nuovo tassello nella strategia che ci porterà a registrare la cattura del superlatitante Matteo Messina Denaro. La Polizia di Stato e la Magistratura hanno condotto un’azione efficace e concreta per isolare il boss. Fiancheggiatori e fedelissimi sono la sua forza. L’attacco frontale al suo sistema di protezione è l’unica via da seguire per arrivare all’obiettivo finale. Lo Stato ha dimostrato, ancora una volta, di essere più forte ed organizzato. Un lavoro certosino, fatto di tanti sacrifici, e dell’abnegazione di tanti uomini e donne, con un valore sociale inestimabile sta confermando che la mafia si può battere, che i boss possono essere messi in discussione, che la loro rete di favoreggiatori non è infallibile. La società trapanese deve stare al fianco delle forze dell’ordine e il governo deve assicurare maggiori risorse per garantire tutto quanto è necessario agli apparati investigativi. E’ uno scontro difficile ma senza ambiguità. Si sta da una parte o dall’altra, non possono esserci ambiguità, né tentennamenti".
Tra gli indagati ci sono anche un funzionario regionale, Girolamo Coppola, che secondo alcune testate giornalistiche l’anno scorso organizzo’ il ‘Cous Cous Fest’ di San Vito Lo Capo (circostanza e rapporto smentiti dall'Amministrazione Comunale di San Vito Lo Capo). Indagato anche Achille Felli, finanziere in pensione, che collabora nella segreteria politica di Carlo Vizzini, senatore del Pdl. Felli e’ accusato di favoreggiamento aggravato. Gli inquirenti, nel corso dell’indagine, hanno scoperto che Felli aveva “rapporti confidenziali con personaggi vicini a Cosa nostra”.
Non si è fatta attendere la risposta del Senatore del PdL, che ha dichiarato:”Sono sorpreso, ma e’ evidente che Achille Felli non potra’ piu’ collaborare con la mia segreteria politica, sara’ allontanato”, dopo avere appreso dell’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex finanziere, oggi in pensione, Achille Felli, suo collaboratore presso la segreteria politica di Palermo.
“Conosco Felli - spiega Vizzini - da quando lavorava in Finanza, e’ un collaboratore saltuario che svolgeva piccoli compiti, come rispondere al telefono. Certo non svolgeva mansioni politiche. Questo fatto mi giunge nuovo, non ne so assolutamente nulla”.
Le indagini della polizia di Stato finalizzate alla ricerca del boss Matteo Messina Denaro, latitante dal 2 giugno 1993, hanno evidenziato che il capomafia ha effettuato diversi viaggi all’estero, con falsi documenti. Gli investigatori hanno accertato che il boss si è recato in Austria, Svizzera, Grecia, Spagna e Tunisia. Cosa nostra trapanese avrebbe allargato i propri interessi anche in Venezuela, dove in passato sono stati arrestati due latitanti legati a Messina Denaro, si tratta di Vincenzo Spezia e Francesco Termine. E proprio in Venezuela gli investigatori fanno emergere che vi risiede un gruppo di trapanesi che hanno storici rapporti con il latitante. I documenti falsi al boss, secondo l’accusa, sarebbero stati forniti da un pregiudicato di Roma, Domenico Nardo, di 50 anni, titolare della “World Protection srl”, che si occupa di bodygard nel mondo dello spettacolo ed è anche l’ex genero di Andrea Roncato. L’uomo, per l’accusa, già in passato ha fornito documenti ad un sicario trapanese, Raffaele Urso. Inoltre, nel 2008 avrebbe preso parte ad un summit mafioso con il boss Leonardo Bonafede, anche lui arrestato oggi, nel corso del quale hanno parlato di alcuni favori da realizzare nell’interesse di Matteo Messina Denaro.
Gli incontri palermitani di Messina Denaro non erano gestiti in prima persona. Ad occuparsene c’era Franco Luppino, il vero è proprio ambasciatore della situazione. Dall’inchiesta “Golem” emerge infatti che il boss Matteo Messina Denaro non ha mai incontrato personalmente i mafiosi palermitani Sandro e Salvatore Lo Piccolo, agli incontri con loro il capomafia trapanese inviava sempre il suo “ambasciatore”.
Luppino, insieme a Leonardo Bonafede, anche quest’ultimo arrestato stamani, sono elementi di vertice della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, e forse gli uomini di cui Matteo Messina Denaro si fidava maggiormente. Gli indagati, infatti, avrebbero gestito la latitanza del boss, controllando anche gli affari illeciti nel trapanese, mettendo le mani su varie attività economiche e su fondi regionali. In questi affari sarebbe stata coinvolta anche la moglie di Luppino, Lea Cataldo, arrestata.
Nell’ambito dell’operazione Golem, che ha portato all’arresto di 13 fiancheggiatori del boss mafioso Matteo Messina Denaro, a Roma gli agenti della Squadra Mobile hanno arrestato Domenico Nardo, il tipografo di Messina Denaro. L’uomo si definiva cugino del boss latitante e manteneva rapporti con Leonardo Bonafede, reggente della famiglia di Campobello. Proprio nell’estate del 2008 Nardo, che aveva fornito della droga nella capitale a Franco Indelicato, è andato a Campobello a chiarire i termini della transazione.
LA RETE DELLO SPACCIO - A Roma Nardo, 50 anni, si occupava di spaccio di droga e i poliziotti hanno effettuato anche una serie di perquisizioni nei confronti di vari affiliati, tra cui una donna, F.M. di 58 anni, ex militante della colonna sarda delle Brigate rosse ed ora in carcere, legata sentimentalmente a Piddu Madonna. Tra le persone sottoposte a perquisizione ci sono anche F.S., 54 anni, che nei mesi scorsi era stato destinatario a Roma di una misura di prevenzione, e A.B., 58 anni, in passato considerato l’uomo che avrebbe occultato l’esplosivo degli attentati di via Palestro a Roma, di via dei Georgofili a Firenze e di piazza Duomo a Milano. Nel corso dell’operazione è stato arrestato in flagranza di reato anche M.F., 45 anni, nella cui abitazione è stata sequestrata hascisc ed un bilancino di precisione.