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26/05/2009 16:09:27

Don Mario Crociata bacchetta Berlusconi


MODELLI - Il segretario della Cei ha voluto inquadrare la questione della morale politica nello scenario dell'emergenza educativa. «Il richiamo agli adulti - ha spiegato - è imprescindibile». L'educazione dei giovani non può avvenire solo a parole ma anche attraverso i modelli, ha proseguito. «Molti ragazzi e giovani - ha osservato - sono scoraggiati nella loro disponibilità a voler diventare maturi da esempi, modelli e discorsi che allontanano dai valori».

LA CRISI - All'indomani dell'allarme sui licenziamenti lanciato dal cardinale Bagnasco, monsignor Crociata è tornata sul tema della crisi, spiegando che i vescovi italiani non vogliono dare un giudizio su quanto fatto finora dal governo per combatterla, ma che si limitano a indicare le difficoltà e i problemi ancora presenti e ad incoraggiare «a fare sempre di più e meglio». «Esprimiamo la preoccupazione - ha sottolineato il segretario della Cei- per una realtà sociale, ma noi non siamo un soggetto politico che deve dare patenti o riconoscimenti a qualcuno. Siamo un soggetto pastorale - ha aggiunto - che se vede un problema lo segnala e si sforza di mettersi in gioco. Noi richiamiamo l’attenzione affinché i problemi ancora presenti siano posti all’attenzione di chi gestisce la cosa pubblica e incoraggiamo a chi ha il compito in questo campo a fare sempre di più e meglio».

«INTERCULTURALISMO» - Nel corso della conferenza stampa sui lavori dell'Assemblea Cei, Crociata è poi tornato sul tema dell'immigrazione, specificando che la preferenza della Chiesa è per il modello dell'interculturalismo. «L'interculturalismo - ha spiegato il segretario della conferenza episcopale italiana - è scambio, arricchimento, condivisione di un territorio e dei valori e istituzioni che fanno l'unità di quel territorio che non è un'unità geografica ma storica e culturale, la quale - ha scandito Crociata - deve essere contesto e orizzonte in cui le varie culture possono integrarsi attorno a quella che è la cultura non dominante ma che plasma il tessuto artistico e sociale di comune appartenenza». Secondo i vescovi, cioè, «chi arriva non è invitato a negare la propria identità ma a viverla nel rapporto con gli altri».