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21/05/2009 20:00:50

A Salemi la mostra "Facce di mafiosi"

La mostra si ricollega al progetto dell’istituendo «Museo della Mafia» all’interno del castello arabo-normanno di Salemi. Flavia Mantovan, che da anni vive e lavora a New York, ha raffigurato i volti di famigerati mafiosi, da Liggio a Provenzano, da Anastasia a Matteo Messina Denaro, da Al Capone a Lo Piccolo.
Alla conferenza sono intervenuti Vittorio Sgarbi, sindaco di Salemi e Oliviero Toscani, Assessore alla Creatività.
La mostra, promossa dal Comune di Salemi, resterà aperta al pubblico ,nei saloni del Castello di Piazza Alicia, a Salemi, fino al 3 giugno.

"L’arte, il più alto mezzo per comunicare e documentare ciò che ci circonda, si può definire tale quando non è costretta a inseguire il bene o il bello, - ha dichiarato Oliviero Toscani - perché il suo compito è quello di toccare ogni aspetto della condizione umana, compresa la tragedia; deve generare emozioni, questo può succedere anche attraverso l’estetica del brutto e del malvagio. Flavia Mantovan ha ritratto una parte della società di oggi senza moralismi, ha rappresentato un comportamento umano che va denunciato. “Cosa nostra” diventa “cosa di tutti”, attraverso le facce di mafiosi che siamo abituati a vedere solamente sui giornali e nei telegiornali. La cronaca, che è la contemporaneità di un’epoca, diventa immortale attraverso l’arte. L’arte, il più alto mezzo per comunicare e documentare ciò che ci circonda, si può definire tale quando non è costretta a inseguire il bene o il bello, perché il suo compito è quello di toccare ogni aspetto della condizione umana, compresa la tragedia; deve generare emozioni, questo può succedere anche attraverso l’estetica del brutto e del malvagio. Flavia Mantovan ha ritratto una parte della società di oggi senza moralismi, ha rappresentato un comportamento umano che va denunciato. “Cosa nostra” diventa “cosa di tutti”, attraverso le facce di mafiosi che siamo abituati a vedere solamente sui giornali e nei telegiornali."

Il Museo della Mafia sarà una raccolta di testimonianze, di memorie, storie di una lunga sopraffazione contro lo Stato e al posto dello Stato. "Più di ministri, presidenti, sindaci,  - dice Vittorio Sgarbi, sindaco di Salemi -  i mafiosi hanno rappresentato l’autorità in Sicilia. Il male è diventato leggenda. Il danaro ha dato sostanza al potere. Per qualche tempo, diventato sindaco a Salemi, ho patito l’oltraggio di chi, in nome di una consolidata leggenda, mi immaginava condizionabile, non considerando che la forza dell’immagine espressa, con me, da Oliviero Toscani, era l’unico e più grande potere di cui potevamo disporre, contro ogni mafia. E chi, realisticamente, non ci voleva ancorare a un passato, era comunque attratto morbosamente dalla mafia latitante, e per questo misteriosa, indefinibile, avvolgente. Onnipotente perché non si conoscono i confini della sua azione. Da cui la frequente domanda: lei come si trova nel territorio dominato da Matteo Messina Denaro? Un uomo invisibile, il potere occulto, una letteratura più reale e invincibile della realtà. Con i riferimenti al passato, ai potenti mafiosi di Salemi, e al presente, oscuro ma pauroso, mi sono spesso incazzato, cercando di negare la leggenda in nome dell’evidenza, nella vita della città pacificata, “libera et immunis”. Oggi la percezione di Salemi è mutata, ma gli eroi negativi alimentano le fantasie. E può così accadere che una giovane artista italiana, da qualche anno attiva in America, modella e pittrice nello studio di La Chapelle, abbia elaborato invenzioni alla Andy Warhol, con una resistente ricerca pittorica, su alcune “Facce di Mafiosi”.
Flavia Mantovan non ha inteso alimentare scandali, fare provocazioni, ma semplicemente registrare emozioni profonde, come in un procedimento psicoanalitico, individuare archetipi, mettendo in fila le facce tante volte viste sui giornali e molto meno, se non mai, viste nella realtà. Si è molto parlato del bacio di Andreotti e Riina a casa Salvo a Palermo. Ma la latitanza del celebre mafioso lo ha reso per lunghi anni invisibile, senza volto. E, quanto più invisibile tanto più potente, lo stesso è toccato a Provenzano. Poi, attraverso i pentiti, abbiamo visto, imprigionati, mafiosi anziani di cui avevamo improbabili identikit con sbiadite fotografie di epoche lontane. Sono riapparsi con altri volti che sono diventati subito icone. A partire da quelli degli stessi pentiti, come Buscetta, primo a svelarsi, e poi trasformati, sfigurati, con interventi di chirurgia plastica, o di nuovo nascosti, ripresi di spalle. Insomma negli ultimi venti anni abbiamo assistito a una vera e propria “epifania” del mafioso. I nomi hanno preso corpo, corpi grassi, sfatti, invecchiati. E abbiamo cominciato a riconoscere le “Facce di Mafiosi”. La Mantovan li ha osservati, nel corso degli anni, passivamente, né attratta né respinta. Incuriosita dal mistero che essi esprimono. Volti avvolti nel silenzio, spesso inespressivi, senza parole. Le poche dette da Riina sono subito diventate memorabili come aforismi di un filosofo. Provenzano ha pronunciato una frase, profetica, minacciosa: “voi non sapete quello che state facendo”. Poi sono rientrati nel buio, lasciando soltanto la loro silenziosa icona. Flavia ha dipinto quelle immagini senza nessuna retorica, nessuna concessione alla leggenda, talvolta anche in chiave lombrosiana (ricorre quest’anno il centenario della morte di Cesare Lombroso).
Il suo punto di vista, di italiana dall’America, mi ha incuriosito, e ho pensato che potesse essere l’annuncio, con una sezione di attività espositive temporanee, del Museo della Mafia.
Non è dunque una mostra su commissione, ma una coincidenza di curiosità, forse morbosa come ogni curiosità, ma lecita nella iconosfera del nostro tempo, dove le immagini parlano più delle parole. “Facce di Mafiosi” è giornalismo, cinema, denuncia. È applicare la lezione di Andy Warhol, di Schifano, a una materia incandescente. Il potere mafioso che vive nascosto trova volto e viene esibito, senza paura, senza ipocrisia, come le teste mostruose dei carnefici di Santa Lucia nel dipinto di Caravaggio a Siracusa. Nessuno ha potuto rimproverare a Caravaggio il male che egli ha rappresentato esibendo il primo piano, come protagonisti, i bruti che stanno coprendo di terra il volto di Santa Lucia. Il male esiste come la disponibilità al crimine di molti uomini. I giornali ne sono pieni ogni giorno. Immagini e racconti di imprese di inaudita violenza. E, dunque, noi ci specchiamo nel male. Taluno per ritrarsene inorridito. Altri per compiacersene. Flavia trasferisce in pittura quello che ha visto nelle cronache dei giornali, non ha fatto ricerche speciali. Qualcosa del mondo mafioso l’ha attratta e l’ha respinta. Ma non ha voluto astenersi. “Nihil umanum a me alienum puto". Adesso guardiamo queste “Facce di Mafiosi”, conclude Sgarbi.