L’indagine, condotta su un campione rappresentativo di 40 persone omosessuali maschi di Trapani, compresi tra i 20 e i 50 anni, riguarda sul come oggi sono considerati e si considerano i gay. Ne è venuta fuori una parziale accettazione da parte della società e la mancanza di locali, associazioni e organizzazioni, assieme a ciò che potrebbe essere di supporto per farli “uscire fuori” più facilmente e «avere – come affermano le ricercatrici - una visibi
lità maggiore per vivere liberamente, senza maschere e infingimenti comportamentali che vadano, in qualche modo, a imitare il modello maschile eterosessuale». Tutto ciò discrimina gli intervistati a vivere la loro quotidianità, impedendo di sentirsi parte di un sistema sociale nel quale vivono. Questo distacco si ripercuote negativamente nel rapporto dei gay con il modo esterno, «giustificando così la loro scelta di non rivelarsi a tutti indistintamente, ma di tracciare dei confini tra i vari contesti relazionali». Le storie emerse sono marcate da molte difficoltà relative all’accettazione. La prima, fra tutte, è data dalla famiglia d’origine: i genitori sono sprovvisti di modelli di comportamento e di forme comunicative idonee ad affrontare un evento inaspettato d’omosessualità del figlio. La conseguenza è stata «di tenere “velata” la propria identità nei confronti dei familiari, sancendo così l’impossibilità di fatto di essere considerati “normali nella diversità” (Bartholini 2007)». E nell’eventualità di minaccia di terzi (parenti, conoscenti, vicinato), che la famiglia ne sia informata, i testimoni hanno descritto il primo approccio con lo scoppio di un vero “dramma familiare”: reazioni violente, per fortuna non con una rottura insanabile ma con un recupero successivo, anche se l’omosessualità continua a essere tabù e i rapporti familiari si sono basati spesso sull’indifferenza del “non capisco e quindi non so”. Le altre problematicità sono: difficoltà di rapportarsi con gli altri, a sentirsi oggetto di attenzione e di discriminazione…, elementi che denotano una carenza culturale e di accettazione dell’altro poiché “diverso”, noncurante del valore della persona umana e dell’uguale dignità, di là da qualsiasi situazione di anormalità innata o acquisita.
L’analisi emersa da questo spaccato trapanese è non omogeneo rispetto al percorso che le minoranze etniche, in questo caso omosessuali, rappresentano nel tessuto nazionale. La ricerca ha fatto emergere anche il cammino culturale e sociale che i cittadini italiani hanno fatto verso chi rappresenta, come dice Pietrantoni nel 1999, «l’insulto più terribile alla società nel suo complesso». Negli anni ‘70, infatti, dall’indagine svolta da Fabris e Rowena, l’omosessualità era “stigmatizzata”; dalla fine degli anni ‘80 e i primi del ‘90 si avverte un cambiamento, evidenziato dalle indagini Ispes del 1989 e 1991 e dai rapporti Iard pubblicati tra il 1993 e il 2002, dal quale si evince «un forte rifiuto sociale dell’omosessualità, della sua esistenza e della sua ammissibilità», ma si evidenzia un’apertura, soprattutto tra i giovani, se a essere interessato è un amico o un conoscente, e questo grazie all’accrescersi della tolleranza in difesa del libero arbitrio dell’individuo. La ricerca condotta a livello nazionale da Barbagli e Colombo, pubblicata nel 2001 sotto il titolo “Omosessuali moderni”, segna una controtendenza: l’opinione pubblica sta cambiando, spostandosi «dalla stigmatizzazione in toto all’accettazione delle sue peculiarità comportamentali e di genere» e descrive come sono mutati i comportamenti di gay e di lesbiche; si assiste, grazie all’elaborazione politica e culturale nuova, alla nascita di un’identità omosessuale, accompagnata da richieste di riconoscimento e di diritti. Gli omosessuali moderni non vivono una condizione d’isolamento, ma hanno una rete, di associazioni e organizzazioni che rafforzano la loro identità. Come Trapani è diversa dalla visione nazionale!
Salvatore Agueci