La sentenza ha riguardato, come spiegano i legali, Floriana Pisani e Simona Russo dell’Ufficio Legale Codacons, "il caso del latte prodotto dalla Nestlè Italiana in TetraPack, (‘NIDINA 1’, ‘NIDINA 2’, ‘MIÒ) sequestrato nel 2005 dal Corpo Forestale dello Stato, in esecuzione dell’ordinanza della Procura della Repubblica di Ascoli Piceno, in circa 30 milioni di litri di latte per bambini, venduti nei supermercati, negozi e farmacie".
La misura precauzionale del ‘sequestrò era stata disposta a seguito dei risultati delle analisi effettuate dall’Arpa (Agenzia Regionale Protezione Ambientale, Regione Marche) successivamente ad un primo sequestro di 2 mln di litri di latte "riguardante solamente la qualità ‘Mio' e ‘Nidina 2’ avvenuto il 9 novembre. Tali analisi accertarono, in tutte le confezioni in scadenza a maggio e settembre 2006, l’alterazione del latte e la presenza di tracce del componente chimico IsopropilThioXantone utilizzato come fotoiniziatore di inchiostri nella fabbricazione - notano i due legali - di imballaggi nelle confezioni in TetraPak a stampa off-set".
Il CFS ha chiarito che "l’isopropylthioxanthone è un fissativo usato nella stampa tipografica per polimerizzare gli inchiostri - precisano - esso si fissa una volta esposto a raggi ultravioletti. Pertanto, accade che i fogli stampati si sono sporcati con questa sostanza, causando la contaminazione del lato del cartone che finisce a contatto col latte e si presume che il problema si sia creato proprio nella fase di polimerizzazione. In pratica il predetto componente aveva contaminato gli alimenti contenuti negli involucri. I genitori di due bambine, che avevano consumato il latte in questione si rivolsero al Codacons per la tutela dei loro diritti e per chiedere al giudice il risarcimento del danno".
Orbene "il giudice di pace Salvatore Fisichella - proseguono i legali - ha stabilito che la commercializzazione del prodotto inquinato comporta una responsabilità di natura contrattuale ed extracontrattuale in quanto si profila non solo una ipotesi di inadempimento contrattuale ma anche una ipotesi di responsabilità per il danno alla salute che la commercializzazione comporta".
E ancora "nello specifico gli attori hanno fornito prova idonea che a seguito dell’acquisto del latte Nestlè e della somministrazione dello stesso alle proprie figlie, subirono un danno di natura psicologica determinato dal turbamento e dalla preoccupazione che la prole possa essere contaminata a causa della sostanza ‘inquinantè. Nello specifico il Giudice ha condannato la Nestlè Italiana sp.a., la Tetra Pack International S.A. e la Tetra Pack Hispania S.A., in solido tra loro, al pagamento a favore dei genitori delle piccole che avevano utilizzato il prodotto alimentare adulterato sia del danno patrimoniale che del danno non patrimoniale nonchè al pagamento delle spese legali", concludono i legali.