Il Workshop-Expo propone un modo diverso di accostarsi al mondo del femminile e alle sue molteplici e variegate problematiche, incrociando il contributi culturali e letterari con quelli psicologici e con in Un mix suggestivo di modelli di moda femminile, cortometraggi, danze, dipinti, disegni, fotografie, opere grafiche, installazioni artistiche, brani letterari, brani musicali, poesie, saggi psicoanalitici e psicoantropologici, sculture, soggetti teatrali.
Il Workshop articolando diversi modi comunicativi ed espressivi rappresenta un significativa e ormai tradizionale cornice entro la quale approfondire e confrontare i diversi aspetti del femminile e dell’ “anima” nell’incontro dinamico con se stessa e L’evento si propone sotto forma di un percorso in più giornate nel quale calarsi collettivamente e in tutti i suoi momenti!.
Il report del dottore Alfredo Anania
Quando all’inizio nel 2011 decisi di creare un evento ricorrente dedicato all’immaginario con cui la psiche collettiva vive il femminile, mi resi conto che la “dimensione femminile” - per quanto da sempre oggetto di grande interesse da parte degli esseri umani - meritava con il mutare dei tempi un continuo approfondimento; senza però adottare gli usuali schemi convegnistici! Ho pensato che il miglior modo per esplorare e gustare il gioco dell’immaginario in rapporto al femminile dovesse essere il risultato di un mix di contributi variegati da parte di interpreti appartenenti a più diversi ambiti culturali: da quello psicoantropologico al mondo delle muse. Il Workshop-Expo, articolando i vari modi comunicativi ed espressivi, ha finito con il rappresentare una significativa e ormai tradizionale cornice entro la quale vengono approfonditi e confrontati i diversi aspetti del femminile e dell’“anima” nell’incontro dinamico con se stessa e con l’“animus”.
Ci hanno confortato quest’anno l’attenzione e la presenza del Sindaco di Marsala Alberto Di Girolamo e dell’Assessore alla Cultura Clara Ruggieri i quali hanno portato il loro Saluto a relatori e partecipanti. Anche quest’anno il Presidente dell’Ordine Professionale degli Assistenti Sociali della Regione Sicilia Giuseppe Graceffa ha onorato l’evento con il suo Saluto. Come avviene ogni volta, un invisibile filo conduttore, come se frutto di una segreta regia, ha legato tra loro i multiformi interventi che si sono snodati nelle quattro giornate del Workshop, pur non conoscendo in anticipo alcun relatore o artista quale tematica specifica, a parte l’argomento generale, gli altri avrebbero trattato. Ciò trova spiegazione nel livello inconscio da me definito “inconscio collettivo contemporaneo” che si snoda su un livello “storicogenetico orizzontale” per differenzialo dall’inconscio collettivo archetipico che si dimensiona su un livello “storicogenetico verticale”.
Quest’anno, ad esempio, si è registrato un corale ritorno al mito! L’Archeologa Rossella Giglio, Dirigente dell’Assessorato ai Beni Culturali della Regione Siciliana, nella sua relazione “Il Femminile negli Antichi Culti di Lilibeo” attraverso una doviziosa carrellata di immagini di reperti archeologici appartenenti soprattutto, ma non solo, all’area Lilibetana, ha mostrato in fondo la continuità tra le più antiche divinità femminili come Iside e le ancora attuali come Maria, ad evidenziare l’eterna devozione cultuale nei confronti del femminile.
Maria Giambruno, Giornalista Esperta in Tematiche Femminili, nella sua Relazione “Fate, Streghe e Principesse. Le Donne aspettano ancora il Principe Azzurro?”, mette in evidenza come la maggior parte delle fiabe trattano in modo estremamente diseducativo il femminile sotto forma di sprovvedute ragazze facilmente preda di trucchi, inganni e malefici incantesimi, pronte a svegliarsi per cadere imbambolate nelle braccia di qualche stupido principe che come nel caso di Cenerentola non sa riconoscere nemmeno il volto della fanciulla con la quale aveva ballato una notte intera e deve ricorrere alla prova della scarpina per conoscere la sua bella.
L’Avvocato, Scrittore e Poeta, Fabio D’Anna, “Memorie del Futuro. Le Parole Desideranti”, anticipando uno stralcio di un suo prossimo romanzo, tratteggia il “vero amore” attraverso una lettera inviata al suo ex amante dalla protagonista: si evince che tutto non finisce con la cessazione della relazione amorosa dato che si continua un pò ad appartenere alla persona amata e il ricordo del benessere vissuto alimenta il desiderio, proiettato fantasticamente nel futuro, di potere rivivere la bellezza dell’esperienza amorosa sperimentata, che non si limita alla relazione fisica ma si estende agli aspetti spirituali e al contesto armonioso della natura che nel romanzo è implicitamente partecipe facendo suggestivo corteo all’unione d’anime dei due amanti.
La Giornalista Barbara Lottero, “Amore e Psiche”, trattando di Amore e Psiche, secondo il racconto di Apuleio nelle Metamorfosi (L’Asino D’Oro), però presenta una favola nella quale la protagonista femminile non si arrende di fronte al divieto di Venere di conoscere il volto dell’amante, appunto Amore, ma trasgredisce animata dalla curiosità e dall’amore, forze che certamente spingono alla conoscenza e alle trasformazioni. Dice Barbara Lottero “L’amore può essere considerato come energia che crea l’attesa, il tempo in cui ci predisponiamo a donarci all’altro e a ricevere l’altro in dono, ma innanzitutto attesa di conoscere l’altro e di riconoscerlo”. L’amore è talmente prezioso da generare invidia anche negli Dèi come accade a Venere nei confronti di Psiche. La trasformazione di Psiche in Farfalla è la più bella metafora dei grandi cambiamenti che può produrre l’amore. Ma il percorso che deve compiere Psiche (l’Anima) è esattamente opposto dalla ottusa ocaggine delle protagonisti femminili delle celebri fiabe elaborate agli inizi dell’800.Il percorso sia di Psiche che di Lucio (il protagonista di l’AsinoD’oro) non è un tragitto dell’intelletto ma un travagliato viaggio (metamorfosi) dell’anima verso la spiritualità, quel che ci si prefiggeva, come vedremo più avanti, nei riti misterici Eleusini.
Katya Sammartano, Psichiatra Psicoterapeuta, “Lettera ad un’Amica”, scrive una lettera a un’amica immaginaria richiamando le responsabilità di una madre nel saper dare amore ai figli anche attraverso la capacità di dire no e di stabilire regole utili ad una sana costruzione della loro personalità e, pertanto, dotarli della capacità di affrontare gli ostacoli che propone la vita con la consapevolezza, afferma la Relatrice, che siccome “il fallimento esiste, fa parte della vita!” bisogna disporre di una salda personalità per evitarli.
Filippo Sciacca, Psicologo Clinico Psicoterapeuta, “La ‹‹concezione›› di Bion e la Carità che allatta”, ripropone il pensiero dello psicoanalista Bion quando afferma che, nel bambino piccolo nel momento della fame, la fantasia che copre la mancanza reale del seno può essere ricondotta all'iconografia della Carità, “dove il petto di fantasia satura la mancanza”. Il relatore, mostrandone le opere, afferma che “molti artisti hanno rappresentato questa congiunzione ideale, da Tino da Camaino a Raffaello, da Andrea del Sarto a Bernini e a Giacomo Serpotta, sino all'arte contemporanea. Anche Caravaggio, nelle Sette opere di Misericordia corporali, rappresenta la beatitudine dell’incontro, citando la carità romana della dolce Pero che infonde il latte offrendo il suo seno al padre Cimone affamato in prigione”.
A mio parere, però è più facile pensare che sia la frustrazione, la disavventura rispetto all’aspettativa dell’oggetto gratificante a dare origine alla fantasia, al desiderio, al pensiero e al sogno dell'oggetto, sempre tenuto conto che non è possibile fantasticare e sognare un oggetto “buono” senza che sia stato già in precedenza conosciuto, sperimentato. Giusi Piccione, Psicologo Clinico Psicoterapeuta,“Penelope nella post-modernità: aspetti fenomenologici dell'attendere”, afferma che la donna di oggi sa ancora attendere, custodendo nel cuore l’eroicità di Penelope in certi casi fino a rischiare di morire! Dunque l’attesa è uno spazio fecondo che deve generare piuttosto che annichilire!
Sostiene giustamente Giusi Piccione che «Penelope non sarebbe stata Penelope, senza il suo Ulisse!». L’attesa diventa un limite quando manca il reciproco riconoscimento, quando “il noi si fonda su legami liquidi”! Dunque il Mito di Penelope ci dice ancora oggi “qualcosa di molto importante che la società post-moderna non deve dimenticare: fedeltà coniugale/ fiducia relazionale, capacità di stare nell’attesa!”. Condivido pienamente il pensiero di Giusi Piccione che in questo momento storico il ritorno della figura di Penelope appaia estremamente attuale perché sembra apportare un maggiore equilibrio nella società contemporanea totalmente disordinata, priva di basi solide o, come io prediligo dire, “borderline”; e per questo viene affidato alla donna, l’unica ad averne le qualità, l’assumersi il compito di sacrificarsi per tenere unito attraverso l’unità familiare il tessuto sociale.
Vito Sammartano, Psichiatra Psicoterapeuta, “Il Femminile nella Marionetta: Storie Senza Storia”, evidenzia come “molte della storie lette o recitate risveglino in noi il desiderio che la vicenda continui nella realtà tangibile, cioè che diventino storia. Nel mondo delle marionette la staticità dell’aspetto e dei ruoli sembrava inibire qualsiasi fantasia di evoluzione: geniale apparve, dunque, Collodi con l’affrancamento di Pinocchio dai suoi fili ed il suo entrare in una ‹‹storia umana››. Ma per i ruoli femminili sembrò, per lungo tempo, che non vi fosse una simile esigenza: facile riconoscere in ciò il dettato storico-culturale delle epoche”. Continua il Relatore “il senso di tali storie-senza-storia” può essere superato “con i più recenti tentativi di riscatto del personaggio femminile ‹‹da animare››, imponendosi come revisione critica di qualunque stereotipo”.
Francesca Andronico, Psicologo Clinico Psicoterapeuta, “L’Immaginario Femminile, una Prospettiva Transculturale: tra Mito e Psicopatologia”, mette in luce quanto “la cultura possa influenzare l’espressione della psicopatologia, in particolare nelle varianti legate al femminile”. “L’aspetto psicologico che si cela dietro i personaggi del mito, contribuisce a fondare l’immagine della donna come prototipo culturale nelle diverse società che va ad influenzare il comportamento delle persone”, nonché “la modalità di esprimerne anche la componente psicopatologica”. È compito della psichiatria transculturale “comprendere e classificare quei disturbi psichici che sono legati ai vari contesti socioculturali entro cui si manifestano e definire come questi stessi vengono interpretati e curati attraverso i sistemi di cura locali”.
Francesca Andronico cita a proposito “due varianti culturali di patologia isteriforme che coinvolgono l’immaginario femminile, la Taranta, in Puglia, e la Matrazza in Sicilia”; “La parola ‹‹Matrazza›› in dialetto siciliano significa ‹‹Cattiva Madre›› e simboleggia la “madre interna” che a seguito di uno spavento inaspettato, ‹‹Scantu››, diventa cattiva; l’immagine a cui è associata la ‹‹Matrazza›› è quella di un polipo che agita i suoi tentacoli verso l’alto, oppure viene anche rappresentata come un mostro con le fauci aperte”, la cura avviene attraverso massaggi “che vanno dal capo al basso ventre e che devono essere accompagnati da formule magiche per impedire che raggiunga il cervello”.
Monica Mandalà, Psicologo Psicoterapeuta, “Il Mito di Aracne e il Ruolo della Donna nel Legame”, mette l’accento “sul ruolo delle donne che tendono ad avere networks omogenei cioè con persone aventi le stesse caratteristiche ... Il telaio rappresenta un'occasione per creare comunità e pace in un contesto non violento e non possessivo” nel cucire e mantenere i legami, innanzitutto in famiglia. Ma Aracne diviene tracotante al punto di non tollerare ‹‹l'idea che le mie fatiche dovessero derivare da qualcosa all'infuori di me, che dovessi ringraziare una dea per le mie capacità, per la mia creatività›› e sfida Minerva nella bravura a tessere la tela sino ad essere dalla Dea punita per la sua arroganza con l’essere trasformata in un ragno che rimane ingabbiato nella stessa tela che ha costruito ‹‹un ragno schifoso, condannato a emettere una trama di fili sottilissimi a creare infiniti capolavori che un soffio di vento porta via in un attimo››; allora, Aracne, narrando sulla tela le storie delle donne stuprate da Dèi mutati in bestie, demistifica gli Dèi (il sacro) e li rivela come bestie (la violenza). La metamorfosi [trasformazione in ragno], così come la psicoanalisi, rovescia la direzione della violenza: Medusa, come Aracne, spaventa e minaccia gli uomini. Quale strumento di violenza, Atena è un'estensione di Zeus. La vendetta sulla donna artista, che usa il telaio per raccontare storie che non ci è permesso di udire se non sono mediate dagli uomini, non è una vendetta degli Dèi, è una vendetta culturale”! Inoltre, a mio parere, la capacità di tessere tele rappresenta una metafora abbastanza appropriata dell’abilità del femminile ad intrecciare network sociali - e, a proposito, riportando la citazione di Monica Mandalà - sono “risultato di processi complessi e di logiche non soltanto strumentali. Essi vengono generati, nel corso del tempo, dalle pratiche quotidiane di socialità all’interno di quegli ambiti di riconoscimento fondamentali per l’identità degli uomini e delle donne (Sparti, 1994)”.
Vito Lombardo, Scenografo e Docente di Arti Visive, “I Riti Iniziatici tra il Mito e l’Arte”, espone una carrellata di reperti archeologici e di opere d’arte collegati ai Misteri Eleusini che si rifacevano al ratto di Persefone ad opera di Ade Re degli Inferi, alla disperazione di Demetra, Dea della fertilità e dell’agricoltura, per il rapimento della figlia e al ritrovamento di Persefone che acquisisce la sua possibilità di tornare ciclicamente (primavera ed estate) sei mesi sulla Terra facendo rifiorire la natura; dunque i Misteri Eleusini non rimandano solo ad una iniziazione ai segreti della natura ma anche al mistero delle fasi di discesa (perdita), ricerca, ascesa e ricongiungimento con la madre (spirituale); a questo sono collegate le statuine ritrovate nella zona di Vibo Valentia, ricca in primavera di coloratissimi fiori e, pertanto, ritenuto il luogo dove riappariva ogni anno Persefone. I diversi dipinti e ceramiche, riproducenti parziali aspetti dei Misteri Eleusini, non sono in grado di svelare a fondo i segreti del percorso di iniziazione dei quali non molto è stato tramandato. Probabilmente si inducevano anche fenomeni psichedelici come denota il Bassorilievo di Farsalo che mostra lo scambio tra Demetra e Persefone di un tipo di funghi che produce l’allucinogeno psilocibina; tale ricorso all’induzione di effetti psichedelici è comprovato anche da reperti che mostrano l’uso di pane a base di segala cornuta cioè contaminata dal fungo allucinogeno claviceps purpurea che contiene sostanze psicoattive del gruppo ergotine.Gli iniziati alla fine del percorso non temevano più la morte, infatti, attraverso i diversi passaggi del rito iniziatico (sacrifici, purificazione, discesa metaforica rituale nell’oltretomba, consacrazione e ascesa sino all’unione spirituale con Iside) credevano di aver guadagnato la vita nell’aldilà.
Elisa Ilari, Creativa, “Performance di Danza I Riti Iniziatici tra il Mito e l’Arte”, nella sua elaborazione coreografica tipicamente coinvolgente stavolta collegata ai Misteri Eleusini, ha diretto le sue giovani allieve in una suggestiva danza che ha ritagliato, al calare della sera, con estrema grazia e bellezza l’accogliente prato del Convento del Carmine.
Gino De Vita, Musicista, “Composizione Musicale Estemporanea: improvvisazione e collettività - esperienza diretta”, ha proposto una performance improvvisata di suoni, attraverso piccoli strumenti musicali distribuiti ai partecipanti, che pian piano sintonizzandosi reciprocamente hanno trovato un corale ritmo musicale. Un’esperienza e una sperimentazione che hanno lasciato una piacevole impronta nei partecipanti, la maggior parte dei quali non aveva precedenti addestramenti musicali. Gino De Vita ha messo in evidenza quella che secondo lui è la differenza in campo musicale tra “composizione” e “improvvisazione”, affermando che la “composizione”, disponendo di un anche lungo tempo di riflessione per dire in quindici secondi quello che vuoi dire, è “scienza”, mentre “l’improvvisazione”, disponendo di soli quindici secondi per dire quello che vuoi dire è “ricerca”! Aggiunge che l’esperienza improvvisata mette in gioco fondamentalmente cinque aspetti: creatività, comunicazione, ascolto, disponibilità, integrazione. In ogni caso, riportando una nota di Cage, Gino De Vita sottolinea che attraverso l’apertura all’articolazione sonora improvvisata, spogliandosi delle proprie predilezioni e competenze musicali, denota un sapersi “aprire all’altro da Sé … soprattutto al nuovo che sorge dall’incontro con differenti sensibilità senza pregiudiziali estetiche”.
Irene Battaglini, Psicologo Direttore della Scuola di Psicoterapia Erich Fromm di Prato, ha trovato mirabile esposizione della sua bellissima Relazione “Atena, l’Anima e la Necessità”, nella pregevole lettura dell’attrice Luisa Caldarella da me pregata di sostituire la Relatrice dato che Ryanair ha in modo inqualificabile annullato improvvisamente molti dei voli per Birgi già pagati compreso quello della Prof.ssa Battaglini. Nella sua Relazione Irene Battaglini “vuole esplorare le componenti di Animus e Anima nel mito di Atena in relazione alla sua competenza tutta femminile di muoversi all’interno di uno spazio relazionale che oscilla tra la Necessità (Ananke) di individuare un modo di essere-nel-mondo e la Creatività che si esprime nel dono e nel gesto di una sapienza industriosa (da cui l’attributo ergane), attraverso una vera e propria rinuncia al potere sessualizzato, e che appare come una chiamata mistica e contemplativa sublimata nell’arte della strategia militare”. Atena pur se “appartiene ad un potente e virulento ordine titanico, è altrettanto vero che ‹‹rappresenta›› … le qualità intellettuali, sia dell'uomo sia della donna (infatti la Dea era la protettrice delle arti femminili), unite a quelle di guerriera saggia, una stratega diremmo oggi, sotto le cui vesti si nasconde la forza, ma dal cui cuore scaturisce il dono estetico”. Sicuramente la Dea nata dalla testa del padre Zeus “dovette fare i conti con il grande vuoto lasciato dall’assenza di una madre”, “Dotata di grande intelligenza, Atena non soffrirà di isolamento affettivo: metterà a disposizione degli uomini i tratti del suo carattere che sono andati a rafforzarsi, senza minimizzare quanto le è accaduto, e senza negarlo. Tuttavia, per difendere almeno il padre, Atena dovette in qualche modo ricorrere alla rimozione degli aspetti cattivi connotati da violenza”. “Quanto ai meccanismi di difesa più maturi, si potrebbe dire che Atena utilizzi, ad esempio, l’anticipazione … Difatti il mito di Atena è particolarmente interessante quando ci accostiamo alla divinazione e alla veggenza, e in particolare ai grandi misteri iniziatici. Ella è sacerdotessa prima e depositaria di un sapere non solo arcano e numinoso, ma strategico, psicologico, sociologico, forte della propria natura in cui sono mirabilmente integrati il maschile e il femminile. Queste doti sono strettamente collegate all’intuizione”. Tutto sommato, come sottolinea Irene Battaglini, “Atena sembra essere la Dea dell'insperabile, la Dea che combatte in nome di un vero e proprio processo di individuazione: preposta allo sviluppo delle potenzialità, dell'empowerment diremmo oggi, Atena sviluppa una sorta di nevrosi del carattere in relazione al suo tenace portare a compimento quella che potrebbe essere la “delega” del padre Zeus, ovvero il portare le cose in una direzione ma in nome di un ideale di giustizia, pace, creatività, bellezza e coraggio”. In quasi tutte le lingue il significato primitivo di Ananke, afferma Irene Battaglini, “rimanda a ‹‹qualcosa che stringe››, di angusto … Necessità è anche ciò che non può non essere. Ananke ha, stranamente, una parentela molto stretta con Atena, la dea che, come abbiamo visto, mal sopporta tutto ciò che entra conflitto con l'ordine. Atena, ricordiamo, è anche colei che dà le norme, i canoni secondo i quali la polis gestisce se stessa. La stranezza cade se si tiene conto che gli Dèi nella mitologia sono figure archetipiche, proiezioni dell'interiorità umana espresse per mezzo di queste rappresentazioni”.
La Compagnia Teatrale D’altra P’arte (Luisa Caldarella, Gianfranco Manzo, Andrea Scaturro), “A Proposito di Hildegard”, hanno presentato una loro accurata suggestiva e purtroppo ancora “embrionale” elaborazione teatrale, di una futura più vasta opera, centrata sul personaggio della monaca Ildegarda di Bingen (1098-1179) proclamata Santa nel 2012 da Benedetto XVI per il fatto di aver ricevuto sin da piccola “visioni divine” ma anche per i suoi testi profetici, per le sue composizioni liriche religiose, per le sue doti di guaritrice; ma, inoltre, fa spicco la sua capacità d’essere una delle prime donne a parlare in epoca medievale di sessualità e dell’orgasmo femminile, così come rilevante fu il suo coraggio nel portare avanti le sue idee al di fuori del monastero sino a sfidare l’Imperatore Federico Barbarossa quando questi pensò di nominare due antipapi da opporre al Papa Alessandro III. La performance teatrale è stata accompagnata da una musica composta dalla stessa Hildegard von Bingen dal titolo O vis aeternitatis. Ildegarda mi permette un accenno alla “nuova femminilità” così come si profila all’orizzonte, lo dirò con le parole di Semplicemente Monica nel suo video dal titolo “Vorrei dirti chi sono…”
Ogni anima suona una sua melodia che solo un’anima affine riesce a sentire … Dedicato a chi ha il coraggio di cambiare vita e a chi la forza di non cambiarla”. di Semplicemente Monica
Per altri versi, attraverso i dipinti esposti (tutti opere di donne) nell’Expo, che anche quest’anno è dedicato alla memoria di Valeria Galassi, risalta sia il bisogno di un recupero romantico con l’Anima Mundi e con la natura, come avviene in Raffaella Anania nel suo “Profilo di Donna”che presenta una donna immersa simbioticamente con/nella natura e dunque una donna vento, foglia, conchiglia …; sia il tentativo di creare una nuova personalità come nel dipinto di Delia Garziano “Overlays2” nel quale delle anime sovrapposte si miscelano per creare una terza entità; la capacità di immedesimarsi, empatizzare e compenetrarsi con l’altro è dall’autrice vista molto più amplificata nella donna rispetto al maschio ed è simbolizzata nel dipinto esposto dalla sovrapposizione simbiotica con il gatto. Questa capacità della donna di assumere il travestimento, nel dipinto di Gina Bonasera che ha il nome di “Clown”, non vuole rappresentare una fiction ma denota la capacità nella donna di prendere forma così come l’acqua prende la forma del recipiente che l’accoglie e in questo la capacità di fare sacrifici enormi per regalarsi agli altri e dare così serenità all’interno della società e della famiglia, anche se questo atteggiamento sta nella donna pian piano scomparendo. Per Angela Scribano attraverso il suo dipinto “Specchio”, v’è quasi un atto provocatorio dell’artista nel celarsi dietro lo specchio che dovrebbe rivelare la nostra immagine esteriore; così l’Autrice ci vuole ricordare che lo specchio riflette le proiezioni della nostra mente su noi stessi e sugli altri che ci fanno da specchio, infatti viviamo in un mondo di specchi che rivelano anche gli aspetti legati alle nostre parti interiori e alle nostre parti in ombra; “come nel Mito della Caverna di Platone” “il mondo di specchi nel quale viviamo ci rimanda un’immagine della realtà distorta dalla soggettività della percezione e, proprio per questo, imperscrutabile e misteriosa”. Gabriella Signorello in “Frammenti di Paesaggi”, attraverso le sparse forme geometriche intensamente colorate che caratterizzano il suo dipinto, esprime l’estrema unicità del nostro essere polisfaccettato e che, pertanto, nel suo variare nel tempo, caratterizza il nostro “processo di individuazione” che non finisce mai.
Kia Farmad nel commentare il suo “Viaggio nell’Arte Persiana” attraverso gli stupendi tappeti persiani esposti, ha parlato, ma non ricordo a che proposito, di un maestro di tappeti persiani che diceva, con un erotismo tipicamente mediorientale, che il paradiso è qua in terra “nel baciare il seno di una donna ubriaca”! Hanno completato l’Expo, oltre il “Ritratto” di Valeria Galassi, le opere di Maria Grazia Sessa “Ritratto anonimo”, di Paola Vitaggio “Sul Muro del Tempo”, di Valeria Galassi “Popolo Ebraico”. Di contro, l’immaginario il maschile è ancorato ad una realtà nella quale fa spicco, come affermo nella mia relazione “L’Altra faccia della Luna: tra bugia e gioco”, una dimensione maschile “presuntuosa, brutale, accanita come un cacciatore con la selvaggina, animata da rozza cupidigia e tracotante irruenza. D’altro canto l’intento di stupro è una caratteristica tipicamente maschile.
Dice Nietzsche la vita è gioco! Ma lo dice nel senso più bello del termine, cioè non nel senso di una superficialità esistenziale priva di valore, ma nel senso di una plastica dinamicità con la quale ci mettiamo profondamente in gioco nel nostro “processo di individuazione”. Dunque, anche capacità di cambiare. Anche capacità di apprezzare il “senso della vita” anche quando giochiamo a nascondino con noi stessi e con gli altri, così come molto spesso fanno i bambini tra di loro o come fa con noi la Luna quando si cela dietro le nuvole per poi riapparire; ma, in definitiva, un gioco privo di perversione. Però questa “epoca borderline” ha visto la nostra tendenza a giocare in modo distruttivo e spesso perverso: un azzardo continuo alla ricerca del rischio e di sensazioni forti sotto l’impulso del momento e nei settori più disparati non ultimo nel campo dell’amore e della sessualità. In ogni caso, il modo di giocare femminile appare estremamente sottile, intrigante, raffinato, leggero; è un lavoro di tessitura ricco di seduzione e di andirivieni strategici non privo secondo i casi di vendicatività e di implacabilità; diverse volte amante del rischio, ma quasi mai violento. La brutalità è il più delle volte del maschile che non sa giocare nella relazione con l’altro sesso senza pesantezza e senza aggressività soprattutto quando subisce rifiuti, troppo spesso bisognoso di riunirsi in branco per affermare la propria supremazia sulla donna e agire in modo aggressivo”.“Nella sua rozzezza, anche morale, il maschile usa il potere nel modo più materialistico possibile finendo con il creare una corrente legge non scritta ma estremamente diffusa e che rendiconta del potentato sul femminile in questo modo: se mi chiedi qualcosa lo paghi in denaro o mi dai il tuo sesso.
Ancor peggio in famiglia: se ha vissuto qualcosa che il partner non le ha consentito, la donna non ha più diritto d’esistere, come tristemente dimostra la cronaca giornaliera che registra l’incessante moltiplicarsi dei femminicidi”. Per porre fine a queste giustificate riflessioni - probabilmente ancora insufficienti a produrre cambiamenti verso più cavallereschi comportamenti nella maggioranza degli uomini e verso una loro capacità di metaforicamente “danzare” con il femminile - ho anticipato la chiusura del “Large Group Tematico ‹‹Il Maschile e L’Immaginario››” da me condotto e ho chiesto ad Antonella Bianco, Danza-movimento-terapeuta, di dare avvio al previsto momento conclusivo del Workshop-Expo, una danza-movimento dal titolo “Il Respiro danzante della Terra”, che attraverso l’abilità della conduttrice, ha trascinato i partecipanti in un corale vorticare anche attraverso la liberazione del respiro, il reciproco scambio energetico e il movimento ritmico accomunante che ha sanato ogni distanza tra maschile e femminile in una Terra idealmente estremamente accogliente e dispensatrice di doni naturali e di buone relazioni ristoratrici.
Per quanto riguarda la mia Relazione “L’Altra faccia della Luna: tra bugia e gioco” rimando alla prossima pubblicazione dell’intero testo. Qui riporto un brano che riguarda il nostro rapporto con la bugia “Cos’è che ci spaventa della falsità, della menzogna, della finzione, dell’inganno? Non cosa ci indigna o ci fa rabbia! Ma cosa ci spaventa? Probabilmente la paura è quella di scoprire che l’Altra Faccia della Luna, quella oscura perché non illuminata dal sole, o se si preferisce non irradiata dall’amore, si presta ai nascondimenti, alle cose turpi e malvagie, divenendo così il fantasmatico ricettacolo proiettivo delle piccole o grandi non solo altrui cattiverie, malvagità, e talora mostruosità, ma anche di tutto ciò che può essere presente in noi stessi e che alieniamo, come se non ci appartenesse, in una sorta di pattumiera lontana dalla luce degli occhi! L’altra paura principale del lato oscuro del nostro simile è che possa contaminarci, infettarci, attivare le nostre parti nascoste o inconfessabili rendendoci menzogneri senza vergogna e senza ritorno.
Credo che sia centrale al tema del nostro Workshop-Expo notare le differenze fondamentali tra i personaggi maschili e quelli femminili e delle quali abbiamo già parlato in precedenza a proposito del gioco. I Greci, ai confini con l’Asia e con l’Africa e dirimpettai dell’Europa, hanno fondato la prima vera civiltà occidentale con il maschio protagonista assoluto della scena pubblica e privata. Il loro dio, a capo di tutti gli altri Dèi, Zeus è spesso un focoso sessuale che sotto mentite spoglie e vari travestimenti scende dall’Olimpo a soddisfare le sue bramosie amorose con appetibili femmine mortali con le quali a volte anche genera figli. Anche la stessa Europa sorge come frutto di un rapimento operato da Zeus sotto forma di un toro che dopo averla fatta salire in groppa la trascina via! Se è vero che la tragedia nasce in Grecia con funzione catartica, è anche vero che la cultura greca ha anche una grande capacità mitopoietica come un sogno collettivo che addolcisce e trasforma la realtà così indicando la possibilità di cambiamento. Mi piace molto ciò che mette in luce Roberto Calasso (Le Nozze di Cadmo e Armonia) quando afferma: “«Io, Telafassa, Europa, Argiope, Pasifae, Arianna, Fedra. Questi nomi ci parlano di un volto largo, purissimo, splendente, che rischiara da lontano, che rischiara tutti, come la luna». Personaggi femminili, aggiungo io, che hanno la capacità, la forza e il coraggio di mettersi in gioco con potenti mortali e con gli Dèi”. Il gioco è dunque una finzione nella quale è sempre presente la relazione con l’altro. Una canzone (“Ci sei tu” di Nek) dice: “se ti amo forse perdo però se non ti amo non vinco mai!”.
Nel gioco, la relazione con l’altro ha questo aspetto paradossale di misurare la forza, la capacità, il potere dell’uno dei giocatori sull’altro, il che esclude la parietareità. Nel gioco d’amore tra maschile e femminile si intrecciano diversi modi per mantenere la relazione ad una intensità elevata dalla seduzione alla compiacenza, al tentativo di fare ingelosire, alla insincerità con la mistificazione di se stessi o attraverso la bugia! Ma perché la bugia? Perché ingannare l’altro? Perché non affermare il vero e falsificare la realtà? La bugia nasce con l’individuo, gli è connaturale? Oppure la menzogna il bambino l’apprende dagli adulti? Intanto, a livello sociale è il contesto culturale che determina ciò che è facilmente dicibile e ciò che è nettamente indicibile, ma poi a livello privato è anche il contesto relazionale che determina quello che si può rivelare e quello che si deve mascherare. Sì, il bugiardo in molti casi è una persona che ama prendersi gioco dell’altro aumentando il tal modo l’autostima, come una sorta di vittoria che però ha le sue radici nell’ambivalenza e nel rancore o nei traumi specie nell’infanzia subiti! Altre volte però il bugiardo è la vittima di un contesto che è incapace di tollerare e contenere la verità! Altre volte ancora è una modalità originariamente trasmessa e appresa dagli adulti. Mi viene da pensare che la prima bugia è nelle dichiarazioni d’amore da parte dei genitori nei confronti della prole o reciprocamente da parte degli innamorati: “Ti amerò per sempre!”. La bugia sta non nel dire “T’amerò” ma nell’aggiungere “per sempre” per il semplice motivo che nel nostro mondo tutto ha una fine, noi stessi abbiamo una fine! Pertanto sin da piccoli il “Sempre ti amerò” è il principale inganno che riserva agli umani l’Altra Faccia della Luna! I Greci avevano i miti, narravano le gesta degli Dèi immortali.
Ma anche gli Dèi sottostanno ad Ananke, la Necessità! Infatti gli Déi non esistono più, anche loro fanno parte di questo mondo che è fatto anche di bugie! Gli dèi immortali son morti! Ma anche questo non è vero! Ad esempio, nei giorni del nostro Workshop-Expo gli Déi sono risorti attraverso l’abbondanza di relazioni che hanno ripercorso i loro Miti! Voglio concludere con una frase pronunciata da Pinocchia in uno spettacolo teatrale: “E un buon giorno disse Dio ‹‹di bugia voglio dirne una anch’io!››. In “Quanto è strano il mondo, vero Pinocchia?" - La bugia - cover di Mack The Knife (Brian Setzer)