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29/11/2017 06:00:00

Marsala, parte la stagione teatrale con Filumena Marturano, ma qualcosa non ha funzionato

Qualcosa non ha funzionato per il primo spettacolo della stagione invernale pensata dal direttore artistico dei teatri marsalesi, Moni Ovadia. Ma questo qualcosa non è certo stato lo spettacolo. Filumena Marturano è l’opera più nota di Eduardo De Filippo, una tra le più rappresentate dai più grandi attori italiani di tutti i tempi. Un banco di prova impietoso per quanti decidono di riproporla, un primo merito, dunque, per il coraggio a Mariangela D’Abbraccio e Geppy Gleijeses, ma prima ancora alla grande cineasta Liliana Cavani che ha diretto la rappresentazione rendendola monumentale.

Tutti bravi in scena, ma la D’Abbraccio è stata la vera leonessa del palco. Una leonessa in gabbia che non smette di andare avanti e indietro cercando un varco tra le sbarre che la vita le ha piantato attorno. Fino a trovarlo, quel varco, con l’astuzia che cede il passo all’orgoglio di essere femmina e madre. Il Dummì di Geppy Gleijeses è inappuntabile, incarnato senza bisogno di riferimenti altri, digerito e restituito attraverso ciò che è egli stesso. Basta guardarlo mentre cammina dentro lo spazio scenico per comprendere che quel posto è casa sua.

A teatro si chiama attitude e non la si apprende in nessuna scuola di recitazione, bisogna portarla in dote dalla nascita. Il pubblico lo percepisce ed è così che si perpetua la magia del teatro. Proviamo a spiegare meglio: ieri sera, ad un cero punto il protagonista, Domenico Soriano, si è trovato davanti i tre figli di Filumena, logorato dal desiderio di scoprire quali dei tre fosse suo figlio, prova a parlare con loro, investiga per trovare un indizio. Una scena drammatica, se vogliamo, eppure una buona parte del pubblico ha riso, un corto circuito inspiegabile. In quel preciso istante si era spezzato qualcosa tra gli attori in scena e quella parte di pubblico. Impossibile capire cosa di preciso, forse i movimenti, la posizione degli attori nel quadro visivo della platea. Ecco, questo dettaglio ha reso l’opera unica: è successo quella volta e forse non si ripeterà ancora.

Uno spettacolo unico nonostante le 300 rappresentazioni già fatte. Interamente in lingua napoletana, a tratti incomprensibile, ciononostante arrivava un’orchestrale di voci, accenti, pause e suoni gravi, sempre armoniosi. Uno spettacolo grandioso!

Ma allora cosa non ha funzionato? Mille poltrone vuote, meno di 200 biglietti staccati per questo evento, non sono solo pochi, sono mortificanti. Proviamo dunque a capire il perché. Una rappresentazione teatrale programmata di lunedì non agevola di sicuro la possibilità di successo, e questa cosa era già stata sottolineata al direttore artistico Moni Ovadia, che dirige anche il teatro di Caltanissetta e ha programmato lo stesso spettacolo, il giorno successivo al teatro nisseno Regina Margherita con inizio alle ore 20:30.

A questo primo deterrente si aggiunge il ritardo con cui è stato lanciato il cartellone, una sola settimana prima dello spettacolo di apertura. Troppo poco tempo per una comunicazione efficace, ancora peggio se non pianificata in maniera professionale. Ecco il vero punto focale: la comunicazione è una scienza esatta e non ci si improvvisa. C’è anche una responsabilità altra in questa mancanza di partecipazione, che non è marginale o secondaria, è quella che va attribuita a quanti, pur potendo, hanno rinunciato a questa opportunità che l’Amministrazione ha pagato (con soldi di tutti). Così facendo hanno dato il loro contributo allo spreco che si è consumato in meri termini economici.

Il primo spettacolo non ha deluso le aspettative artistiche del pubblico presente a teatro, si potrebbe ancora correggere il tiro per gli altri aspetti che abbiamo elencato in merito alla scarsa partecipazione del pubblico. Auguriamoci che, per gli appuntamenti successivi, ciascuno faccia la propria parte. 



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