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10/08/2017 06:00:00

Castelvetrano: per abbattere le case abusive a Triscina arrivano tre milioni di euro

 Non si potrà più dire che non ci sono i soldi per buttar giù le case abusive di Triscina di Selinunte. I fondi per le demolizioni sono stati chiesti ed ottenuti dal comune di Castelvetrano. Si tratta di tre milioni di euro del fondo di rotazione nazionale per i comuni sciolti per mafia. Certo, nessun regalo, è comunque un prestito ed andrà restituito, magari rivalendosi sugli stessi proprietari.

L’accesso a questo particolare credito è stato dunque possibile soltanto grazie allo scioglimento del comune. Oltre che alla demolizione, i soldi serviranno anche per le relative progettazioni e per lo smaltimento in discarica dei detriti.

Qualcuno si è già chiesto come sarà possibile trasferire in discarica tutti questi metri cubi di materiale di risulta. Ma le operazioni di abbattimento non cominceranno subito. Ci vorrà del tempo. Al momento invece nessuno si chiede come sarà possibile trasferire in una discarica ormai al limite della sua capienza, tutte quelle tonnellate di rifiuti causati dal fatto che i cittadini fanno fatica ad adeguarsi alla raccolta differenziata.

Non saranno comunque giorni sereni quelli che scandiranno il futuro dei proprietari delle case abusive insanabili costruite a meno di 150 metri dal mare. Anche se non è detto che le villette da abbattere rientrino tutte in quella fascia di inedificabilità assoluta. Non bisogna dimenticare che esistono manufatti abusivi, anche sufficientemente distanti dal mare, che magari non avendo approfittato dei condoni passati, saranno comunque demoliti perché arrivati già al terzo grado di giudizio.

 

Quali e quante sono dunque le case da buttar giù? I numeri si mischiano. Si è parlato di 170 villini la cui demolizione, fatti i conti, costerebbe circa 17.500 euro per ogni casa. Tutto compreso.

Ma quanti di questi 170 fanno parte della fascia a meno di 150 metri dal mare e quanti invece si trovano molto più distanti? Al momento è difficile dirlo. Come d’altra parte lo era il 13 marzo scorso quando, nell’incontro tra l’allora sindaco Errante e la candidata sindaca Erina Vivona di “Andare Oltre”, alla domanda sullo stato dell’iter amministrativo della demolizione degli immobili abusivi di Triscina, il primo cittadino aveva risposto che dal 2014 ad oggi erano “stati demoliti otto fabbricati ricadenti nel territorio del nostro Comune” e che “gli immobili insanabili in tutto il territorio comunale risultano essere 180 circa”.

Ma il “territorio del nostro Comune” comprende tutto: Triscina, Selinunte e Castelvetrano. Appunto, i numeri si mischiano.

 

E le intenzioni pure.

Soprattutto nella provincia di Trapani, dove nel tempo, alcuni onorevoli della Regione Siciliana furono in prima fila nel tentativo di salvare le case abusive, che sono tante e rappresentano un esercito di elettori. Ci hanno provato in molti, da Paolo Ruggirello a Girolamo Fazio, passando per il castelvetranese Giovanni Lo Sciuto. Quest’ultimo, pochi anni fa aveva tentato (senza successo) di cambiare le cose con una proposta di legge dal titolo promettente “Salvaguardia delle coste”, in cui da un lato proponeva l’allungamento della fascia di inedificabilità a 300 metri, ma dall’altro consentiva il “recupero dell’esistente” non demolendo nemmeno un muretto. Curiosamente, il disegno di legge era stato elaborato in collaborazione con il comune di Castelvetrano ed in condivisione con l’allora sindaco Felice Errante.

Appunto, anche le intenzioni si mischiano.

 

Intanto il dottor Caccamo ha dichiarato di voler dare un segnale forte al territorio di Castelvetrano, ma quello dei commissari non sarà un compito facile, nonostante in questo team saranno affiancati da dipendenti comunali e da due funzionari ministeriali.

E per Triscina sono destinate a mischiarsi pure le “soluzioni”. La borgata diventerà di nuovo oggetto di conversazione sotto l’ombrellone, in cui ognuno dirà la sua. Tornerà la riflessione sulle demolizioni a macchia di leopardo, visto che gli edifici edificati prima del ’76 non verrebbero demoliti perché in regola. Si tornerà a parlare del fatto che non c’è stata alcuna speculazione edilizia, dal momento che la maggior parte degli abusivi erano dei semplici cittadini col sogno della casetta al mare (il che è assolutamente vero). Qualcuno proporrà un riutilizzo degli edifici a fini turistici, con gli “alberghi diffusi”.

Qualcun altro di uniformare il colore dei prospetti, facendone una caratteristica tipica del luogo.

Immancabilmente ci saranno quelli che “dov’erano coloro che avrebbero dovuto controllare?” e quelli che “prima hanno lasciato che costruissero e ora vorrebbero demolire?”.

Insomma anche quelle, le soluzioni, si mischiano.

 

L’importante però è moderare le parole e non infangare il territorio con la storia di una borgata fatta da 5000 case tutte abusive. Gli amministratori insegnano che è storia che appartiene al passato. Le cose sono cambiate: la maggior parte di quelle case abusive non c’è più. Non perché siano state abbattute , ma perché sono state quasi tutte sanate. Insomma, da lido degli abusi a lido dei sanati.

Allora meglio parlare dei sei chilometri di spiaggia fine e dorata, di una meta molto ambita da innumerevoli turisti.

Turisti che però la spiaggia la guardano bene. Certo, fine e dorata, anche se spesso nella parte più lontana dal mare si mischia con le mattonelle sbriciolate, prodotte dal ghigno delle case e dei muretti che hanno ricevuto lo sgambetto dalla forza del mare invernale che tenta di riprendersi i propri spazi.

Ed infine, anche la spiaggia e i vecchi detriti sbriciolati si mischiano.

 

Oggi gli abusivi, da quelli truffati dalle assicurazioni di certi politici a quelli un po’ più consapevoli che sapevano benissimo quello che stavano facendo, aspettano. Aspettano di capire meglio, ora che sembra davvero non ci sia più un santo a cui votarsi.

Oggi che, di fronte alla commissione prefettizia, perfino eletti ed elettori si mischiano.

 

Egidio Morici



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