Ieri abbiamo cominciato il racconto di alcuni particolari poco noti (e poco chiari) della vicenda dell'infermiere Maurizio Spanò, sul quale pende una richiesta di 13anni di carcere per violenze sessuali commesse a diversi pazienti, e del dottore Giuseppe Milazzo, primario a Salemi, nel cui studio medico privato Spanò lavorava. Abbiamo raccontato dell'attività del dottore, che per sua stessa ammissione non era autorizzata dall'Asp, del fatto che Spanò lavorava da lui pur non potendo farlo, e di come lo stesso infermiere procurava, per stessa ammissione del dottore Milazzo, anche i farmaci come il Valium, un potente sedativo, senza ricetta medica e senza alcuna ricevuta. Le vittime sostengono che Milazzo non partecipava alla fase di sedazione e risveglio, Milazzo dice di si. Lo stesso dottore un po' dice che era impossibile per Spanò compiere quelle violenze, ma, intervistato dal periodico il Vomere, poi dice anche che in realtà sarebbe stato molto semplice.
Ma andiamo avanti, partendo dal punto al quale eravamo arrivati ieri. Cioè quando Giuseppe Milazzo dice, ai pm, e fa mettere a verbale che compiere le violenze per Spanò era davvero difficile, secondo lui, perchè c'era poco spazio, e poco tempo.
Ecco, bisogna fare attenzione a questo particolare: “Gli esami - dice Milazzo ai giudici- si susseguivano in maniera frenetica”. Quindi si lavorava molto. Quanto però non è dato sapere. Ciò che dicono i querelanti (si tratta di una decina di persone che hanno denunciato le violenze subite da Spanò) è di aver pagato per l’esame 150 euro, ma di non aver mai ricevuto fattura. Quindi, stando a quanto loro denunciano, è in nero l’infermiere, è in nero l’acquisto dei farmaci, non è autorizzata l’attività, non si fanno neanche fatture.
Calcolare il volume d’affari dello studio medico è un'operazione che ognuno a grandi linee, stando a quanto dicono i pazienti - querelanti, può farsi da solo. 150 euro ad endoscopia, un’attività definita dal dottore “frenetica”. Che significa? Quattro, cinque visite almeno a pomeriggio? Ma a quanto ammonta il fatturato dello studio medico del dottore Giuseppe Milazzo? Lo abbiamo chiesto al diretto interessato, che purtroppo ci ha dato una risposta evasiva: "Non svolgo esami strumentali presso il mio studio dalla primavera del 2016". Ok. E prima? Quanto costavano? Quanti se ne facevano? Quanto era il fatturato?
Purtroppo più di qualche supposizione non si può fare, perché lo studio medico del primario Milazzo...non aveva neanche un registro dei pazienti.
Milazzo lo ammette, nell’interrogatorio: “Non avevamo un’agenda per gli appuntamenti, ma venivano presi su dei fogli che poi venivano eliminati”. Nell'anno 2017, uno studio medico, gestito da un primario, prende appuntamenti su dei fogli volanti. Ciò rende impossibile ogni tipo di ricostruzione di pazienti, appuntamenti e altro. Anche su questo abbiamo chiesto chiarimenti a Milazzo, che risponde così: "Il D.lgs 196 del 2003 prescrive che i dati supersensibili (quali sono quelli sanitari) possono essere trattati solo in forma anonima, e conseguentemente non può mai essere istituito il registro dei clienti del quale Lei mi chiede". Milazzo confonde la tutela della privacy con la normale gestione di uno studio medico specialistico, che va dalla tenuta degli appuntamenti alla contabilità. Ci sono in giro diversi software che fanno questo servizio, nel rispetto proprio della privacy. Ad esempio a questo link ce n'è uno dei più diffusi, "Doctor's Office" (a proposito, se lo si vuole testare, ci sono tre mesi di prova gratis...).
A proposito di privacy, va detto altro. C’erano, ovviamente, dei computer all’interno dello studio medico, ben quattro. Uno era delle segretaria, che non lo utilizzava per gli appuntamenti, e più in generale, dice Milazzo, “non lo utilizzava per lavoro”. Due computer nella sala endosocopica. Uno era molto importante, era quello utilizzato per le endoscopie, collegato ai monitor, eccetera. Salvava tutti gli esami. Chi lo gestiva, il dottore Milazzo? No. Lui dichiara che “era gestito in tutto e per tutto da Spanò”. Perché? “Perché era più ferrato con la tecnologia” dice testualmente Milazzo nell’interrogatorio.
Qui c’è una contraddizione con il curriculum vitae di Milazzo, che, alla voce “abilità e competenze tecniche” riporta che Milazzo ha conoscenze di “WINDOWS XP, PACCHETTO MICROSOFT OFFICE (WORD, EXCEL, ACCESS, POWER POINT), INTERNET, E-MAIL”. Il curriculum è disponibile a questo link. Vabbè, sono cose che si scrivono tanto per dire. Però, intanto, si scrivono in un curriculum...
Ma qua ci sono molte cose poco chiare. Il dottore Milazzo dice che non ha un registro pazienti, che non può averlo perchè ha sacro rispetto della privacy, ma fa gestire il computer con le endoscopie e gli intimissimi referti ad un infermiere, Spanò, con il quale non ha neanche un rapporto di lavoro. Ancora, Milazzo non solo non ha mai messo mani su quel suo pc, ma dice di non avere neanche un archivio pazienti, “tanto sono loro stessi che conservano gli esami”. Testuale.
Ma c'è di più. Se avesse vigilato, magari, su quel pc avrebbe scoperto quello che il perito del Tribunale ha scoperto poco tempo fa: ovvero la presenza di immagini e video di tante violenze sessuali (e poi una videocamera nel bagno dello spogliatoio dei pazienti…).
E poi c’era un altro computer: un pc portatile di Spanò, di colore grigio nero. Milazzo ammette di non avere idea di cosa ci fosse all’interno: “Era utilizzato solo dallo Spanò e dal figlio”. Spesso era collegato su Facebook.
Ma che rapporto avevano Spanò e Milazzo? “Ottimo” dice il medico. Tant’è che gli ha dato le chiavi dello studio, in una stanza lui aveva un suo sgabuzzino, la possibilità di collegarsi adi internet in autonomia per lui e il figlio. “Eravamo amici ma non uscivamo insieme perché io non approvavo la sua vita dissoluta”.
Milazzo dice ai pm di sapere che Spanò faceva una vita niente di meno che “dissoluta”.
A cosa si riferisce Milazzo?
Al fatto che lui sapeva. Sapeva che Spanò aveva un sacco di avventure extraconiugali e che utilizzava lo studio come pied-a-terre per i suoi appuntamenti: “Mi mandava dei messaggi per dire di non andare in studio perché c’era lui. Io poi lo rimproveravo per quello che faceva perché aveva moglie e famiglia”. Da quanto tempo? “Due, tre anni”. E ancora: “Non ho mai saputo che portasse in studio delle prostitute”.
Al Vomere invece dice un’altra storia: Spanò aveva le chiavi dello studio per riposarsi un po’ quando tornava da Favignana (dove prestava servizio) con l’aliscafo.
Infine, l'ultimo aspetto da chiarire.
Peppe Milazzo potrebbe essere chiamato in causa dalle vittime di Spanò per un’ eventuale richiesta di risarcimento danni. Poco tempo fa viene reso noto che il dottore avrebbe addirittura donato alcuni suoi beni in vista di possibili cause civili. Lui, al Vomere, minimizza così: “Ho voluto regalare a mia figlia un piccolo appezzamento di terra con un vecchio fabbricato, un pezzo di ciara per capirci. E’ stata una donazione simbolica”.
Ma di quale immobile stiamo parlando? Lo abbiamo chiesto al dottore, che è stato molto generico: "La volontà di donare l’immobile a mia figlia risale a diverso tempo addietro e non presenta alcuna attinenza con l’indagine a carico dello Spanò".
Beh, secondo le nostre ricerche, non è esattamente un fabbricato vecchio, in abbandono, in un pezzo di terra deserta. Ma stiamo parlando del “Baglio Samperi”, agriturismo di sua proprietà (ora della figlia). La donazione, secondo l’Agenzia delle Entrate, è stata fatta il 10 Giugno 2016, a due mesi dall’arresto di Spanò, da Giuseppe Milazzo alla figlia Ilaria. La donazione consiste in un “fabbricato adibito a posto di ristoro veicolare, composto da quattro vani, cucina, dispensa, quattro bagni, tre disimpegni, spogliatoio, veranda coperta, due verande scoperte a piano terra, e di due vani, bagno e disimpegno, a primo piano, avente annesso e pertinente un fabbricato in corpo separato composto di un vano, due bagni e disimpegno a piano terra….eccetera eccetera…”. Questo è un estratto della visura.
Bastano queste poche righe per capire che non è nè un rudere abbandonato nè un “ristoro veicolare”, come risulta invece all’Agenzia delle Entrate, ma è la struttura ricettiva di proprietà di Milazzo, il baglio Samperi, due ettari di terreno e 450 metri quadri di baglio. Una struttura molto nota a Marsala. Benché l’attività risulti ufficialmente cessata nel 2012, attualmente coincide con il "Casale Greco" (l'indirizzo è lo stesso, Contrada Fornara 308. Fa da pizzeria e sala ricevimenti, i giudizi su Trip Advisor sono contrastanti...) e famiglie e gruppi possono affittare il casolare a 300 euro a notte sulla più popolare piattaforma on line del settore, Airbnb, (https://www.airbnb.it/rooms/15992296#host-profile). Viene da chiedersi se non sia in nero anche questa attività, o quanto versi di imposta di soggiorno la famiglia Milazzo.
A fugare dubbi sul fatto che la struttura sia di proprietà di Milazzo ci pensa lo stesso sito internet della struttuar. “Giuseppe Milazzo nella vita fa il gastroenterologo. Da qualche anno si è messo in testa di recuperare casolari e magazzini dell’azienda agricola di famiglia... "Questa è la mia casa d’infanzia, venivo qui da bambino con i nonni. E’ stata abbandonata per 20 anni e si era trasformata in una porcilaia. Mi faceva soffrire. Quando ho deciso di recuperarla...". Oggi Samperi è una sorta di agriturismo immerso nel verde fra vigneti ed uliveti, incastonato nelle tipiche “sciare”, composto da diversi casolari ristrutturati in modo rispettoso delle strutture rurali originarie”. E’ quello che si legge nel sito internet, cliccando qui. Alcune foto della struttura sono nella gallery a fianco a questo articolo.
Ripetiamo: Milazzo dice che è un vecchio fabbricato, con un pezzo di terreno. Sembra essere un agriturismo, con una decina di camere, che è possibile prenotare on line. Per il fisco risulta un centro di "ristoro veicolare" (forse un giorno da lì passerà l'autostrada?). La donazione è stata fatta qualche settimana dopo l'arresto di Spanò.