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10/04/2017 06:00:00

Processo a Scimonelli per l'omicidio Lombardo, in aula parla la moglie della vittima

Con la testimonianza di Antonella Chiaramonte, moglie della vittima, è entrato nel vivo, in Corte d’assise, a Trapani, il processo a Giovanni Domenico Scimonelli, 49 anni, imprenditore, presunto boss mafioso di Partanna (ritenuto un “colletto bianco” tra i più vicini a Matteo Messina Denaro), imputato con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio di Salvatore Lombardo, ucciso con due colpi di fucile, a Partanna, davanti il bar “Smart Cafè”, in via XV Gennaio, il 21 maggio 2009.

Secondo l’accusa, Lombardo sarebbe stato punito con la morte per il furto di un furgone carico di merce del supermercato Despar, di cui, all’epoca, lo Scimonelli sarebbe stato gestore “di fatto”. Esecutori materiali del delitto, invece, Nicolò Nicolosi, 45 anni, di Vita, e Attilio Fogazza, anch’egli 45 anni, di Gibellina. A sparare sarebbe stato il primo, mentre il secondo sarebbe stato alla guida dell’auto con cui fu raggiunta la vittima. Entrambi, alcuni mesi dopo l’arresto, decisero di iniziare a collaborare con la giustizia. Prima Fogazza e poi Nicolosi.

A difendere Scimonelli è l’avvocato Calogera Falco, che in aula ha evidenziato che la sera dell’omicidio, la moglie di Lombardo, ascoltata dai carabinieri di Partanna, indicò altri possibili sospetti quali autori o mandanti dell’omicidio. Non Scimonelli. “Antonella Chiaramonte – afferma, infatti, l’avvocato Falco – la sera del 21 maggio 2009, riferisce ai carabinieri di Partanna che il marito aveva litigato in quel periodo con i signori Chiofalo e Catalogna. Nella lite era intervenuto Falletta Antonino che qualche giorno prima dell’omicidio si era recato a casa della figlia Cristina Lombardo ed afferrandola per il capelli l’aveva portata fuori dall’abitazione. Poi, abbassandosi i pantaloni, le aveva urinato davanti dicendole: ‘a dru giglio di to pà ti lu scannnu picchì detti lignate a me soru sordomuta’. Sono intervenuti i vicini per fermarlo e lui è andato via”.

Nello stesso interrogatorio, avrebbe indicato altri sospetti. “L’11 maggio 2009 – prosegue il legale - al Papillon, la figlia Cristina aveva litigato con una donna e questa aveva chiamato dei soggetti che erano con una Mercedes nera. Soggetti che avrebbero minacciato il Lombardo, il quale avrebbe chiesto alla moglie di prendere il numero di targa. La donna, sentita a giugno del 2009, a Partanna, aveva parlato di Scimonelli, affermando di averlo visto al Gallery discoteca di Mazara e il marito le avrebbe detto che questo spacciava, dicendole che aveva rabbia per questa cosa perché rovinava i giovani”.

Adesso, in aula, l’avvocato Calogera Falco ha chiesto alla Chiaramonte se lei sapeva se, invece, fossero suo marito e suo figlio Nicola a spacciare cocaina. E la donna ha risposto: “no”. “Ma questo è falso – dice il legale di Scimonelli - Dalle intercettazioni ambientali fatte dai carabinieri Partanna emerge, infatti, che lei sapeva sia che il marito spacciava, sia che deteneva armi illecitamente. E addirittura dopo la morte del marito, il 31 maggio, lei e il figlio Nicola occultarono dentro un guard rail un fucile con matricola abrasa nascosto dal marito. Poi, i carabinieri lo hanno preso e sequestrato. La signora sapeva benissimo dei traffici illeciti del marito e non disse nulla ai Cc. Afferma, inoltre, che avrebbe visto il giorno dell’omicidio un furgone con la scritta Despar messo di traverso in via Cialona per favorire la fuga dei killer, ma dove indica lei il furgone non passano i killer. Inoltre, sentita due volte nel 2009 e una volta nel 2013, non dice nulla del furgone che spunta solo nelle sommarie informazioni testimoniali dell’agosto del 2015, quando già gli inquirenti indagavano Scimonelli”. Nell’ultima udienza del processo, quindi, l’avvocato Falco chiede alla vedova di Salvatore Lombardo perché non lo ha detto subito ai carabinieri della presenza del furgone Despar. La teste ha risposto che “i carabinieri non lo hanno scritto”. Un’affermazione, quest’ultima, smentita dal maresciallo Tripodi. “Se lei lo avesse detto – ha dichiarato il suttufficiale - io lo avrei scritto”. Così prosegue l’avvocato Falco: “La Chiaramonte ha detto, inoltre, che dal 2000 suo marito non aveva commesso più reati. Ma anche questo è falso. Nel periodo in cui fu ucciso, lui era sottoposto ad obbligo di firma per reato di furto ed inoltre condannato a 4 anni per incendio e furto a danno dell’ex amante Corrente Maria”. Non meno importante, intanto, si annuncia la prossima udienza, fissata per il 24 aprile. In quella data dovrebbero essere ascoltati il figlio dell’ucciso, Nicola Lombardo, nonché Salvatore Sieli, amico della vittima, che il 21 maggio 2009 lo accompagnò al bar davanti al quale fu commesso l’omicidio, Amalio Buffoni e Maria Pina Zappalà, che furono testimoni del delitto.

Dopo anni nei quali non si era riusciti a capire chi e perché avesse ucciso il Lombardo, nell’autunno 2015, polizia e carabinieri hanno individuato il possibile movente e i presunti responsabili nell’ambito delle indagini coordinate dalla Dda per la cattura del superlatitante di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro. Sono così scattati i provvedimenti cautelari (carcere), a fine novembre del 2015, per Nicolosi e Fogazza e poi, a metà dicembre dello stesso anno, per Scimonelli. Quest’ultimo, il 2 maggio 2016, è stato condannato a 17 anni di carcere dal gup di Palermo Walter Turturici nell’abbreviato scaturito dall’operazione antimafia “Ermes” (arresti del 3 agosto 2015).

Per l’accusa, Scimonelli, nato a Locarno l’8 agosto 1967, imprenditore e pregiudicato, ritenuto “uomo d’onore” della famiglia mafiosa di Partanna, sarebbe un “colletto bianco” tra i più vicini a Messina Denaro. Avrebbe, infatti, reinvestito anche in Svizzera i soldi del principale boss latitante di Cosa Nostra. Prima del pentimento, anche Fogazza era difeso dall’avvocato Falco. Lombardo fu raggiunto dai killer alcuni minuti dopo essere uscito dalla caserma dei carabinieri, dove si era recato per adempiere all’obbligo di firma. I suoi assassini arrivarono su una Volkswagen Polo scura e uno di loro (pare Nicolosi) fece fuoco con un fucile calibro 12.



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