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19/12/2016 06:05:00

Nino Marino e le verità sull'omicidio di Mauro Rostagno

 Verrà presentato questo pomeriggio alle 16 e 30 presso la Camera di Commercio di Trapani il libro dell'avvocato Nino Marino, l'ultimo segretario comunista di Trapani, sull'esperienza di Mauro Rostagno, sociologo, giornalista e attivista italiano, morto a 46 anni a Lenzi, frazione di Valderice, vittima di un agguato mafioso Pubblichiamo la prefazione del giornalista Fabio Pace, che ringraziamo per la gentile concessione:

Nino Marino ricostruisce l’affaire Rostagno dal suo punto di vista. Saranno i lettori a stabilire se si tratti di un punto di vista privilegiato (essendo egli stato un protagonista della politica di quegli anni e vicino a Rostagno per idee comuni e comuniste), se di un punto di vista parziale e di parte o se, invece, di un'analisi stimolante che, insieme ad alcune risposte, cui neppure la verità giudiziaria di un processo ha dato certezza, pone molte altre, inquietanti, domande. Certo è che questo scritto, una raccolta di riflessioni e di “invenzioni” (in un significato che l’autore spiegherà affondando la penna nella radice semantica del termine), consegna pagine che lasciano sgomenti. Alcune delle quali efficacemente riassunte nel sottotitolo: “skorpioni a Lenzi e sorelle senza padre”. Non lo spiego in prefazione per non strappare gusto alla lettura, soprattutto di quella parte dedicata alle "sorelle senza" e al di cui sopra padre. Una ricostruzione quasi filologica di fatti, apparentemente tra loro slegati, che compaiono nelle pagine (alcune riscritte più volte e in maniera sempre diversa) delle inchieste sull’omicidio di Mauro. Fatti che l'autore riconduce abilmente al rigore della logica e del metodo analitico, purché ci si sforzi di guardare all’insieme, alla temperie sociale, politica ed economica della fine degli anni ‘80: vigilia del crollo di muri, di ideologie, di disvelamenti e segreti, della conclusione di strategie di ingessamenti politico – culturali, di nuovi assetti ed intese tra parti (sociali?) e partiti. Le chiavi di lettura di Nino Marino (perché di chiavi ce ne sono diverse, almeno quante sono le serrature che qualcuno ha voluto tenere ben chiuse nel corso di questi trenta e passa anni) hanno, se non altro, il merito di suggerire visioni più ampie della ristretta immagine del solo delitto di mafia che emerge dal processo, o del delitto tra amici suggerito da altre investigazioni. Nell’ampiezza di questa visione ci si può perdere se non si opera lo sforzo di seguire il filo della logica politica che marca tutto lo scritto di Marino: dall’inizio (il racconto della sua personale amicizia con Mauro) al finale (del libro, ma non della vicenda Rostagno); un finale aperto sulle inquietanti considerazioni di un “nucleo cesareo” nel quale Mauro potrebbe essersi imbattuto. Non confidi, il lettore, che la parola fine, per dovere vergata dall’autore nell’ultima pagina, sia la conclusione. E come potrebbe esserlo se addirittura l'ultimo documento frutto della "invenzione" di Marino è datato 1998. Solo dieci anni dopo il delitto. Eppure dentro quei primi dieci anni su cui l'ultima pagina del libro si chiude c'è dentro, forse, tutta la verità che abbiamo invano atteso per i successivi venti, e presto trenta, anni. Essa forse non verrà mai. Semmai si sedimenterà nel cuore di ciascuno di noi una di queste tante verità e, probabilmente, nella mente dei più accorti l’insieme di esse. Per parte mia ho vissuto la morte di Mauro Rostagno sempre vestendo i panni del cittadino trapanese, solo raramente quelli del giornalista. Chiamato dall’editore di RTC, Caterina Ingrasciotta Bulgarella, sono approdato in TV una ventina di giorni dopo l’agguato del 26 settembre 1988 ed ho sempre vissuto con imbarazzo e soggezione l’ingombrante assenza di Mauro. Pesava l’inadeguatezza che sentivo su di me e, immagino, su tanti altri colleghi che, pur esercitando bene e con onestà il mestiere, non hanno mai potuto e voluto (per rispetto alla sua memoria, non per timore) sostituirsi a Mauro per quanto era incolmabile il gap di autorevolezza intellettuale, capacità di analisi, efficacia comunicativa. Da cronista, credo di avere scritto dell’omicidio Rostagno solo in un paio di occasioni, persino rifuggendo l’argomento quando mi è stato possibile farlo, tenendo per me ogni analisi e limitandomi a una sola considerazione, questa sì, esternata più volte ed anche pubblicamente: Mauro Rostagno non va ricordato per come è morto ma, piuttosto, per come ha vissuto tutta la sua vita e, per quanto riguarda in particolare noi trapanesi, per come ha interpretato il suo ruolo di “intellettuale” e coscienza critica della società trapanese e siciliana, ben oltre la professione giornalistica. E tuttavia la drammaticità della morte di Mauro Rostagno, e più ancora le nebbie che hanno avvolto la verità sul quel delitto, ci interroga, e ci interrogherà ancora per il futuro. La ricostruzione per “invenzioni” di Nino Marino intercetta anche la mia personalissima verità sull’omicidio e, soprattutto, su quanto accaduto nell’immediatezza del delitto e nelle indagini condotte, improduttivamente, per lunghi anni. Tale convinzione è riassumibile in queste poche righe scritte dall’autore e che estrapolo: i fatti «dimostrano le connivenze a posteriori. Quell’assassinio fu un favore fatto a tanti. E perciò, come un incandescente blocco di ghisa, si strinse attorno alla notizia dell’assassinio e alle indagini». Mauro, più di trent’anni fa, in quel blocco incandescente ebbe il coraggio di affondare le mani. Ciascuno di noi, almeno dentro di sé, ha il dovere di rimuovere questo “blocco”, ormai freddo, attorno ai fatti e sforzarsi di “inventare” la sua verità.



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