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07/12/2016 06:35:00

"Colpa di Renzi", "No, degli alleati". I malumori post-referendum del Pd trapanese

Si lecca le ferite il Partito Democratico siciliano dopo il risultato del Referendum Costituzionale. Il No in Sicilia ha avuto dimensioni più ampie del previsto. La percezione prima del voto era proprio che sull'Isola e al Sud Italia ci fosse il bacino più ampio del fronte del No. Infatti nell'ultimo mese Matteo Renzi e tutto lo stato maggiore del Pd e del Governo hanno fatto spesso visita in Sicilia e in provincia di Trapani per cercare di recuperare terreno. L'operazione Sicilia a Renzi non è riuscita, nonostante le tante promesse fatte, da Trapani ad Agrigento, a Messina, a Palermo. Oltre il 71% dei Siciliani ha deciso di bocciare la riforma costituzionale. Una bocciatura soprattutto a Renzi, e al Partito Democratico che adesso potrà arrivare a una sorta di resa dei conti interna, tra renziani e chi renziano non lo è. Il Governatore Rosario Crocetta ha aperto ad un possibile rimpasto di giunta che potrebbe mettere in discussione gli assessori renziani, o meglio faraoniani. “Se sono diventato leader del No in questo referendum è solo per senso di appartenenza al Pd”, ha detto Crocetta. Il governatore dice di non cercare vendette, ma l'ascia di guerra non è del tutto seppellita: “Se avesse vinto il Sì, oggi Faraone e i suoi chiederebbero le mie dimissioni”. Se prima non correva buon sangue tra Crocetta e i renziani di area Faraone adesso i rapporti potrebbero peggiorare ancora di più.

Ma è tutto il Pd che si pone domande, che adesso ha aperto un momento di riflessione post voto. Perchè il Pd siciliano da questo referendum esce a pezzi. Sconfitta è soprattutto la strategia di puntare alla corazzata dello stato maggiore del partito che arriva in Sicilia a promettere di tutto e di più. Una strategia non funzionata. Sono in molti a prendere le distanze da Renzi, a parlare di una campagna fatta male.
Come Antonella Milazzo, deputato regionale e segretario del Pd di Marsala. “Rimango convinta della bontà della riforma, ma la campagna è stata troppo personalizzata. La colpa è stata soprattutto di Renzi. E' stata troppo politicizzata, è stato l'errore più grande, è diventato un referendum su Renzi”.

“Marsala ha il dato più elevato dei Sì, in provincia di Trapani. In termini assoluti sono cresciuti i voti delle Europee. Non sono state fatte promesse, ma sono state raccontate cose fatte, dal patto per il sud, alla situazione sull'aeroporto. La gente non avverte i segnali di ripresa. E' stata la rabbia della gente. Rimpasto di Crocetta? Non credo, magari qualche ritocco, ma nessuna rappresaglia verso i renziani”.

Per il segretario del Pd di Marsala l'errore principale è stato quello di Renzi, di aver personalizzato troppo la campagna referendaria.

Una constatazione che si comincia a fare adesso all'interno del Pd, come una sorta di presa di distanze, in attesa che si assesti la crisi di Governo e del partito.

Renzi, ma non solo. Perchè in queste ore si sta riflettendo, all'interno del Pd, sul ruolo giocato dagli alleati di governo e dai deputati regionali di punta della maggioranza che sostiene Crocetta. Ci si chiede in sostanza che contributo abbiano dato gli alleati di governo siciliani alla causa referendaria.

Per Marco Campagna, segretario del Pd in provincia di Trapani, “il Pd ha fatto una battaglia a viso aperto in tutta la provincia. Abbiamo spinto al massimo. Non so cosa hanno vatto gli altri della maggioranza. In Sicilia la gente chiede lavoro, abbiamo perso per questo. Poi è stato un errore quello di Renzi di personalizzare la campagna che invece doveva essere sul merito”.

In queste ore, dicevamo, il Pd farà alcune considerazioni post voto. Perchè si percepiva il vantaggio del No, ma non in questi termini. Si rifletterà anche sul ruolo giocato dai deputati regionali della maggioranza. Perchè prima del voto c'era chi ha fatto intendere che per i deputati regionali questa riforma, questo nuovo Senato, non era proprio favorevole ai politici siciliani dal punto di vista economico. Infatti se fosse passato il Sì i compensi dei consiglieri regionali venivano equiparati a quelli dei sindaci dei capoluoghi di Regione. E allora in Sicilia si passava da circa 8 mila a circa 5 mila euro al mese. In più, con la riduzione dei senatori sarebbe stato molto difficile mettere in pratica la tradizionale staffetta. Ossia il deputato regionale, che fatto il suo all'Ars, scopre l'avanzamento di carriera con un posto da senatore. Questo giro in Senato non sarebbe stato possibile. Questi calcoli molto materiali potrebbero aver pesato sulle urne.

E qui saltano alla mente le parole di Paolo Ruggirello, deputato questore del Pd, di qualche tempo fa, prima della battaglia referendaria, a proposito dei tagli ai consiglieri regionali all'interno dell'Ars. ”Un po' di malessere c'è, inutile negarlo. Io difendo la filosofia della riforma che è quella di un giusto contenimento dei costi della politica, ma è indubbio che in questo caso si colpisce una categoria di politici, i deputati regionali, che affrontano campagne elettorali pesanti e impegnative anche sul piano finanziario. Senza dire che, per i più anziani di noi, c'era la prospettiva di un "giro" al Senato. E la riforma abolisce il Senato”, ha detto qualche tempo fa a Repubblica Ruggirello. Il conto è fatto. Mentre nel 2013 i senatori siciliani sono stati 25, con la nuova Costituzione i deputati regionali e sindaci che andavano al senato sarebbero stati in 7. Anche per Nino Oddo, socialista, il taglio delle poltrone avrebbe potuto inficiare sull'impegno dei deputati regionali e sul voto.

Sempre a proposito di referendum, per avere una visione più chiara, delle tendenze di voto, vi proponiamo i dati dell'istituto Demopolis.

Il 67% ha votato No per la volontà di interrompere l'esperienza del governo Renzi, il 33% per lo scarso apprezzamento della Riforma Costituzionale.

Indicativi anche i dati anagrafici. Il 70% degli under 35 ha votato No. Le persone tra i 35 e i 64 anni hanno votato no per il 62%. Il 48% degli over 65 ha scelto di bocciare la riforma costituzionale.

Il Sud Italia è il fronte più caldo del No, con il 69% dei voti contro la riforma contro il 31% del Sì. Al centro ha votato no il 57% degli elettori, mentre al nord ha bocciato la riforma il 56%.

 



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