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16/11/2016 06:15:00

Marsala. Chiesta la condanna a sei anni e mezzo di carcere per Michele Licata

14.00 - Sei anni e mezzo di carcere. E' la pena chiesta nei confronti di Michele Licata da parte del Pm Antonella Trainito. 

Oggi il gup ha accettato la richiesta del rito abbreviato per l'imprenditore marsalese re delle strutture ricettive. E contestualmente il pm ha chiesto immediatamente la condanna a sei anni e mezzo di reclusione per Licata, visto che il rito abbreviato, a differenza del rito ordinario, si svolge sulla base di elementi e prove già acquisite. La richiesta di condanna per la maxi evasione fiscale è alta anche alla luce del mancato saldo degli arretrati. La difesa di Licata, infatti, aveva tentato di ottenere uno sconto di pena del 50% che sarebbe avvenuto se l'amministrazione giudiziaria avesse saldato i debiti con l'erario. Cosa che non è avvenuta in tempo, visto che restano ancora un milione e mezzo da pagare. 

Le figlie dell'imprenditore  invece patteggeranno la pena. 

06,30 -  Dovrebbe essere oggi il giorno decisivo per Michele Licata, il re degli alberghi e delle sale ricevimenti a Marsala e Petrosino. Al potente imprenditore del settore turistico nell’ultimo anno e mezzo sono stati sequestrati beni per un valore di 130 milioni di euro, dai conti correnti alle quote societarie, a tanti immobili e le strutture ricettive, enormi, sparse tra Marsala e Petrosino. Il tutto per truffa ed evasione fiscale. Nei guai ci sono finite anche le figlie del “boss delle cerimonie” de noandri.
Ebbene, davanti al gup di Marsala è cominciato da mesi il procedimento per definire come verrà giudicato Licata e le figlie. L’imprenditore, è emerso, nell’ultima udienza ha chiesto il giudizio abbreviato condizionato, però, alla testimonianza di tre consulenti nominati dalla difesa. Sulle richieste della difesa il gup deciderà oggi.

 
Nell’inchiesta scattata nell’aprile dello scorso anni si sono calcolati in 6 milioni di euro i tributi evasi da Licata e soci per mancati versamenti di Iva e imposte sul reddito. La difesa, nelle ultime udienza, ha ottenuto diversi rinvii tirando fuori una relazione dell’amministratore giudiziario “nella quale – spiega la difesa – si afferma che c’è la concreta possibilità di saldare il debito con lo Stato, che è di poco meno di due milioni di euro”. E infatti, uno dei due amministratori giudiziari dell’enorme patrimonio sequestrato, Antonio Fresina, ha presentato la relazione chiesta dal gup sulle tasse nel frattempo pagate allo Stato. Nella sua relazione, Fresina ha scritto che l’ultima rata è stata pagata lo scorso 15 ottobre. Il conto con lo Stato, però, non è stato ancora saldato. Se ciò avverrà, Licata usufruirà di un ulteriore sconto di pena.
Infatti si gioca proprio su questo la partita. Licata, se l’amministrazione giudiziaria paga tutto il debito con lo stato, ottiene uno sconto del 50% sulla pena. E ancora in base al rito con cui si procederà ci sarà un ulteriore sconto o meno.


Quattro milioni di euro, infatti, erano già stati versati dall’amministratore giudiziario all’Agenzia delle Entrate nell’ottobre 2015. Una somma recuperata all’erario proprio grazie all’indagine di Procura e Guardia di finanza. E si è trattato della cifra più consistente che lo Stato è riuscito a recuperare “cash” in Sicilia, nonché tra le più rilevanti in Italia, a seguito di un’inchiesta per evasione fiscale. Adesso, rimane da pagare circa due milioni. E per una parte di questo denaro, pare, che Michele Licata, imprenditore leader in provincia nel settore ristorazione-alberghiero, sia disposto a mettere le mani in tasca. Non proprio lui, ma l’amministratore giudiziario delle sue società finite sotto sequestro. Un meccanismo che potrebbe sembrare strano, ma che è previsto dalla legge. I debiti di Licata con l’erario vengono pagati dalle aziende finite sotto sequestro e in amministrazione giudiziaria.
Pagate tutte le tasse evase, Michele Licata e le sue due figlie (Clara Maria e Valentina) potranno avere uno sconto di pena del 50%,
indipendentemente dal tipo di rito che verrà applicato. Insomma, per i reati fiscali Licata potrebbe cavarsela con pene non proprio cospicue.
Restano poi i reati di truffa, quelli che scaturiscono dalle fatture false che sono servite non solo per evadere il fisco ma anche per ottenere ingenti finanziamenti da parte dello Stato e della Regione.
Più complicato, invece, è puntare al dissequestro di ristoranti e alberghi. In questo caso, la competenza è della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani. Questo procedimento, arrivato a novembre dello scorso anno, segue quello della procura di Marsala ma è completamente diverso. Infatti si tratta di un provvedimento di sequestro che solitamente viene applicato sui beni di persone sospettate di essere mafiose, in affari con la mafia, e comunque sui cui beni c’è il sospetto che possano essere di frutto di attività illecite. Lo stesso meccanismo è stato applicato per l’impero di Michele Licata. Il Delfino, la Volpara, il Baglio Basile, il Delfino Beach Hotel, e altri immobili e beni, secondo il Tribunale di Trapani sarebbero frutto, tutte o in parte, delle condotte illecite perpetrate negli anni da Michele Licata. Basti pensare alla fatture. Per gli inquirenti negli ultimi anni Licata ha fatto girare fatture per operazioni inesistenti del valore di 25 milioni di euro. Una cifra enorme, che sarebbe servita per evadere il fisco e per ottenere ingenti contributi pubblici.
Nelle scorse settimane Michele Licata ha subito un nuovo sequestro di beni, il terzo in un anno e mezzo: quattro milioni di euro. La Guardia di Finanza coordinata dalla Procura della Repubblica di Marsala ha sequestrato a Licata altri immobili, soldi, conti correnti e investimenti vari per quattro milioni di euro. Una cifra importante, che evidentemente era sfuggito all'altro e più ingente sequestro, quello otto milioni di euro di qualche mese fa. Ancora una volta si tratta di somme che secondo la Procura sono state ottenute illegalmente,perché erano soldi che Licata aveva "rubato" alle sue società negli ultimi anni, in questo modo evitando anche che le stesse pagassero le tasse. Anche perchè Licata, secondo le indagini, era un maestro nelle false fatturazioni. Sono state scoperte fatture per operazioni inesistenti per 25 milioni di euro, e tutto ciò è servito negli anni, a Licata, per appropriarsi di oltre nove milioni di euro. L'ultimo sequestro nasce proprio dalla tassazione che è stata evasa su questi nove milioni di euro, un sequestro che avviene in via diretta e nella forma “per equivalente” su beni e disponibilità finanziarie attualmente nella disponibilità del Licata. E' uno dei primi sequestri in italia che colpisce non i proventi di un reato, ma la tassazione dei proventi da reato, dato che la nuova legislazione impone di sottoporre a tassazione ormai anche i redditi di natura illecita.



Infomedica | 2024-11-09 11:19:00
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