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05/03/2016 06:40:00

Marsala, il caso Michele Licata. Prime condanne per le fatture false

 Un primo campanello d’allarme per i destini giudiziari di Michele Licata. Sono le condanne subite, con rito abbreviato, da sei imprenditori accusati di avere emesso quelle “false fatture” per “operazioni inesistenti” che a Licata hanno consentito di evadere il pagamento di tasse per milioni e milioni di euro. Il reato è contestato in “concorso” con l’ex principale imprenditore locale del settore ristorazione-alberghiero. Le condanne sono state inflitte dal gup Francesco Parrinello, che ha sentenziato un anno e 4 mesi di reclusione per Filippo Giacalone, 40 anni, rappresentante legale della “SiService” (opere di ingegneria civile), Antonino Nizza, di 59, socio amministratore della “Pi.Ca.M.” (trasformazione ferro e acciaio), e Domenico Ferro, di 57, titolare della ditta “Security”. Dieci mesi, invece, sono stati inflitti a Carlo Mineo Buccellato, 38 anni, trapanese, titolare “di fatto” della ditta “Castiglione Maria Rosa” (prodotti alimentari), e ai mazaresi Gaspare Messina, di 58, titolare di “Ambienti Hotel”, e Leonarda Cammareri, di 51, titolare del Centro “Dorelan” (tessuti). Le pene inflitte non sono state più pesanti perché è stato scelto il rito abbreviato. Queste condanne mettono Michele Licata praticamente con le spalle al muro. Anche perché alcuni degli imprenditori “complici” hanno ammesso le loro responsabilità. Adesso, si attende il 5 maggio, quando davanti al gup dovranno comparire Michele Licata e le figlie Clara Maria e Valentina. Lo scorso 28 gennaio, i loro legali (avvocati Carlo Ferracane, Salvatore Pino e Paolo Paladino) hanno chiesto e ottenuto una sospensione di tre mesi per consentire al gruppo imprenditoriale di saldare, tramite l’amministratore giudiziario Antonio Fresina, l’enorme debito accumulato, negli anni, con l’Agenzia delle Entrate a causa di tasse non pagate (Iva). Intanto, grazie all’indagine della sezione di pg della Guardia di finanza della Procura, coordinata dal pm Antonella Trainito (e prima da Nicola Scalabrini), lo Stato ha già recuperato 4 milioni di euro. La somma più consistente in Sicilia e tra le più rilevanti in Italia. Il procedimento approdato all’udienza preliminare è quello relativo all’indagine sfociata nel sequestro (“preventivo e d’urgenza”) di beni mobili e immobili del 21 aprile 2015. A fine novembre scattò, poi, quello disposto, sempre su richiesta della Procura di Marsala, dalla sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani: un sequestro di beni (ristorante-sala ricevimenti “Delfino”, il “Delfino Beach”, “La Volpara” e il “Baglio Basile”), polizze d’investimento e liquidità per complessivi 127 milioni di euro. Secondo l’accusa, tra il 2006 e il 2013, le aziende del gruppo Licata avrebbe evaso imposte per circa otto milioni di euro, mentre i finanziamenti pubblici “illecitamente” ottenuti sono oltre 4 milioni di euro. Le false fatturazioni sono state contestate anche a Giuseppe Sciacca, costruttore, all’Ispe di Giacomo Bongiorno e a Vito Salvatore Fiocca (edilizia e movimento terra).



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